Economia
Stellantis, Tavares bussa al governo: “Auto elettriche? Servono aiuti”

Stellantis, Tavares: "L'ideale sarebbe se potessero aiutare il settore, con sussidi diretti nelle tasche dei consumatori"
"Tutti i governi del mondo, incluso quello italiano, dovrebbero capire che hanno un interesse diretto a sostenere le dimensioni del mercato dell'automobile, perché altrimenti i loro Paesi ne soffriranno le conseguenze in termini di occupazione e crescita economica". Sono le sollecitazioni riportate da Repubblica, venute dal ceo di Stellantis Carlos Tavares, a margine della conferenza Ces di Las Vegas, dove ha lanciato novità come il pickup truck Ram 1500 Revolution Battery Electric Vehicle (BEV) Concept e il Peugeot Inception Concept, confermando l'obiettivo di vendere entro il 2030 il 100% di auto elettriche in Europa e il 50% negli Usa.
"L'ideale - continua - sarebbe se potessero aiutare il settore, con sussidi diretti nelle tasche dei consumatori. Se però i bilanci non lo consentono, sarebbe quanto meno auspicabile che non ostruissero le attività con regole, tasse e limitazioni capaci di ridurre il mercato, perché ciò costringerebbe le compagnie a tagliare gli investimenti, rallentare la transizione ecologica, e probabilmente perdere posti di lavoro. Se offriranno questo supporto, sarà poi compito e responsabilità delle aziende contenere i costi in modo da mantenere i prezzi delle auto elettriche su livelli abbordabili per la classe media. Un obiettivo essenziale tanto per avere un impatto vero nella lotta contro i cambiamenti climatici, quanto per dare un futuro economico al settore".
"Il caso del mercato italiano - spiega - è molto interessante, perché ha il segmento B più grande d'Europa. Perciò la questione di convenienza e accessibilità è molto importante, mentre tutti cerchiamo di ridurre i costi dell'elettrico. I rischi riguardano la possibilità di presentare veicoli a un prezzo che la classe media non può permettersi, esattamente quello che sto cercando di evitare. Questa situazione non è specifica dell'Italia. Vale per tutta l'Europa, soprattutto i Paesi del Sud come Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Grecia. Vuol dire che dobbiamo accelerare la riduzione dei costi per la tecnologia dei veicoli elettrici, e proteggere l'accesso della classe media a questi veicoli tramite sussidi diretti ai consumatori, non alle compagnie. Ciò ha un impatto sul bilancio e sul debito, e il costo del debito è ora più alto per l'aumento dei tassi di interesse. Questa è la situazione che affrontiamo in Europa, ed è più acuta in Italia. Il livello del debito in Europa è alto, favorendo deficit bilancio. Come aiutare i consumatori quando c'è un debito alto?".
Un discorso che tocca progetti come la Gigafactory di Termoli. "Noi possiamo fare il nostro lavoro per cercare di mitigare il costo, aiutare i consumatori senza mettere la compagnia a rischio, perché ciò porta problemi sociali - prosegue -. Dobbiamo proteggere allo stesso tempo la redditività e rendere le autoelettriche accessibili. Mi piacerebbe vedere i governi europei sostenere i consumatori finali con sussidi che vadano direttamente nelle loro tasche, sarebbe molto utile nel periodo di transizione che va da ora al 2030. Però sappiamo che non sono in grado di sostenere sussidi significativi, e qui è lo stallo. Il modo più efficace per noi è accelerare la riduzione dei costi fissi, variabili e di distribuzione. È la cosa giusta da fare per proteggere la classe media, senza chiedere sussidi ai governi indebitati". "La scelta la devono fare i cittadini - dichiara il ceo di Stellantis Carlos Tavares -.
Se non vogliono più la mobilità con le auto, ci adegueremo. Noi possiamo preservare la nostra fetta del mercato, non la sua dimensione. A questo devono pensare gli esecutivi. Quando incontro i capi di Stato e di governo, mi chiedono degli impianti e i posti di lavoro. Io rispondo sempre così: dato il talento della mia squadra, ho fiducia che possiamo difendere la nostra quota di mercato. I miei bisogni però dipendendo dalla dimensione del mercato, e ciò dipende dalle vostre decisioni". E alla domanda su quale strategia in Cina, risponde: "Non abbiamo necessariamente bisogno di produrre là. Si possono sostenere i clienti senza un produttore locale. Resteremo in Cina, ma siamo consapevoli di quanto accade nella geopolitica. Noi siamo una compagnia più occidentale, e non voglio che sia esposta, se dovessero aumentare le tensioni geopolitiche e le sanzioni. Una massiccia presenza di asset in Cina sarebbe una strategia rischiosa, vogliamo essere leggeri. Questo potrebbe significare una potenziale crescita minore, ma anche profitti maggiori. Una joint venture è finita, però ne stiamo discutendo un'altra, per capire quali potrebbero essere le condizioni. Le trattative restano rispettose e difficili, ma non sono