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Economia
Intesa, Unicredit e Banco Bpm da record: verso M&A, Mps e terzo polo bancario

Sarà per il ritorno dei dividendi, che porteranno nelle tasche degli azionisti oltre 6 miliardi di euro “congelati” dal Covid. Sarà per una rinnovata vivacità dopo l’arrivo di Andrea Orcel. Sarà per una ripresa migliore del previsto, fatto sta che il mondo bancario è in fermento.

I tre principali istituti di credito (rigorosamente in ordine di capitalizzazione Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banco Bpm) hanno chiuso la giornata con il segno positivo. Ma soprattutto, passata la grande paura del Coronavirus, hanno realizzato in un anno performance stellari: +58,1% per l’istituto guidato da Carlo Messina – che distribuirà quasi 4 miliardi di dividendi ai suoi azionisti nelle prossime settimane -; +69% per Unicredit, che ha pure beneficiato dell’effetto-Orcel; addirittura +82,3% per Banco Bpm.

Ora la domanda che tutti si fanno è: che cosa succederà? I fronti aperti sono moltissimi, primo fra tutti quello del M&A. Secondo Equita, ad esempio, se la fusione tra Unicredit e Mps dovesse naufragare, si creerebbe un danno nell’immediato per Piazza Gae Aulenti, ma al contempo si determinerebbero le condizioni per un potenziale “assalto” a Banco Bpm che permetterebbe a Orcel di fare il salto di qualità definitivo dal punto di vista dimensionale.

A quel punto, come voci insistenti stanno continuando a riportare, Intesa Sanpaolo potrebbe anche decidere di aprire qualche dossier per aumentare la propria presenza all’estero. Oggi, infatti, l’istituto guidato da Carlo Messina è soprattutto una banca a trazione italiana, anche se le partecipazioni fuori dai nostri confini sono diverse. Ha infatti il controllo di Bank of Alexandria, terza banca egiziana per dimensioni di cui Intesa detiene il 70% del capitale. È presente soprattutto nei Paesi dell’ex blocco sovietico sia con il proprio marchio, sia tramite acquisizione di specifici istituti di credito. È forse giunta l’ora di ampliare la propria presenza? Si vedrà. Per quanto riguarda le azioni, le attese degli analisti sono per una trimestrale robusta, tant’è che il volume degli scambi ha iniziato a crescere nei giorni scorsi fino a quasi 100 milioni contro la media di 84 milioni del mese precedente.

Sul lato Unicredit molto è già stato detto: il 28 ottobre, giorno della presentazione del piano trimestrale, è la data fissata come primo test per la fusione con Mps. Difficilmente si riuscirà a ottenere per allora una risposta definitiva, ma nel caso di un ulteriore rinvio si avrebbe un altro indizio che la situazione si è arenata. A quel punto potrebbe definitivamente riaccendersi la partita sul Banco. Equita ha fissato per Unicredit un target price a 13,2 euro per azione (oggi siamo a 11,6) e prevede per il terzo trimestre un utile netto di circa 900 milioni, con una previsione sull’anno di circa 3,3 miliardi.

Infine, Banco Bpm. Che è cresciuta moltissimo nell’ultimo anno prima per la convinzione che sarebbe stato la pietra angolare del terzo polo bancario. Poi, dopo le reticenze dei vari attori, perché si è tramutata nel boccone pregiato su cui Orcel potrebbe lanciare i propri appetiti. Una fusione, tra l’altro, che porterebbe un Rote (il Return on tangible equity, è il rendimento del patrimonio netto tangibile) che secondo Citi sarebbe del 7% nel 2023. Secondo Jeffries, tra l’altro, il target price della banca guidata da Giuseppe Castagna potrebbe essere di 3,5 euro per azione, mentre oggi l'istituto ha chiuso a 2,9 euro. La “banking season” è alle porte, ma c’è da attendersi fuochi artificiali.  

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