Economia
Tim, Ita e rete unica: le mille partite di Cassa Depositi e Prestiti
Il "braccio economico" del Mef rimane fondamentale anche per un eventuale governo di centro-destra: che potrebbe decidere di sparigliare le carte
Il ruolo di Vivendi
A proposito di Vivendi, c’è da dire che il gigante francese ha un profilo interessante e poco approfondito. Prima di tutto, è partecipato dall’omologo di Cassa Depositi e Prestiti francese, Caisse Des Dépôts et Consignations, con una quota del 5,35% del capitale. Tanto che in Francia le dichiarazioni pubbliche del management sono dosate con il contagocce. Diversa la situazione in Italia, dove il ceo Arnaud De Puyfontaine è sempre stato molto loquace, soprattutto quando si è trattato di dare un valore alla rete. Solo che il flottante di Tim è oltre il 60% del capitale totale e dichiarazioni in un senso o in un altro hanno un peso. Prova ne sia il rally del 12 agosto scorso, quando l’ex-Sip ha guadagnato oltre il 6%, o il “down” del 16 agosto quando il titolo ha tirato il fiato.
Ci sarebbe quasi da chiedere l’intervento di una qualche authority (Consob su tutte). Ma è evidente come sia cambiata la percezione nei confronti dei francesi. Da nemici giurati della famiglia Berlusconi – e del tessuto economico italiano – oggi invece sono protagonisti di questa complessa stagione. Mantengono formalmente meno del 5% di Mfe, ma la Simon Fiduciaria detiene un pacchetto riconducibile proprio a Vivendi del 18,7%. Secondo gli accordi con l’ex-Mediaset, Vivendi avrebbe dovuto vendere la quota di Simon a un ritmo del 5% all’anno. Si era nel maggio del 2021. Oggi, a distanza di 15 mesi, è stato ceduto circa lo 0,5%.
In tutto questo mare magnum d’informazioni, dunque, rimane da capire che cosa voglia fare un ipotetico governo guidato da Fratelli d’Italia. Intervistato da Affaritaliani.it, Alessio Butti, responsabile di FdI per le telecomunicazioni, ha spiegato chiaramente di volere una rete unica non verticalmente integrata, di fatto rispondendo anche a eventuali perplessità dell’Europa che non approverebbe mai soluzioni differenti. E dunque l’idea che sia Cdp a comprarsi Tim appare difficile da credere, per non dire improbabile. Ma c’è di più: a più riprese FdI ha chiesto di stoppare la trattativa per la cessione di Ita. Perché? Qualcuno ha sostenuto che si volesse fare pressione sulla Cassa affinché rilevi l’ex-Alitalia. Ma non si può, perché da statuto in Via Goito non si possono acquistare aziende in perdita. E Ita lo è stata fino a poco tempo fa. Alcuni rispondono: e allora perché in Saipem è stato deciso di intervenire? Perché formalmente si tratta di un aumento di capitale e non di un investimento.
Infine, in molti si interrogano su quale potrebbe essere il futuro delle aziende partecipate dallo Stato. E i destini di Cdp e del futuro governo tornano a intrecciarsi. Eni, Terna e Poste, infatti, fanno parte del “portafoglio” della Cassa, mentre Leonardo ed Enel no. Ebbene: due dei tre amministratori delegati uscenti che fanno riferimento a Cdp, cioè Claudio Descalzi per Eni e Stefano Donnarumma per Terna hanno presenziato a eventi pubblici organizzati da Fratelli d’Italia. Siamo in Italia, e non sono solo i risultati a parlare. Altrimenti con ogni probabilità nessuno dei manager meriterebbe di essere sollevato dal suo incarico.