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Economia
Generali, modello Luxottica per Trieste. Con Del Vecchio il Leone su Axa

Con una quota vicino al 10% del capitale, Leonardo Del Vecchio è il primo azionista di Mediobanca e stacca di oltre due punti percentuali il secondo socio, il francese Vincent Bollorè che invece in Piazzetta Cuccia, orfana di UniCredit, ha deciso di disinvestire. Una voce, quella di Mr Luxottica, che ora Alberto Nagel non potrà non tenere in considerazione nelle strategie future della merchant bank. Una voce fondamentale, ma neanche determinante però. Anche se, come pare, l’imprenditore di Agordo salirà al 20%.

Già, perché ora con il collocamento accelerato iperfrazionato a blocchi (pacchetto di oltre il 2% acquistato da Del Vecchio a parte) dell’8,81% in mano a UniCredit a investitori diffusi, Mediobanca procede veloce verso il modello public company. Un modello in cui conti alla mano, togliendo il 12,13% del patto di consultazione in mano a Doris&C, il 6,73% di Bollorè e il quasi 10% di Mr Luxottica, il mercato, fra cui anche il big BlackRock (al 4,98%) e gli altri fondi d’investimento, detiene oltre il 70% del capitale. E in Piazzetta Cuccia, quindi, regna quasi sovrano. 



Del vecchio caltagirone ape
 

Sull'esempio di Mustier in UniCredit, di fatto Alberto Nagel si è costruito una compagine azionaria che non prevede una banca come socio ingombrate, come invece era prima e in cui Del Vecchio dovrà sgomitare parecchio con i fondi per imprimere strategie nuove. 

In occasione dei sondaggi promossi dal proxy advisor Georgeson a cui si è affidato in vista dell’ultima assemblea di Mediobanca, l’imprenditore di Agordo ha potuto accorgersi concretamente del grande consenso di cui Nagel gode nel mondo dei fondi. Anche perché dal 2013 il banchiere, come hanno recentemente ricordato gli analisti di Citigroup, ha azionato la leva della diversificazione garatendo ai propri azionisti un ritorno complessivo (total shareholder return) del 160% circa. Tra i cinque migliori ottenuti da banche europee. Risultati brillanti dunque alla base di un consenso non facilmente evaporabile. E Del Vecchio lo sa bene.

mediobanca
 

Ecco che, più che cambiare i connotati di Mediobanca, forse il suo obiettivo è quello di avere influenza sulle Generali, dove Mr Luxottica tra l’atro è il terzo azionista con il 4,86% e dove viaggia a braccetto con il secondo socio (al 5%) Francesco Gaetano Caltagirone. Quindi, il rebus alla fine è Generali. Mentre Mediobanca ha cambiato pelle, sottraendosi alla dipendenza troppo stretta dalla compagnia del Leone, (oggi il suo peso relativo sui business di Mediobanca si è dimezzato rispetto a 10 anni fa), e orientandosi verso la gallina dalle uova d’oro del credito al consumo (leggi Compass) e della banca retail (vedi Che Banca), per la compagnia triestina le cose paiono essere immutate.

generali
 

Certo, la gestione Donnet arrivato sulla tolda di comando del Leone a metà del 2016 ha dato un bel brio a Generali. Gli utili sono cresciuti negli ultimi anni a doppia cifra: solo nei primi nove mesi del 2019 la compagnia ha realizzato profitti netti per 2,16 miliardi, con i premi lordi saliti nei 12 mesi del 3,2%, e con la raccolta netta nel Vita cresciuta del 24,5%. Il risultato operativo è ormai vicino ai 4 miliardi, con un balzo del 9% nell’ultimo anno.

Solo 4 anni fa, i profitti erano fermi a quota 2 miliardi. Nel 2018 sono saliti a 2,3 miliardi e il 2019, visti i dati confortanti dei primi 9 mesi dell’anno, Donnet si appresta a realizzare un nuovo picco dei profitti. Il patrimonio si è rafforzato, il debito è sceso e i coefficienti patrimoniali vedi Solvency sono ampiamente sopra il 200%. E di fatto la scossa ha messo le ali al titolo salito da 10 euro del 2016 agli oltre 19 euro di oggi. Un quasi raddoppio delle quotazioni, dovuto sia ai miglioramenti economici che al carattere difensivo del titolo che nelle fasi di salita dello spread degli anni scorsi ha visto gli azionisti preferire Generali ai titoli bancari, penalizzati dal rialzo del differenziale Btp-Bund.

axa ape
 

Poi oggi la speculazione sui destini futuri della compagnia con l’attacco di Del Vecchio a Mediobanca e l’uscita da Piazzetta Cuccia di UniCredit hanno fatto il resto. Fin qui tutto bene, ma il gigante triestino resta un nano rispetto ai suoi diretti concorrenti in Europa. È una questione di masse e dimensioni. Generali con i suoi 30 miliardi di capitalizzazione sfigura rispetto ad Axa che ha valore di Borsa doppio; per non parlare di Allianz, campione massimo in Europa con i suoi 103 miliardi di valore di mercato. La stessa Zurich, dell’ex Mario Greco, vale oggi 56 miliardi in Borsa.

Insomma, tra i colossi dell’insurance, Generali nonostante il balzo del 90% in Borsa degli ultimi 3 anni resta il vaso di coccio tra i vasi di ferro. Secondo i dati di Capital Iq, nonostante il rialzo dei profitti, oggi Generali fa utili sui ricavi complessivi per il 3,5%. La metà della profittabilità di Allianz e della stessa più piccola Zurich. Più piccola come dimensioni e anche meno profittevole in termini relativi. Meno esposta sull’azionario rispetto alle compagnie del Nord Europa e troppo europea come concentrazione del business.

allianz
 

Di fatto, il Leone è stato fermo negli ultimi decenni quanto a voglia di crescere. Donnet ha ridato spinta ed efficienza, ma resta il tema delle dimensioni e di una certa pigrizia della compagnia a misurarsi con operazioni di M&A in grande stile. L’unica compagnia che può suscitare l’interesse del gruppo triestino e avere un senso industrial-finanziario è Axa. I francesi sono in fase declinante. Pur grandi il doppio di Generali, sono meno redditizi. E la caduta della profittabilità è ormai strutturale.

Oggi Axa fa utili sui ricavi per solo l’1,3%, meno della metà di Generali. Pochi anni fa superava il 4%. Un cambio di passo favorevole al Leone che potrebbe approfittare della debolezza francese per muovere al grande attacco. In fondo, sotto sotto è quello che spera o auspica il fondatore di Luxottica, quel Del Vecchio che fin dagli albori ha fatto crescere la sua azienda a colpi di acquisizioni all’estero. Rendendo Luxottica quel gigante globale che è divenuta. Un modello che Del Vecchio vorrebbe replicare in chiave assicurativa. Anche se la finanza, come ricordò piccato l’ex Ceo Giovanni Perissinotto al tempo della sua defenestrazione dalle Generali e criticato dall'imprenditore veneto, ha logiche e metriche assai diversa dall’industria degli occhiali. A credere in una Generali più dinamica sono i vecchi cassettisti del Leone. Quelli che hanno in portafoglio il titolo a valori vicini ai 40 euro e che da lunghi anni aspettano la riscossa.

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