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Economia
Mediobanca, le regole Bce sulle sofferenze? Un'opportunità. Nagel in cattedra

Nonostante la ripresa in atto, per molti banchieri italiani le preoccupazioni relative alla gestione dei crediti deteriorati sembrano aumentare anziché diminuire. Colpa, si è detto da più parti, delle nuove regole che la Bce intende far entrare in vigore dal primo gennaio e che imporranno di azzerare il valore di crediti deteriorati in bilancio a ritmi accelerati (7 anni dalla classificazione a Npe se garantito, 2 soli anni se non garantito) .

Norme che varranno solo per i nuovi flussi, non per gli stock in essere (nonostante la notevole confusione che inizialmente si è fatta sull’argomento), ma che per banchieri del calibro di Carlo Messina, numero uno di Intesa Sanpaolo, per quanto ispirate a un obiettivo “assolutamente corretto”, la riduzione del peso degli Npl rispetto al totale degli impieghi, rischiano di stridere coi principi contabili internazionali e di risultare “una forzatura” rispetto ai livelli di copertura e ai tempi di gestione degli Npl stessi adottati dalle principali banche italiane.

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Per questo secondo Messina (ma non solo lui) alle banche italiane servono “persone a Francoforte e Bruxelles che oltre a difendere gli interessi dell’Europa difendano anche quelli dell’Italia”, professionalità come quella di Fabio Panetta (membro del board del meccanismo di vigilanza unico della Bce) “che consentano di rafforzare il peso del nostro paese nelle istituzioni dove vengono definite le regole in termini di sofferenze e di titoli di stato, perché questa sarà la priorità che ci troveremo ad affrontare come sistema paese nel corso del prossimo anno”.

La tensione che non giova certo ai titoli delle banche italiane, che in Borsa da inizio ottobre hanno perso terreno, favorendo così chi ha scommesso contro di esse come Ray Dalio, numero uno di Bridgewaters Associats che ha aperto nelle scorse settimane una scommessa al ribasso del valore di oltre 700 milioni di dollari sui titoli di Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Bpm, Ubi Banca, Bper Banca e Generali (a fronte di un totale di 1,4 miliardi di posizioni ribassiste aperte su titoli italiani).

Voce fuori dal coro, Alberto Nagel: nel presentare la trimestrale al mercato di Mediobanca, il numero uno di Piazzetta Cuccia ha sottolineato nella conference call come “le recenti misure poste in discussione da parte della Bce rappresentano più un’opportunità per il nostro gruppo che una minaccia”. Ma perché Nagel “bacchetta” i colleghi (così è risuonata l'uscita nel clima di lamento generale)? Perché la controllata Compass Banca, specializzata nel credito al consumo, “ha applicato da sempre la politica chiesta della Bce, anzi più restrittiva”, con un grado di copertura delle attività deteriorate a fine settembre pari al 55%, ovvero al 71% per le sole sofferenze, e uno stock in calo (928 milioni di attività deteriorate, -5% annuo, di cui 157 milioni classificate come sofferenze, -13% annuo).

Numeri grazie ai quali Nagel può e vuole provare a fare business, proponendo la propria ricetta ad altri istituti. In Compass Banca, ha spiegato il manager, dopo che una partita diventa scaduta o deteriorata viene svalutata del 95% entro un anno e venduta entro 18 mesi. “Il bilancio di Mediobanca è così pulito (gli Npl pesano il 5% degli impieghi totali al lordo, ovvero il 2% al netto, ndr) proprio perché Compass ha una politica di svalutazione in tempi molto stretti e di cessione fuori dal bilancio della capogruppo”, ha concluso il manager, augurandosi che, se le misure passeranno, “Compass Banca potrà diventare partner per molte realtà”.

A chi stia pensando Nagel non lo ha rivelato, ma fonti hanno già rivelato come Compass sia stata ammessa (assieme a Banco Santander, Agos Ducato, BlackStone, Varde Partners, Crc e Chenavari Investment Managers) alla fase di due diligence per valutare le attività di Creditis servizi finanziari, ossia la piattaforma di credito al consumo di Banca Carige, per le quali le offerte vincolanti dovrebbero essere presentate entro metà novembre.

Nel frattempo Compass ha anche messo a segno il rinnovo della partnership pluriennale con Mps (che ha già ceduto un anno fa la propria piattaforma di gestione di Npl, Juliet, al gruppo Cerved per 105 milioni) per la distribuzione dei finanziamenti di Compass nelle oltre 1.800 filiali del gruppo bancario senese. In questo caso la partnership è stata allargata, oltre che ai prestiti, anche alla cessione del quinto.

Per il prossimo futuro, più che puntare sui numerosi pacchetti di Npl che dovrebbero giungere sul mercato tra fine anno e inizio 2018 (almeno 1-1,5 miliardi di Npl di Unicredit e 1,35 miliardi di Intesa Sanpaolo), Nagel potrebbe poi offrire la propria expertise per risolvere il nodo della gestione delle Npe delle ex popolari venete (quasi 18 miliardi di crediti deteriorati lordi) girati alla Sga guidata da Marina Natale, ex Cfo di Unicredit, dimessasi lo scorso luglio dal cda di Mediobanca, subito dopo la nomina ai vertici della “bad bank” controllata dal Tesoro al 100%. Quello delle Npe delle ex popolari venete è tuttavia un dossier a cui guardano con interesse anche Intesa Sanpaolo e Banca Ifis: chissà se Nagel riuscirà a ritagliare un ruolo per Compass o dovrà limitarsi a fare da spettatore e rivolgere le proprie attenzioni ad altre operazioni.

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