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Economia
Risparmio tradito, siamo ancora a Cirio e Parmalat
Borsa di Milano

Questione “RISPARMIO TRADITO”, ci risiamo.
 Una cattiva abitudine quella della “truffa finanziaria” che si ripete da decenni, dalla nascita del capitalismo e, probabilmente, solo nella forma di inganno, fin dall’era mesozoica.
 La differenza tra oggi e ieri è che prima questo genere di scandali scoppiavano alla fine di un ciclo al rialzo, quando come dice Buffett “la marea si abbassa e scopri chi sta nuotando nudo”, ultimamente complice un’ingegneria finanziaria sempre più sviluppata, si ripetono sempre con maggiore frequenza e nei casi e nelle forme anche le più impensabili.


Perché oggi si parla di obbligazioni, e nello specifico di obbligazioni bancarie fallite (obbligazioni subordinate, strumenti adatti solo ai “competenti”) dove fino a qualche anno fa non solo era inconcepibile per il risparmiatore non ricevere indietro il capitale prestato, ma soprattutto che una banca (italiana) potesse fallire.
 Oggi con il “Bail-in” accade, e questa è una rivoluzione copernicana del capitalismo italiano, chi sbaglia paga, ma purtroppo a pagare sono soprattutto i prestatori più che i dirigenti responsabili del dissesto.
 Ricordo qualche anno fa quando finirono in bancarotta i colossi italiani Cirio e Parmalat, aziende sane e floride considerate un investimento sicuro, un investimento composto da una parte azionaria è da una obbligazionaria spalmata tra famiglie, pensionati e singoli investitori ignari di quello a cui potevano andare incontro.


Il legislatore ci mise una pezza con la formula “Patti chiari”, macigni di carta che l’offerente doveva presentare al cliente prima della firma e della stipula del contratto. Un ammasso di carta complicatissimo che mai nessuno avrebbe letto e che aveva l’unico scopo di sedare la situazione e complicare la vita del risparmiatore. In questo la burocrazia italiana veste perfettamente i panni dell’azzeccagarbugli.
 Prima di Parmalat e Cirio c’era stata l’Argentina, sempre un’obbligazione, sempre considerata sicura (prima), perché quando l’operazione fallisce la frase di rito dice che “niente è sicuro”. 
Spiace dirlo, ma una parte di responsabilità ce l’ha anche il risparmiatore, piccolo o grande che sia che si affida conoscendo poco o nulla al fiuto, al consiglio o a quella che viene presentata come l’occasione della vita.

Perché si sa, quando vedi il rendimento facile non esiste regola, tutti si buttano, dimenticando le poche regole auree del mestiere: la prima, storica, che il rischio è figlio del rendimento e cioè che se il rendimento è alto anche il rischio lo è, ma questa regola è stata spazzata dall’interventismo delle banche centrali, la seconda è che se un’istituzione o qualsiasi altra persona fisica o giuridica ti offre un prodotto ad alto rendimento la prima domanda che un risparmiatore si deve porre è “perché se è veramente un’occasione, invece di offrirla a me non la tiene per se?” e la terza è che sui mercati non esistono pasti gratis, nessuno regala nulla e se un prodotto è sulla bocca di tutti ha già perso la sua eccezionalità di rendimento.
Gli allievi del “libero mercato” su questo non ammettono scuse, non hanno pietà, chi sbaglia paga che tradotto significa se investi con ignoranza poi devi essere pronto a prenderti le conseguenze, il mercato fa selezione e come diceva Galbraith “la borsa è stata inventata per separare il denaro dai cretini”. La cosiddetta selezione darwiniana del mercato.

Per questa categoria il “bail-in” è una legge giusta, anche le banche devono fallire, erano d’accordo su Lehman, ma per gli adepti di questa religione sarebbero dovute fallire anche le altre banche, ci avrebbe pensato il dio mercato a sistemare tutto.
 Poi ci sono i difensori dei deboli che vedono illegalità ovunque dei poteri forti, e che il rimborso deve essere la regola, favorendo così un atteggiamento lassista e passivo, ci provo e rischio, tanto se mi va male poi mi rimborsano.
 E poi ci sono gli educatori che insistono con l’educazione finanziaria, con l’informazione non generalista ma tecnica, perché non basta l’attività lavorativa di ognuno, bisogna studiare per non essere fregati.


