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Economia
Rete Tim, il tempo stringe: il costo del debito continua a crescere
Henry Kravis, Pietro Labriola, Dario Scannapieco

Il timore è quello di un’assemblea che si trasformi in una resa dei conti tra i diversi soggetti in causa. Il presidente Salvatore Rossi che – eufemismo – non va d’accordo con i francesi; Vivendi che vuole far valere il proprio peso azionario e non vuole accettare offerte ritenute “irriguardose”. Insomma, lo scenario è complesso e molto si capirà - quando l’assemblea verrà convocata – in base al tipo di maggioranza che dovrà essere usata per dare il via libera o meno a una o l’altra trattativa.

Ma, si diceva, Tim ha fretta. Ieri sera è stato riaperto il bond con scadenza 15 febbraio 2028, con un rendimento del 6,875% per un controvalore di 400 milioni di euro. Grande successo, certo, ma il problema è semplice: entro il 2023 scadranno 3,4 miliardi di euro di debito e altrettanti lo faranno nel 2024. Attualmente il costo medio del debito per Tim è del 4,4%, aumentarlo di quasi il 2,5% non è banale per dei conti già complessi come quelli dell’ex-Telecom. Ipotizzando che tutti i 32 miliardi di debito di Tim vengano rifinanziati a questi tassi si avrebbe un extra-costo nell’ordine dei 650 milioni di euro. 

Come uscirne? Qualcuno ha parlato di “take private”, cioè la vendita dell’azienda e il suo delisting. Ma a che prezzi? Non certo quelli con cui attualmente vengono scambiate le azioni. E i costi della nuova finanza sono schizzati alle stelle dopo l’aumento dei tassi varato dalla Bce. Se la trattativa per la rete dovesse fallire, si potrebbe addirittura profilare un aumento di capitale pro-quota. Da quanto? C’è chi sostiene che non si potrebbe scendere sotto i 10 miliardi. Tanti soldi, insomma. 

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