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Ultimo aggiornamento: 12:37

GAMBERO ROSSO: quel caffè “macchiato”

Ombre, conflitti e reticenze sulla Guida dei Caffè d’Italia 2026

di Redazione Corporate

GAMBERO ROSSO: trasparenza e conflitti di interesse sotto accusa nella guida caffè 2026

Una guida di settore non è una semplice lista di nomi, è questo al GAMBERO ROSSO dovrebbero saperlo da sempre: una guida è uno strumento che orienta il mercato, condiziona i consumatori, legittima modelli produttivi e, nel tempo, riscrive la storia di un comparto. Per questo la sua credibilità non sta nei premi assegnati, ma nel rigore del metodo con cui premi e recensioni vengono decisi e proposti a chi legge. È su questo terreno, non su voti, classifiche e presenze, che bisognerebbe avere la capacità (e forse la liberta!) di confrontarsi: un terreno, scivolosissimo, su cui si è aperta (grazie al coraggio di un torrefattore italiano “non allineato”) una questione tutt’altro che marginale proprio attorno alla Guida Caffè e Torrefazioni d’Italia 2026 del GAMBERO ROSSO uscita giorni fa.

Ciò che si legge nell’esposizione di questo “maestro del caffè” (inviata alla stampa ed anche al GAMBERO ROSSO) è che, di fatto, nel luglio 2025 una torrefazione artigianale italiana, con storia internazionale alle spalle, riceve una richiesta di campionature per la nuova edizione della guida. Come molte realtà non industriali, da subito la piccola torrefazione segnala una criticità concreta: preparare campioni per una guida nazionale comporta tempi, costi e risorse non paragonabili a quelli di grandi gruppi strutturati. Nonostante ciò, i campioni vengono inviati e accompagnati da una comunicazione formale. Dentro c’è un’obiezione tecnica sulla scheda di degustazione adottata, più aderente a logiche industriali che a quelle artigianali: insomma, non puoi approcciarti ad un prodotto di larga scala allo stesso modo con cui ti relazioni ad un prodotto di nicchia. E questo sta nell’evidenza.

Ma per il GAMBERO ROSSO non è così. Quello stesso GAMBERO ROSSO, finito sotto i riflettori della trasmissione Report per “opinabili” sistemi di premialità (e giri di partecipazioni a convention ed eventi in lungo e in largo per il mondo) che francamente non hanno convito i più.  Ma, tornando alla vicenda caffè, dall’arrivo di quella richiesta di chiarimenti, la guida (diretta da Lorenzo Ruggeri, un “direttore fatto in casa”, come qualcuno lo chiama in via Gasparri,  anche perché non risultano nel suo curriculum esperienze “rilevanti” altrove) nicchia a dir poco. Abituato a collezionare figure non sempre lodevoli (vedi la rinuncia al premio GAMBERO ROSSO di Stefano Dassie, gelatiere di Treviso, che all’ultimo Sigep ha detto: “No, grazie, meglio senza!”), Ruggeri sceglie la linea del vuoto di circostanza e tira avanti a modo suo.

Nessuna conferma di ricezione dei campioni, nessun ringraziamento, nessuna comunicazione sulle modalità di valutazione”, afferma il piccolo produttore “indipendente”. "Nessun riscontro tecnico alle osservazioni inviate.” In pratica, il coraggioso scrivente non riceve nulla di nulla. O meglio, una risposta la riceve, alla Marchese del Grillo, lontana dalla trasparenza che dovrebbe portarsi dietro un brand serio, come (dovrebbe e potrebbe esserlo) appunto il GAMBERO ROSSO. Perché sullo sfondo di quanto appena pubblicato sulle torrefazioni di caffè italiane aleggiano un clima di sospetto ed il fantasma di tre parole dall’italico malcostume: conflitto di interesse.

La comunicazione ufficiale della guida, infatti, indica Andrej Godina e Mauro Illiano come i “curatori” della medesima: soggetti molto “esposti” nel mondo del caffè italiano per svariate collaborazioni (ancora in corso) con molte delle torrefazioni censite e premiate dalla guida 2026.  Assaggiatore, formatore, produttore il primo.  Avvocato e giornalista il secondo.  Entrambi “insigniti” del titolo di “specialisti” non da un organismo scientifico (come pure si auspicherebbe), bensì dalla SCA, un “board” italiano nel qualche ci sono semisconosciuti produttori di caffè ed esperti, a vario titolo figli, figlie e o affini di torrefattori e importatori italiani più o meno noti: un “gotha” di illuminati tutto da approfondire, tra i quali spicca, forse non a caso, Alberto Polajac (BLOOM SPECIALTY COFFEE), event coordinator SCA, che nella guida del GAMBERO ROSSO 2026 si becca, da Godina e Illiano, “3 macinini” (pag.145). Come dire: “A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si indovina”.

Nella mail inviata al GAMBERO ROSSO (della quale siamo in possesso), la piccola torrefazione segnala l’esistenza di un pregresso dissenso professionale con uno dei curatori, chiedendo – in modo esplicito e corretto – se ciò possa aver leso garanzie di terzietà nelle valutazioni svolte per la guida. Anche su questo punto, il GAMBERO ROSSO, da crostaceo che si ritira per natura, risposte zero. Eppure, con la pubblicazione della guida, emergono elementi che rendono queste domande tutt’altro che teoriche.