Ma la banca e il bancario una volta non servivano a tutelare il correntista? 
Forse una volta era così, ma oggi, anzi da qualche anno, la banca è un negozio e quando ci entri da cliente devi sapere cosa comprare e cosa no, anche perché non esiste più il dipendente di fiducia e di riferimento che sapeva consigliarti.
 Per questo, fin da quando ho iniziato a seguire questa professione, prima da operatore e ora scrivendo, ho sempre pensato che ogni persona in qualità di investitore/risparmiatore dovesse affidarsi a un consulente che facesse del collocamento del risparmio la sua professione.


I calciatori hanno un agente che si occupa delle loro trattative, perché non dovrebbero averlo anche i risparmiatori? Ovviamente con cifre e costi proporzionati.
 Questo l’ho sempre pensato ancor prima del l’invenzione del consulente finanziario, una figura che oggi si sta lentamente diffondendo sul mercato, il problema è il pagamento, nel senso che il risparmiatore fatica a riconoscere un compenso.
Questo perché tutti pensano di essere preparati, d’altronde siamo la nazione dei 60 milioni di commissari della nazionale di calcio, e siamo altrettanti quelli che si credono guru dell’investimento.


Poi però si paga, non il compenso, ma con le perdite che spesso sono gravose e creano sofferenze, e di solito la colpa è di tutti, tranne che di noi stessi che abbiamo affrontato una terra incognita, una materia aleatoria e complicata per chiunque, anche per i più abili.
Lo dicono le statistiche di mercato, sia tra i trader, quelle figure che si cimentano in imprese bibliche cercando di moltiplicare pani e pesci vendendo e comprando strumenti finanziari quotidianamente, sia tra i più semplici che cercano di ricavare un po’ di guadagno da una normale compravendita, il risultato è sempre lo stesso 7 perdono e solo 3 guadagnano. È un dato storico che si modifica solo per quei brevi periodi in cui si gonfiano le bolle speculative in cui sembra che tutti stiano guadagnando, ma dura poco, perché una volta che la bolla scoppia, la statistica torna ad essere rispettata.


Per consolarvi vi rivelerò un segreto, ricordate sempre che sul mercato, almeno nel breve, il guadagno per tutti che ogni casa d’affari, singolarmente, tenta di promettere, non esiste, perché per uno che guadagna c’è sempre dall’altra parte uno che perde. Il “gioco”, come a volte piace etichettarlo, è sempre a somma zero, il guadagno per tutti, purtroppo, è un’utopia. Il socialismo nella finanza non esiste, essendo capitalismo, il guadagno è per chi se lo merita.

Purtroppo, nel mondo dei mercati finanziari la proporzione è sempre a favore di chi conosce le regole, la materia e ha in mano i comandi, e a sfavore di chi spesso ci prova senza un minimo di conoscenza.
Per questo non ci resta che affidarsi alla diversificazione, l’unico metodo che, puntando su tutti i numeri del tavolo, ti permette di diluire il rischio e almeno uscire dal l’investimento in pari.


Ma si investe per pareggiare?
Il mercato non è né buono e né cattivo, punisce chi non conosce e chi non è preparato, per questo è giusto affidarsi a chi ne sa più di noi e riconoscere a lui un compenso. Questo accade in una nazione capace di evolversi.
Ci vuole più competenza e più informazione, per questo non accetto quando un giornalista, per compiacere il pubblico dice “questo atteggiamento delle banche lo conoscevano tutti, possibile che nessuno l’abbia fermato? ”
Ma se queste informazioni non le conosce un giornalista professionista, chi le deve sapere?


In questo modo si fa sempre prevenzione ai funerali, quando il malato è già deceduto, mentre si dovrebbe agire negli ospedali e ancor prima, quando i mercati accendono le prime spie di allarme. Lo stesso fanno le Autorità di competenza che intervengono quando i buoi saranno scappati, allontanando la gente comune dagli investimenti, un luogo già considerato incomprensibile, e così l’Italia, il paese con il maggiore tasso e quantità di risparmio (la nostra materia prima) rimarrà un paese che non cresce, anzi che continua a essere eroso.

Dopo quanto accaduto con Parmalat e Cirio, e le relative contromisure adottate dal legislatore, molti si illusero che si sarebbe aperto un nuovo capitolo sugli investimenti, investimenti “corretti” e puliti. Altri, operatori sul mercato con grande esperienza sulle spalle e cicatrici nel portafoglio e nell’animo, dissero che lo scandalo Cirio e Parmalat e le relative delusioni dei risparmiatori, non sarebbero state né le prime e né tantomeno le ultime. Previsione rispettata, almeno per una volta.

@paninoelistino

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