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Economia
Investimenti e politica industriale: così si guarisce dal mal di debito

Mentre a Bruxelles si rischia l’apertura di una procedura di infrazione per il nostro Paese e i dati dell’Istat disegnano un Paese in crisi anche per i secondo trimestre consecutivo, oltre il dibattito politico e i tweet occorre agire. L’unico modo credibile per uscire dalla morsa del debito pubblico che conduce alla morte il Paese e assorbe tutte le risorse disponibili non è legato ad operazioni di ingegneria finanziaria pura – ovvero attraverso tagli ai servizi al cittadino o a quella più generalmente definita “ spesa pubblica”, ma è esclusivamente legato alla crescita del Paese in termini economici.

Va recuperato e stimolato il ruolo dello “Stato Innovatore” attraverso un rilancio degli investimenti in infrastrutture materiali ed immateriali con il concorso di operatori pubblici e privati. La ricchezza netta delle famiglie italiane al 2017 è stata pari a 9.743 miliardi di euro, 8.4 il reddito disponibile. L’indebitamento delle imprese italiane – e l’Italia è il secondo Paese manufatturiero in Europa, con competitività a livello di esportazioni - è comunque basso e questi sono comunque elementi positivi da cui partire.

Secondo il Professori Umberto Triulzi e Gianfranco Leonetti, (che stanno presentando alla Link Campus Unversity di Roma nel corso di una tavola rotonda moderata dal collega Giorgio Santilli del Sole 24 Ore) occorre uno strumento di carattere finanziario legato alla economia reale che possa condurre alla diminunzione del debito pubblico, le risorse a cui attingere sono all’interno del Paese e debbono provenire da una valorizzazione del patrimonio pubblico attraverso una società di Partecipazione Finanziaria e di investimento in cui debbono essere coinvolte le principali istituzioni finanziarie del Paese da incardinarsi presso la Cdp.

Al di la di ogni e qualunque azione di carattere politico non si può prescindere dalla necessità di dotare il Paese di una linea di Politica Industriale, che è venuta a mancare ormai molto tempo fa e che in assenza della quale è impossibile progettare nuovi posti di lavoro, innovazione, sviluppo economico, benessere, crescita che comunque – dobbiamo considerare – è sempre per l’uomo, per quello che Roberto Ruffilli chiamava il “ cittadino arbitro”.

Strettamente legata alla elaborazione di linee guida di politica industriale – invero – vi è appunto la necessaria elaborazione di quel “piano di medio termine credibile ” per la riduzione del debito pubblico (poiché è impensabile una riduzione immediata) invocato e suggerito dal Presidente della Bce Mario Draghi qualche giorno fa e la cui credibilità dipenderà dal “come sarà progettato” e dalle “azioni” che conterrà.

La soluzione presentata stamane a Roma è in assoluta controtendenza rispetto a quanto fin qui elaborato e seguito ma la questione del debito pubblico – oggi divenuta di grande attualità nel dibattito pubblico, purtroppo limitato e ridotto a tweet o semplificato oltremodo – non è una questione nuova: il debito pubblico è un problema che non si risolve da solo oppure si risolve perché lo si ignora.

Quello che veramente contribuisce alla diminuzione del debito pubblico è l’aumento della crescita economica potenziale , del Pil del Paese, aiutato non solo dalle consuete “ riforme strutturali” ( mercato del lavoro, riduzione della burocrazia, minore tassazione del lavoro e dei redditi, maggiore concorrenza sui mercati ecc) ma da un forte investimento sulla conoscenza, sull’Università, sul sistema della ricerca destinata all’Industria e da un rinnovato rapporto etico fra finanza ed economia reale. In caso contrario – è bene dirlo chiaramente – dalla morsa del debito non si uscirà mai.

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