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Economia
Superbonus 110%, riqualificazione energetica: i primi interventi legali

La normativa in materia di Superbonus 110 stabilisce che le deliberazioni dell’assemblea del condominio che riguardano l’approvazione degli interventi di riqualificazione energetica sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenta la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio condominiale. La giurisprudenza di merito è stata sollecitata in merito alla legittimità di talune delibere autorizzative.

Per approfondire nel dettaglio l’argomento abbiamo coinvolto l’avvocato Nicola Ferraro https://www.studiodetilla.com/i-professionisti/avvocato-nicola-ferraro/, equity partner di de Tilla Studio Legale https://www.studiodetilla.com/.

                                                                                                       

Avvocato Ferraro, cosa stabilisce la legge in merito alla possibilità, per un’assemblea condominiale, di avviare interventi di riqualificazione energetica tramite i finanziamenti del Superbonus 110?

Il legislatore ha stabilito un quorum deliberativo di favore per le opere aventi a oggetto interventi di isolamento termico delle superfici verticali, orizzontali e inclinate degli stabili condominiali, la sostituzione degli impianti di climatizzazione, l’installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica e di colonnine per la ricarica di veicoli elettrici. In queste opere rientrano interventi che possono interessare i condomini.

Come anticipato nella premessa, tali lavori possono essere deliberati, adesso, con il voto favorevole della maggioranza “semplice” degli intervenuti che rappresenti almeno “un terzo” del valore dell’edificio. Si tratta di una maggioranza attenuata rispetto a quella che è più genericamente chiamata a deliberare su innovazioni e opere di manutenzione straordinaria degli edifici condominiali di cui all’art. 1136 c.c.

Quali sono i limiti del potere decisionale dell’assemblea condominiale su questa tipologia di lavori?

I primi interventi giurisprudenziali sul tema hanno posto un accento critico su alcune questioni. In particolare, mi riferisco al caso in cui le opere deliberate dalla maggioranza abbiano a oggetto beni dei singoli condomini oppure interventi sulla facciata condominiale.

Ci può fare un esempio concreto?

Un esempio è quello che riguarda i balconi aggettanti. E’ necessario ricordare che la giurisprudenza, anche recente, ha ribadito il principio per cui l’assemblea condominiale non può prendere decisioni che riguardino i singoli condomini sui beni di proprietà esclusiva. Per cui, devono ritenersi vietate non soltanto le innovazioni che compromettano il pari uso e il concorrente diritto degli altri partecipanti all’utilizzo della cosa comune, ma anche quelle che pregiudicano la proprietà esclusiva dei singoli condomini.

Le delibere che incidono sulla proprietà individuale sono nulle. I balconi aggettanti, in quanto privi di funzione di sostegno o di copertura, non sono un bene condominiale ma sono di proprietà dell’unità abitativa cui accedono, appunto, quali prolungamenti dell’unità immobiliare dalla quale protendono.

Fino a che punto quindi può spingersi l’assemblea condominiale nel deliberare opere che insistono sulla pavimentazione dei balconi di proprietà esclusiva?

In un caso, oramai remoto, la Corte di Cassazione ha affermato la nullità della delibera condominiale con cui era stata approvata la messa in opera di una lamiera grecata preverniciata sulle parti esterne di una proprietà esclusiva e nel contempo si era provveduto alla coibentazione delle pareti esterne, con conseguente occupazione di una piccola porzione della terrazza di proprietà esclusiva. Per la Corte, erano irrilevanti le finalità di isolamento termico che la delibera si proponeva in quanto, anche se prese nell’interesse comune o per adempiere a un obbligo di legge, essere erano, comunque, tali da violare i diritti di proprietà esclusiva di un condomino.

Tuttavia, in altre sentenze la stessa Cassazione, nel confermare il principio per cui l’assemblea condominiale non può prendere decisioni che riguardino i singoli condomini nell’ambito dei beni di loro proprietà, ne ha introdotto una limitazione nel fatto che le decisioni assunte “si riflettano sull’adeguato uso della cosa comune”. In una recente Ordinanza il Tribunale di Milano, chiamato a affrontare il caso di una delibera autorizzativa avente a oggetto lavori di posa in opera di un cappotto termico in facciata con insistenza sulla pavimentazione di alcuni terrazzi di proprietà esclusiva, non ha rilevato l’esistenza di elementi sufficienti per ritenere che un minimo restringimento della pavimentazione dei terrazzi (nella specie di qualche centimetro) non potesse non essere tollerato dai proprietari.

