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Intesa Sanpaolo presenta il Blue Economy Monitor con SDA Bocconi: focus su mobilità marittima sostenibile
I flussi economici generati dagli ecosistemi blu sono oggi compresi tra 1.500 e 2.600 miliardi di dollari all’anno, con la prospettiva di raggiungere i 3.000 miliardi entro il 2030

Intesa Sanpaolo avvia il Blue Economy Monitor con SDA Bocconi per guidare investimenti, policy e competenze nella nuova economia del mare
Intesa Sanpaolo e la SDA Bocconi School of Management hanno presentato a Milano il Blue Economy Monitor, un osservatorio pensato per analizzare le dinamiche dell’economia del mare e sostenere lo sviluppo di competenze, strategie e politiche pubbliche in grado di valorizzare il patrimonio marino del Paese. Il progetto nasce con l’obiettivo di diventare uno strumento di orientamento per decisioni di investimento e progettazione territoriale, offrendo una lettura aggiornata delle opportunità e delle sfide associate alla transizione verso modelli economici e ambientali più sostenibili.
Il primo lavoro prodotto dal Monitor si concentra sul tema del Capitale Naturale Blu, ovvero l’insieme delle risorse marine e costiere che generano benefici ecologici, economici e sociali. Lo studio stima che lo stock globale di tali risorse superi i 24.000 miliardi di dollari, di cui circa 5.600 miliardi nel bacino del Mediterraneo. I flussi economici generati dagli ecosistemi blu sono oggi compresi tra 1.500 e 2.600 miliardi di dollari all’anno, con la prospettiva di raggiungere i 3.000 miliardi entro il 2030. In questo contesto, l’Italia emerge come uno dei principali protagonisti della blue economy europea. Nel 2022, il valore aggiunto generato dall’economia del mare nel Paese è stato pari a 64,6 miliardi di euro, mentre l’impatto complessivo sul Pil ha raggiunto 178,3 miliardi, mobilitando oltre un milione di occupati in settori che spaziano dal turismo costiero alla cantieristica, dal trasporto marittimo alla pesca e all’acquacoltura.
Lo studio mette in evidenza come la crescita futura possa derivare in modo significativo dalle energie rinnovabili marine, dalle biotecnologie blu, dallo sviluppo di infrastrutture intelligenti e da nuove soluzioni tecnologiche per la gestione degli ecosistemi. Allo stesso tempo, le analisi condotte nelle Aree Marine Protette mostrano che la protezione degli habitat può generare ritorni economici superiori all'investimento iniziale, contribuendo alla creazione di filiere turistiche sostenibili, nuove professionalità e occupazione qualificata. Per sostenere questo potenziale, è ritenuta essenziale una visione strategica di lungo periodo, accompagnata da un quadro regolatorio stabile e da strumenti finanziari capaci di convogliare capitali verso progetti ad alto impatto ambientale e sociale.
La seconda ricerca del Blue Economy Monitor affronta invece il tema della mobilità sostenibile nel settore marittimo-portuale, sottolineando come il trasporto via mare sia responsabile di circa il 2,9% delle emissioni globali di gas serra e come, in assenza di interventi, tali emissioni possano aumentare fino al 130% entro il 2050. Per l’Italia il settore rappresenta una componente fondamentale: oltre la metà dei traffici merci e la quasi totalità dei movimenti passeggeri dipendono da rotte domestiche che collegano la penisola alle più di ottanta isole abitate. Il Paese detiene inoltre una posizione di primo piano in Europa nei segmenti Ro-Ro e crocieristico. Tuttavia, la transizione ecologica richiede investimenti infrastrutturali complessi, un coordinamento più stretto tra soggetti pubblici e privati e un ripensamento dei modelli di flotta e dei carburanti utilizzati.
Secondo lo studio, le attuali politiche basate sull’uso di GNL, bio-GNL e sistemi di alimentazione elettrica in porto non saranno sufficienti a ridurre le emissioni in modo significativo nei prossimi anni se non inserite in una strategia complessiva che includa innovazioni tecnologiche, incentivi mirati e l’istituzione di corridoi marittimi “verdi”. La gestione dei fondi derivanti dal sistema europeo ETS potrà inoltre rappresentare una leva cruciale: si stima che, a partire dal 2026, tali risorse possano generare per l’Italia un volume di finanziamenti compreso tra 333 e 419 milioni di euro, potenzialmente destinabile a infrastrutture e rinnovo delle flotte.
Attraverso queste analisi, il Blue Economy Monitor ribadisce la necessità di investire non solo in tecnologie e infrastrutture, ma anche in competenze multidisciplinari, indispensabili per sostenere l’innovazione e garantire che la transizione sia accompagnata da uno sviluppo occupazionale qualificato. La collaborazione tra imprese, università, istituzioni e comunità locali è indicata come elemento centrale per costruire un ecosistema capace di trasformare la ricchezza naturale del mare in valore economico e sociale duraturo.
