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Economia
Rete unica, il 29 dicembre nuovo tavolo: prospettive fosche

Il 29 dicembre nuovo incontro per la rete unica

Un nuovo incontro, da remoto, fissato per il 29 dicembre: l'oggetto è sempre lo stesso, trovare una quadra sulla rete unica coinvolgendo i vari interlocutori. Da una parte c'è il Governo, che però - dopo i saluti introduttivi del ministro Adolfo Urso due settimane fa - non ha più presenziato con politici ma solo con tecnici. Dall'altra c'è Vivendi, anche in questo caso rappresentato dagli advisor di Rothschild e non più da Arnaud De Puyfontaine che, dopo la prima riunione, ha preferito delegare. Dall'altra parte ancora c'è Cassa Depositi e Prestiti, rappresentata dall'amministratore delegato di Cdp Equity Francesco Mele. Anche quello del 29 dicembre sarà un tavolo tecnico, per di più da remoto. Ma più passa il tempo e più la sensazione è che la quadra, invece che avvicinarsi, si allontani. Fonti vicine al dossier riferiscono ad Affari che l'incontro "non partorirà nulla perché tutti parlano una lingua diversa". Tradotto: le istanze portate avanti dai diversi interlocutori continuano a essere talmente lontane che è difficile anche solo iniziare a trovare una quadra.

Al di là delle aperture di prammatica di Vivendi nei confronti del governo, rimangono diversi nodi da considerare: intanto il fatto che il debito di Tim - come ricostruito dal Sole 24 Ore - pesa per 25 miliardi sui conti del gruppo, mentre lo spacchettamento in ServiceCo e NetCo potrebbe funzionare solo se sulla prima gravassero 10 miliardi di debiti e 4 sulla seconda. Ballano almeno 11 miliardi (o qualcosa meno se si guarda al debito netto) che possono essere raggiunti solo vendendo asset di vario tipo. Quali? Posto che il governo vuole avere a disposizione una rete italiana, non verticalmente integrata e in cui rientri anche Sparkle (cioè la "costola" che si occupa dei cavi) vuol dire che bisogna trovare qualcos'altro da vendere. Che cosa? Noovle, ad esempio, che un anno fa veniva valutata tra i 4 e i 5 miliardi. Ma che è strategica in quanto fornisce i servizi in cloud. Olivetti non dovrebbe valere più di 5-600 milioni. Che fare? 

L'altro tema importante riguarda l'occupazione. Attualmente i dipendenti sono oltre 42mila in Italia e oltre 12mila all'estero. Se Tim dovesse essere ridimensionata ulteriormente (i lavoratori erano più di 80mila nel 2007), bisognerebbe trovare un modo per mantenere i livelli occupazionali. Ed è questo l'appiglio maggiore che hanno i vari interlocutori: il governo - peraltro assai irrituale la sua partecipazione ai tavoli - non può permettersi esodi di massa che andrebbero inevitabilmente a carico della collettività. E quindi deve trovare delle mediazioni. Quali? Il sottosegretario Alessio Butti da oltre un mese ha scelto di non parlare del dossier, se si esclude l'audizione alla Commissione Trasporti di un paio di settimane fa. Non si è quindi sbilanciato neanche sui tempi eventuali di un accordo. Che a questo punto non sarà rapido come ci si poteva aspettare inizialmente. 

La scorsa settimana, invece, Adolfo Urso, il ministro delle Imprese e del Made in Italy che ha la delega in coabitazione con Butti, ha dichiarato che la soluzione sarebbe stata trovata entro la fine dell'anno. E ha anche annunciato che non vedrebbe male l'ingresso di fondi, mentre Butti preferirebbe mantenere tutto italiano. È anche intorno a queste differenti vedute in seno all'esecutivo che si gioca la partita più importante. Domani, diceva Rossella O' Hara, è un altro giorno

 

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