Per il Tribunale meneghino, infatti, l’opera deliberata era funzionale a un più adeguato uso delle cose comuni e risultava finalizzata al soddisfacimento di interessi non solo condominiali ma anche pubblici, altamente meritevoli di tutela. Per cui la perdita di superficie calpestabile del balcone in minima parte, a fronte della posa in opera di un cappotto termico in facciata teso a conferire all’edificio condominiale un maggiore status energetico, può apparire come un sacrificio modesto e tollerabile, e tale da non rappresentare una significativa lesione del diritto di proprietà.

La decisione assunta dal Tribunale di Milano, a mio avviso, trova una sua plausibile spiegazione nel particolare regime di favore con cui il legislatore ha previsto possano essere adottate, nell’interesse della collettività, decisioni volte a realizzare interventi di isolamento termico negli edifici condominiali. Va però aggiunto che a soluzione opposta era precedentemente pervenuto il Tribunale di Roma. Anche in questo caso, la questione trattata atteneva a lavori di posa in opera di un cappotto termico insistente sul piano di calpestio di alcuni balconi di proprietà esclusiva.

Tuttavia, la particolarità del caso esaminato dal Tribunale capitolino, e un motivo di distinguo rispetto a quello successivamente preso in esame dal Tribunale di Milano, sta nel fatto che solamente in sede di approvazione del “preventivo di spesa” i condomini erano stati informati del fatto che i lavori, deliberati da una precedente assemblea, sarebbero consistiti anche nella realizzazione di un cappotto termico. In quella assemblea, tra l’altro, non era stata data alcuna indicazione specifica riguardo alle modifiche che sarebbero derivate sui balconi di proprietà dei singoli condomini. Ciò per via del fatto che ogni valutazione tecnica al riguardo era stata demandata a una commissione tecnica.

Cosa ci può dire in merito al tema della facciata condominiale?

La facciata condominiale, al contrario dei balconi aggettanti, è un bene comune. I muri perimetrali dell’edificio condominiale, pur non avendo funzione di muri portanti, vanno intesi come muri maestri poiché determinano la consistenza volumetrica dell’edificio e lo proteggono dagli agenti atmosferici e termici, ne delimitano la superficie coperta e ne delineano la sagoma architettonica.

La facciata di un edificio, al pari dei muri perimetrali maestri, per la sua destinazione funzionale, costituisce una delle strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato (e della sua statica), sicché ricade necessariamente fra le parti oggetto di comunione fra i proprietari delle diverse porzioni del fabbricato e resta destinata indifferenziatamente al servizio dello stesso.

In questo caso il principio generale a cui occorre fare riferimento è quello secondo il quale l’assemblea condominiale non può deliberare innovazioni che alterino, di fatto, il decoro architettonico dell’edificio. In generale, costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che, comunque, si rifletta negativamente sull’aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l'edificio.

Qualsiasi innovazione che è tesa ad alterare il decoro architettonico dell’edificio e, quindi, anche della sua facciata è vietata. Come recentemente ha affermato la Cassazione a tale divieto sono soggette, anche, le innovazioni che sono tese al miglioramento dell’efficienza energetica del fabbricato. Significativa a questo riguardo è un’altra decisione assunta dal Tribunale di Milano in merito alla validità di una delibera assembleare con la quale erano stati autorizzati lavori per la posa in opera di un cappotto termico in sostituzione del klinker originario.

Ad avviso del Tribunale di Milano il klinker costituisce una caratteristica di molti fabbricati di Milano, in quanto segno della loro edificazione in una precisa epoca storica. Esso è, dunque, capace di imprimere un particolare tratto distintivo, sotto il profilo estetico, agli edifici ed è tale da conferire agli stessi una specifica idoneità e fisionomia. La sua sostituzione con materiale diverso, per forma e lucentezza, altera il tratto caratteristico originario della facciata. Che va, dunque, protetta.

Per un approfondimento si veda in Studiodetilla.com https://www.studiodetilla.com/superbonus-110/.

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