Elisa Zambito Marsala, Responsabile Education Ecosystem and Global Value Programs Intesa Sanpaolo, ha dichiarato: “Tra i trend emergenti, la blue economy e i fondali marini offrono straordinarie potenzialità di crescita per il nostro Paese. Sostenere la ricerca in questo ambito significa alimentare la competitività, la distintività italiana e costruire ecosistemi virtuosi, in cui istituzioni, imprese e università collaborano per preparare le nuove generazioni alle sfide globali e alle trasformazioni sempre più rapide e costanti”.
“La blue economy amplia il concetto dell’economia del mare, integrando i principi di sostenibilità ambientale e sociale”, ha affermato Stefano Caselli, Dean SDA Bocconi School of Management. “Essa si concentra sull’uso responsabile delle risorse dell’oceano per promuovere la crescita economica, migliorare i mezzi di sussistenza e creare occupazione, garantendo al contempo la salute degli ecosistemi marini. Siamo grati a Intesa Sanpaolo che, con la sua collaborazione, ci consente di affrontare un tema così fondamentale per l’economia e l’ambiente”.
Intesa Sanpaolo e SDA Bocconi sottolineano infine che il Blue Economy Monitor è concepito come uno strumento permanente di osservazione e orientamento, destinato a fornire analisi, benchmark internazionali e linee guida utili per policy maker, investitori, filiere portuali e imprese del territorio, con l’ambizione di contribuire alla crescita equilibrata e sostenibile dell’economia del mare nel lungo periodo.
L'intervista a Elisa Zambito Marsala, Responsabile Education Ecosystem and Global Value Programs Intesa Sanpaolo
“L’Osservatorio sulla Blue Economy nasce dalle analisi che abbiamo condotto sui principali trend di trasformazione dell’economia e della società. La Blue Economy rappresenta infatti uno dei trend più rilevanti, non solo a livello globale ma anche per il nostro sistema Paese, in coerenza con la nostra storia e con le caratteristiche geografiche dell’Italia: ci troviamo al centro del Mediterraneo, con circa 8.000 chilometri di coste e un potenziale sia economico sia occupazionale di grande valore", ha dichiarato Elisa Zambito Marsala, Responsabile Education Ecosystem and Global Value Programs Intesa Sanpaolo, ai microfoni di Affaritaliani.
"Grazie alla collaborazione con l’Università Bocconi, nostro partner accademico strategico, abbiamo dato vita a questo Osservatorio, che oggi si concretizza in due primi report: uno dedicato alla mobilità sostenibile e uno al capitale naturale blu. Attraverso questi studi mettiamo a disposizione del Paese un nuovo asset di conoscenza, con l’obiettivo di sostenere la ricerca e l’innovazione per le imprese e contribuire alla rigenerazione delle competenze in un contesto in continua evoluzione", ha continuato Zambito Marsala.
Zambito Marsala ha concluso: "La Blue Economy è un trend distintivo a livello internazionale e l’Italia può esprimere in questo campo un vantaggio competitivo significativo. I dati lo confermano: parliamo di un valore globale di circa 1,5 trilioni di dollari e di 30 milioni di posti di lavoro nel mondo. Non si tratta di un’economia futura: è un’economia già presente, sulla quale possiamo sin da ora costruire ecosistemi virtuosi tra pubblico e privato”.
L'intervista di Affaritaliani a Oliviero Baccelli, Direttore MEMIT, Università Bocconi
“Lo studio sottolinea l’importanza della decarbonizzazione del settore marittimo-portuale, che oggi è responsabile di circa il 3% delle emissioni globali di gas serra. Si tratta di un settore tecnicamente difficile da decarbonizzare, uno dei cosiddetti hard to abate, anche perché non esistono ancora alternative ai combustibili fossili che siano facilmente applicabili su larga scala. Per ridurre l’impatto ambientale, particolarmente rilevante in Italia poiché molti porti si trovano in prossimità dei centri urbani, è necessario sviluppare un insieme coordinato di iniziative. Tra queste rientrano l’elettrificazione delle banchine e il cold ironing, ambito in cui l’Italia sta avviando i primi progetti pilota di grande interesse; l’adozione del gas naturale liquefatto e, soprattutto, del bio-GNL; e soluzioni più integrate con i sistemi industriali come la cattura della CO₂ e il suo trasferimento in appositi serbatoi di stoccaggio", ha dichiarato Oliviero Baccelli, Direttore MEMIT, Università Bocconi, ai microfoni di Affaritaliani.
"L’Italia è in una posizione avanzata in questo percorso, grazie anche alle sperimentazioni in corso a Ravenna e al ruolo di leadership di alcune delle principali compagnie marittime e crocieristiche, come Costa Crociere e MSC, oltre alla cantieristica guidata da Fincantieri, che sta investendo in tecnologie di nuova generazione. I risultati evidenziano pertanto un potenziale di sviluppo significativo per le filiere industriali italiane. Questo lavoro si inserisce inoltre in una rete più ampia di collaborazione tra imprese, università e centri di ricerca. In particolare, il progetto beneficia delle relazioni con Université PSL di Parigi e con SRM, il centro studi del Gruppo Intesa Sanpaolo che da tempo analizza l’economia marittima e portuale. Si tratta quindi di un’iniziativa che rafforza al tempo stesso le connessioni con il sistema produttivo e con la comunità scientifica, creando complementarità e sinergie concrete", ha concluso Baccelli.
