Economia
"Nascite in calo? Il welfare non basta: redditi fermi da vent’anni. Solo l’immigrazione può colmare il vuoto di forza lavoro"
Italia che invecchia, lavoratori che calano: pensioni e sanità a rischio collasso. L'intervista ad Antonio Tognoli, responsabile Macro Analisi e Comunicazione di CFO SIM

Istat, calo delle nascite. Parla Tognoli: "Redditi stagnanti e bonus non salvano la natalità: servono politiche strutturali e sostegno reale alle famiglie"
In Italia si fanno sempre meno figli. Nel 2024 sono nati solo 369.944, quasi 10mila in meno rispetto all’anno precedente, e il 2025 segna già un ulteriore calo del 6,3%. Mentre la natalità crolla, l’età pensionabile continua a salire: nel 2050 si andrà in pensione a quasi 69 anni, nel 2067 a 70.
Insomma gli over 55 restano al lavoro più a lungo, ma i giovani diminuiscono. Meno lavoratori, meno consumi, meno crescita: l’economia rischia di rallentare e il sistema di welfare di non reggere. Ma quanto ancora può durare questo trend? Affaritaliani.it ne ha parlato con Antonio Tognoli, responsabile Macro Analisi e Comunicazione di CFO SIM.
"Speriamo che da qui al 2050 la rotta possa invertirsi. Ma come si fa, concretamente, a cambiare direzione? Intanto bisogna guardare al passato", spiega Tognoli. "Negli ultimi vent’anni, il reddito reale disponibile delle famiglie italiane non è praticamente aumentato, se non addirittura diminuito, a differenza di quanto è accaduto negli altri Paesi europei.
È chiaro che le famiglie reagiscono facendo meno figli: i figli costano, e il welfare non basta. Asili e servizi ci sono, ma non sono sufficienti e spesso sono costosi. Non siamo in Svezia o in Norvegia, dove tutto è gratuito – persino i libri fino alle medie. In Italia, invece, si paga tutto. È naturale che, con le spese in aumento e le entrate ferme, molte famiglie rinuncino ad avere figli", aggiunge.
Quindi la chiave è economica, ma anche sociale. Ma da dove ripartire per sostenere le famiglie? Secondo Tognoli "serve un incremento del reddito reale disponibile. Ma non si ottiene in un anno. Se è rimasto fermo per vent’anni, ci vorranno almeno dieci anni per farlo crescere davvero", aggiunge.
"La seconda cosa è il welfare. Ma non basta dare sussidi da mille o cinquecento euro alle madri che fanno figli. Finito quel bonus, non si risolve nulla. Bisogna piuttosto sostenere le madri lavoratrici, creare asili aziendali, rendere quasi gratuite le scuole dell’obbligo, dagli asili in su. Solo così si aiutano davvero le famiglie e si favorisce la natalità".
Servono quindi politiche strutturali e di lungo periodo. "Non basta schioccare le dita", dice l'esperto, "speriamo che da qui al 2050 qualche governo ci metta davvero mano. E questo non significa per forza aumentare il debito pubblico, ma pensare a come renderlo sostenibile nel futuro. Perché se non c’è gente che lavora — e qui torniamo al punto di partenza — nessuno potrà pagare pensioni o tasse.
Certo, bisogna anche intervenire sull’evasione fiscale, ma servono politiche di ampio respiro. Questa è la differenza tra un politico e uno statista: il politico pensa al proprio domani, lo statista pensa al domani delle future generazioni".
E se la rotta non dovesse cambiare? "Siamo già in un inverno demografico pesante in tutta Europa, e ancora di più in Italia", afferma l'esperto. "Le cause sono chiare: redditi fermi, welfare debole, costi elevati. Come evitarlo? Una parte della risposta è l’immigrazione. Non ci sono molte alternative. Lo si è visto negli Stati Uniti quando Biden regolava ma teneva le porte aperte, l’economia cresceva, la disoccupazione era bassa e il costo del lavoro stabile.
Quando invece si sono strette le maglie, la disoccupazione è salita e i salari hanno iniziato a correre. In Italia la situazione è più grave. Si fanno meno figli e i posti di lavoro rischiano di restare scoperti. Se non ci sono persone che li occupano, bisogna necessariamente aumentare l’immigrazione, ovviamente in modo regolato".
Ma quali settori pagheranno le conseguenze più gravi di questa riduzione della forza lavoro e della domanda interna? Su questo punto Tognoli è netto: "Sicuramente quelli manifatturieri. Anche nei comparti più automatizzati serve comunque personale specializzato. Lo stesso vale per l’intelligenza artificiale: potrà svolgere compiti ripetitivi, ma la decisione finale resterà sempre umana.
Einstein diceva che l’intelligenza artificiale diventerà davvero pericolosa solo quando inizierà a fare domande, non solo a dare risposte. E siamo ancora molto lontani da quel punto". E conclude: "L’uomo serve ancora, anche nell’era delle macchine".