Prevost eletto Papa, l’ombra di Trump sul Conclave e quei 14 milioni per spingere l’americano sul trono di Pietro - Affaritaliani.it

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Prevost eletto Papa, l’ombra di Trump sul Conclave e quei 14 milioni per spingere l’americano sul trono di Pietro

Dietro le quinte le manovre del cardinale Timothy Dolan hanno giocato un ruolo fondamentale nelle dinamiche del Conclave

di redazione economia

Trump dietro l’elezione di Prevost? Quei 14 milioni donati al Vaticano

Il nuovo Papa è Robert Francis Prevost e si chiamerà Leone XIV.  È americano, ha 69 anni, viene da Chicago ed è il primo statunitense nella storia a salire al soglio di Pietro. È stato eletto dopo quattro scrutini in Conclave. Una svolta storica? Sì. Una sorpresa? Solo fino a un certo punto. Perché l’elezione di Prevost, figura spendibile in America Latina, stimata in Curia e gradita a Washington aveva già su di sè una benedizione (laica) a stelle e strisce.

Quale? Sicuramente quella del presidente Usa, Donald Trump che, come riporta il Quotidiano Nazionale, in occasione dei funerali di Papa Francesco aveva staccato un assegno da 14 milioni di dollari in favore del Vaticano. Il tycoon non era certo in cerca del Paradiso, ma del potere sì, e sa bene che, da Roma a Washington, anche la fede, può diventare geopolitica. D'altra parte il Vaticano è in rosso, con un buco da 70 milioni di euro, e un’entrata così, proprio in quel momento, avrà fatto sicuramente bene alle loro tasche.

Il sospetto potrebbe essere che dietro la fumata bianca di oggi ci sia proprio lo zampino del presidente Usa. Prevost, è il primo Papa americano nella Storia della Chiesa Cattolica, è nato a Chicago, ma ha trascorso gran parte della sua vita in Perù, dove ha lavorato come missionario agostiniano e poi come vescovo. Negli ultimi anni ha guidato il Dicastero per i Vescovi, uno degli uffici più influenti della Curia. Un profilo sobrio, internazionale, considerato affidabile anche da Roma e ben visto a Washington. Ma è proprio questa vicinanza agli Stati Uniti che alimenta qualche dubbio.

Dietro le quinte ci sarebbero anche le mosse del cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York che piace proprio a Donald Trump. Non era tra i candidati, ma ha giocato da regista: negli ultimi giorni aveva infatti ricevuto cardinali da mezzo mondo al Pontificio Collegio Americano, a due passi dal Vaticano. Dolan è il classico kingmaker: non diventa Papa, ma aiuta a farlo eleggere. E in questo caso, l’eletto è uno che parla bene spagnolo, ha amici a Lima e contatti a Washington. Un profilo “spendibile”, si direbbe in politica.

L’elezione di Leone XIV segna quindi una svolta: per decenni si è evitato di eleggere papi provenienti da superpotenze per non alimentare sospetti di certe pressioni esterne. Ora quel tabù è caduto. Prevost dovrà dimostrare di essere indipendente, dentro e fuori la Chiesa. E soprattutto, di saper guidare una macchina complessa in un momento geopolitico così delicato.