IA, passa la legge. Il ceo di Siemens: "Solo l’8% delle imprese italiane è pronta: così rischiamo di perdere 100 miliardi di valore" - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 17:46

IA, passa la legge. Il ceo di Siemens: "Solo l’8% delle imprese italiane è pronta: così rischiamo di perdere 100 miliardi di valore"

L’Italia vara la prima legge nazionale sull’IA ma oltre il 90% delle aziende italiane ha difficoltà a trovare le competenze necessarie. L'intervista a Floriano Masoero, Presidente e CEO di Siemens Italia

di Rosa Nasti

IA, approvata la legge italiana. Masoero (Siemens): "Solo l’8% delle imprese è pronto: in gioco 100 miliardi di valore entro il 2030"

L’Italia segna un primato in Europa: con il voto definitivo del Senato nasce la prima legge nazionale sull’Intelligenza Artificiale. Un quadro normativo che non solo si affianca al recente AI Act europeo, ma ne rafforza la portata, tracciando regole precise per lo sviluppo e l’uso dei sistemi di IA nel pieno rispetto della Costituzione e dei diritti fondamentali.

Innovazione, sicurezza e trasparenza diventano così le colonne portanti di una governance "a misura d’uomo", pensata per accompagnare imprese e cittadini nella sfida del futuro digitale. Per capire punti di forza e possibili criticità della norma, Affaritaliani.it ha intervistato Floriano Masoero, Presidente e CEO di Siemens Italia.

L’Italia è il primo Paese europeo con un quadro nazionale allineato all’AI Act: possiamo considerarlo un vantaggio competitivo o c’è il rischio che regole troppo rigide rallentino l’innovazione?

Sicuramente l'attenzione del Governo e del Parlamento italiano al tema dell'intelligenza artificiale è da valutare positivamente. I decreti attuativi del Disegno di legge andranno realizzati e valutati con la giusta attenzione per evitare il rischio, che già abbiamo segnalato a livello europeo in relazione all'AI Act, di una sovrapposizione di normative, sia a livello comunitario sia nazionale, talvolta contradditorie tra loro, con il potenziale risultato di rallentare l'innovazione, come ha segnalato anche Draghi giusto poche ore fa.

Auspichiamo tuttavia una maggiore attenzione ai contesti applicativi — siano essi B2C o B2B — e alle specificità dei singoli settori verticali. Non è infatti realistico applicare criteri di valutazione uniformi, rischiando di introdurre un impianto normativo eccessivamente rigido e poco aderente alla realtà operativa delle diverse industrie.

La centralità della persona e il controllo umano sono i pilastri della legge: ma quanto sarà realistico mantenere davvero il "primato umano" sulle decisioni?

È fondamentale riconoscere che l’Intelligenza Artificiale destinata al consumo (AI Consumer) e quella applicata in ambito industriale (AI Industriale) presentano caratteristiche distintive e trovano impiego in contesti con esigenze profondamente diverse. Questo comporta anche una maggiore attenzione alla robustezza dei sistemi, in particolare rispetto alla gestione dei dati sensibili su cui si basano le soluzioni di AI.

Le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale in ambito industriale non mirano a sostituire l’uomo, bensì a potenziarne il lavoro, liberandolo da attività ripetitive e a basso valore aggiunto. Un esempio emblematico è Industrial Copilot, concepito come un assistente instancabile al fianco di ingegneri e progettisti, capace di semplificare i processi e accelerare la produttività, senza mai perdere di vista il ruolo centrale dell’intelligenza umana.

Quali ricadute economiche concrete si attendono dall’attuazione della legge, in particolare per l’industria? E in che modo il miliardo destinato a startup e PMI sarà gestito per creare valore reale e non disperdersi?

L'Italia ha un'opportunità di creare un valore stimato di quasi 100 miliardi di euro entro il 2030 grazie all'AI. In Italia, stiamo perdendo un treno già partito: solo l'8,2% delle aziende italiane del comparto industria ha avviato progetti di intelligenza artificiale, rispetto al 27% in Danimarca e al 20% in Germania (nazione simile all’Italia). La media europea di aziende che hanno avviato progetti di AI è del 13,5%. Stiamo lanciando meno progetti rispetto agli altri Paesi. 

Il tasso di adozione è passato dal 5% (2024) all’8,2% (2025), incremento trainato da un maggiore impiego nelle attività manifatturiere (dati ISTAT riportati da report Confindustria). Anche nel settore delle infrastrutture, il tasso di adozione sta lentamente ma costantemente crescendo. 

Per accelerare l'adozione dell'IA, è necessario: capire che l'AI evolve rapidamente e ciò che sembrava inutile sei mesi fa potrebbe essere utile oggi.  Riconoscere che l'AI consumer è diversa dall'AI industriale, che richiede affidabilità senza compromessi. Utilizzare tecnologie avanzate integrandoli con competenze personalizzate verticali, specifiche di settore.  Informare le aziende industriali italiane sull'importanza del continuo avanzamento tecnologico. Creare programmi di formazione per diffondere le competenze necessarie. Sviluppare casi di utilizzo rilevanti

Al momento solo alcune imprese manifatturiere italiane hanno avviato progetti concreti di intelligenza artificiale: quali sono i principali ostacoli all’adozione rapida?

Un recente studio afferma che il 47% delle aziende italiane che ha avviato progetti di AI ha riscontrato benefici, con un aumento della produttività del 5%. Ma quindi perché non c’è questa massiccia adozione? Oltre il 90% delle aziende italiane ha difficoltà a trovare le competenze necessarie per l'AI. Più del 40% delle aziende italiane ritiene che l'AI non sia affidabile e, molte aziende italiane avviano progetti di AI come progetti a sé stanti, ripartendo da zero ogni volta. Ne deriva che l'Italia non coglie un‘opportunità di crescita che va dai 100 e gli 80 miliardi di euro di valore potenziale nell'industria dell'AI entro il 2030. 

L’impianto è coerente con l’AI Act europeo: in quali aspetti l’Italia ha scelto di andare oltre o di rafforzare la cornice europea?

Tra le opportunità di una regolamentazione comunitaria c'è la possibilità di avere standard armonizzati per tutti i 27 Stati membri invece di un "mosaico" nazionale. Il processo di negoziazione del DDL IA a livello parlamentare in Italia è stato molto composito e dibattuto, e bisognerà quindi evitare di creare ulteriori vincoli normativi che possano rallentare l'innovazione anziché accelerarla.

Guardando ai prossimi 3-5 anni, quali risultati tangibili ci si aspetta per cittadini, industria e pubblica amministrazione da questo nuovo quadro normativo?

Il tessuto imprenditoriale italiano è composto in gran parte da PMI: riteniamo che l’AI possa essere un’opportunità reale di competitività per le PMI soprattutto perché è democratica.

Un approccio troppo rigido e rischia di soffocare la competitività delle aziende europee, in particolare quella delle piccole e medie imprese, che non dispongono delle risorse necessarie per navigare un labirinto di obblighi di conformità e documentazione.

Statement HQ

Il Data Act dell’UE, nella sua forma attuale, è un errore e dovrebbe essere ritirato. Porta all’immissione sul mercato europeo di dispositivi meno ricchi di dati, indebolendo la competitività della Germania e dell’Europa nello sviluppo di innovazioni. Ad esempio, perché saranno disponibili meno dati per l’addestramento dei modelli di AI industriale. Pertanto, al minimo, le applicazioni business-to-business dovrebbero essere esentate dagli obblighi di condivisione dei dati previsti dalla normativa.

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