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Economia
Jerusalmi, Borsa Italiana: “La Borsa può consentire la crescita, ma mancano investitori istituzionali”

Raffaele Jerusalmi sul ruolo di Borsa Italiana nella crescita delle imprese.

“La Borsa è un motore per la crescita delle imprese”, ha dichiarato Raffaele Jerusalmi, Amministratore Delegato di Borsa Italiana. L’occasione è stata data dalla presentazione del libro La grande tentazione di Stefano Caselli nell’ambito di Bookcity.

“Una Borsa efficiente – ha puntualizzato Raffaele Jerusalmi - che colleghi tutte le aziende del tessuto economico del Paese alla rete di investitori internazionali, è quello che serve alle imprese per poter raccogliere capitali anche in momenti di tensione di mercato, così come è stato negli ultimi anni. Stiamo attraversando molte crisi, anche significative. In nessuno di questi momenti il mercato non ha dato il suo contributo laddove fosse richiesto di farlo. Questo è un segnale importante.

Ma come si fa a conciliare un’economia di mercato con l’impedimento di un eccesso di moral hazard? È ovvio che, negli ultimi 20 anni, i comportamenti del settore finanziario non sempre sono stati all’altezza della situazione. Questo va riconosciuto perché ci sono responsabilità anche all’interno del settore finanziario, ma bisogna anche ricordare che non ci sono delle alternative migliori. È sempre più importante collegare la finanza all’economia reale. Questa è la sfida che ci aspetta in futuro, ed è in parte anche la sfida della Capital Market Union, che dovrà definire un quadro di inserimento per consentire a tutte le aziende che operano nell’area europea di poter godere di tutti i vantaggi che un mercato efficiente e armonizzato potrebbe consentire loro di accedere ai capitali di cui hanno bisogno per la loro crescita e la loro internazionalizzazione.

Questa è stata un po’ la storia dell’Italia. Oggi, forse, in Italia, manca più di qualunque altra cosa il lato investitore istituzionale che investa in maniera preponderante sulle aziende del proprio territorio. L’anomalia più grande del mercato italiano è, al di là della minor presenza di società quotate in Borsa rispetto ad altri Paesi, la mancanza di investitori istituzionali che investano (come avviene nei Paesi più evoluti) dal 30% al 60% delle loro disponibilità, degli asset che hanno in gestione in aziende che operano sui loro territori nazionali. L’Italia ha una percentuale di investitori istituzionali inferiore al 3%. Questa anomalia riguarda una cultura azionaria debole ed è legata alla struttura dello stesso mercato degli investitori istituzionali. Mi riferisco, in particolare, alla categoria dei fondi pensione, che potrebbero avere la possibilità di garantire, con i loro asset, un afflusso di capitale più permanente e di lungo termine, mettendo al riparo le aziende da eccessi di volatilità (così come avvenuto in passato) in un mercato italiano dove il 95% dei soldi che arrivano alle aziende da fonti istituzionali, sono di fonte estera e quindi subiscono le oscillazioni legate all’emozione di certi momenti in cui viene percepita una situazione di crisi. Questo è l’asse mancante del quadro. Sul lato cultura di impresa, le cose stanno migliorando grazie all’arrivo di generazioni più recenti consapevoli che in un mercato molto competitivo e globale, se non si cresce, difficilmente si sopravvive.

Il mercato e la Borsa sono elementi fondamentali da poter utilizzare per continuare le proprie ambizioni e portare aventi la crescita.

È fondamentale pensare alle prospettive dell’Europa, di quello che potremmo giocare noi come ruolo in un mercato sempre più integrato a livello europeo”, ha concluso Jerusalmi.

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