A dare un’attenta occhiata, le coincidenze curiose non sono poche: una quota rilevante di premi assegnata a gruppi industriali (uno – addirittura – viene pubblicizzato a pagina 47 e porta a casa un premio a pagina 102); la presenza, tra i premiati, di aziende che si avvalgono di rapporti professionali riconducibili – da moltissime fonti Web riscontrabili - ai curatori della guida (LAVAZZA – premio speciale sostenibilità, pag. 71, NESPRESSO – premio torrefazione dell’anno, pag.102; CAFFÈ AGUST – premio torrefazione dell’anno, pag. 85; CAFEZAL – premio torrefazione special, pag. 88; HAUSBRANDT – tre macinini, pag. 135, GOPPION CAFFÈ – tre macinini, pag. 134 | ndr Paola Goppion è la presidente di CSC, tanto per dire; MISTER CAFFÈ – tre “doppi” macinini, pag. 139; GROSMI CAFFÈ – due macinini, pag. 149; CAFFITALY – tre macinini, pag. 160; DITTA ARTIGIANALE – premio torrefazione di eccellenza, pag. 185; MONDICAFFE’ – tre “doppi” macinini, pag. 215; CAFFE’ COSTANZO – tre macinini, pag. 242 | ndr Costanzo è ambassador/testimonial di 2 sponsor della guida, LA SAN MARCO, pag. 42 e AROMA, pag. 48; KIMBO – premio torrefazione gourmet, pag. 250; CAFFÈ PASSALACQUA – tre macinini, pag. 255; CAFFÈ TORALDO – tre macinini, pag. 259; CAFFE’ MOAK – tre macinini, pag. 293; CAFFÈ MORETTNO – premio torrefazione “made in Italy”, pag. 294) e altri aspetti, sui quali non indugiamo.

Aspetti, che minano e non poco le fondamenta di un guida quantomeno “rispettabile ed oggettiva”. Certo, potrebbero solo essere coincidenze, ma il dubbio sollevato dal produttore “indipendente” sembra avere più di una ragione di esistere. Solo per dire: davvero qualcuna della Aziende sopracitate può confermare di non aver mai avuto rapporti, relazioni, ospitate, visite aziendale, masterclass, consulenze da parte di almeno uno dei due curatori? Perché, se fosse così, allora saremmo un bel passo avanti ed il caffè da “macchiato” diventerebbe subito “corretto”. Per stare ancora sulla guida, a comprarla in libreria costa solo 9.90 euro e questo potrebbe essere un altro “indicatore” di fantasmi commerciali che potrebbero (solo potrebbero!) ammantarsi dietro l’operazione. Per buona pace: ai marchi commerciali pubblicizzati in guida quelle pagine non saranno certo state regalate, no?

Ma quello che, in ogni caso, il GAMBERO ROSSO non dice sul caffè italiano, eccellenza del “made in Italy”, è qualcosa di “minimo” su protocolli e metodologie che dovrebbero essere “pubblici” per tutti, senza reticenze, né disimpegni. Perciò, a questo punto, la domanda resta semplice quanto inevasa: “Quali procedure sono state adottate per la gestione dei conflitti di interesse? Possibile che un direttore responsabile di una guida operi con la mano destra senza sapere cosa fa la sinistra? Viene anche a voi l’idea che possa aver saputo ed aver fatto finta di niente? E se editore, tale che sia, al GAMBERO ROSSO c’è, questo permette che accadano queste cose nel buon nome (ormai sempre più opinabile) del suo brand?”.

Alle richieste di chiarimento mancano risposte essenziali, che saremmo felici anche noi di ricevere. Tanto per dire: “Quanti degustatori hanno effettivamente assaggiato i caffè? Chi erano e che titolo avevano? Esistono verbali delle commissioni? Con quali criteri sono stati assegnati i premi? E, non da ultimo: i curatori della guida hanno degustato in prima persona prodotti di aziende loro clienti?”

Nessuna accusa, sia ben chiaro, solo la constatazione di risposte evasive da tifosi antichi del GAMBERO ROSSO e delle “inappuntabili” guide di una volta. Solo che qui scatta la riflessione dovuta all’intero comparto caffeicolo italiano, un giro da 100 milioni di tazzine al giorno che non può essere “orientato (o “dis-orientato”) da piccole repubbliche di “sodali”, autoproclamatisi titolari assoluti del verbo. Essere e avere. 

La trasparenza, signori del GAMBERO ROSSO, non è un’opzione narrativa, ma una responsabilità editoriale e non basta dire, per liquidare la questione: “La torrefazione è presente in guida.” Questo argomento è logicamente irrilevante. “Io non ho mai contestato la recensione", afferma il torrefattore “Indipendente”. "Non ho mai contestato il voto. Non ho mai chiesto premi. La mia richiesta riguarda il metodo, non il risultato.” Perché essere presenti, senza essere premiati, non annulla il diritto - anzi il dovere - di interrogarsi sui processi. Certo rimediare sarebbe facile. Basterebbe rispondere e saremmo tutti più felici di trovarci davanti la realtà che al momento non ci è data di vedere. 

Per chiudere il cerchio sarebbe bene ricordare che le guide possono essere strumenti preziosi solo se fondate su trasparenza reale, indipendenza verificabile, tracciabilità dei processi, assenza di ambiguità. Il silenzio, quando le domande sono puntuali e documentate, non tutela l’autorevolezza di una guida, ma la erode. Inesorabilmente. 

Il GAMBERO ROSSO e Lorenzo Ruggeri (direttore responsabile fino a prova contraria), complici Andrej Godina e Mauro Illiano, questo dovrebbero saperlo. E in un settore che chiede sempre più consapevolezza ai consumatori, non rispondere nel merito non è una svista: è una scelta editoriale che merita, quantomeno, di essere quantomeno messa in discussione. Si può essere d’accordo almeno su questo? E comunque vale sempre la buona regola per tutti: R.S.V.P. Ma senza giri di parole, stavolta, e con tutte le risposte che mancano all’appello.