Volkswagen, primo rosso dal 1993. Dieselgate, accantonati 16,2 mld - Affaritaliani.it

Economia

Volkswagen, primo rosso dal 1993. Dieselgate, accantonati 16,2 mld

Il governo tedesco ha annunciato il richiamo per 630mila vetture Audi, Volkswagen, Mercedes, Porsche e Opel

Il dieselgate continua a far parlare: da una parte ci sono nuovi sviluppi legati alle indagini del governo tedesco, dall'altra presenta il conto a Volkswagen che chiude il suo primo bilancio annuale in rosso dal 1993.

Il governo tedesco ha annunciato il richiamo per 630mila vetture Audi, Volkswagen, Mercedes, Porsche e Opel, che dovranno "mettere a punto" le emissioni. Il caso è legato ancora una volta ai sistemi di controllo dei modelli diesel, già entrati nel mirino delle autorità negli ultimi mesi, ma che ha coinvolto negli Usa pure il colosso Daimler. In Germania, però, spuntano anche i nomi di altre case automobilistiche europee nell'inchiesta condotta dal ministero tedesco dei trasporti sulle emissioni delle vetture diesel euro 5 ed euro 6: secondo quanto riportato dalle agenzie internazionali, irregolarità sarebbero state riscontrate anche in vetture Fiat e Renault e la lista potrebbe allungarsi anche a Hyundai e Ford.

Nel frattempo, la Volkswagen ha diffuso i dati economici relativi al 2015, che hanno risentito pesantemente della vicenda delle emissioni e portato in ribasso il titolo in Borsa: la casa di Wolfsburg ha chiuso l'anno scorso con una perdita netta di 1,58 miliardi di euro e di conseguenza tagliato il dividendo a 17 centesimi per azione. Il gruppo ha portato gli accantonamenti per lo scandalo delle emissioni a 16,2 miliardi, che si riferiscono sia alle cifre che la casa dovrà versare per riparare i motori sia a quelle che dovrà versare dal punto di vista legale. I ricavi, comunque, sono saliti del 5,4% a 213,3 miliardi, sopra le attese degli analisti, che si aspettavano un fatturato di 211,8 miliardi. Il consiglio di sorveglianza ha in ogni caso congelato il 30% dei bonus per il management tedesco.

La notizia è giunta a poche ore dall'accordo di massima raggiunto tra Volkswagen e le autorità americane sui rimedi previsti per i quasi 600mila veicoli diesel dotati di software "taroccati" da cui è partito Il "dieselgate" .Volkswagen potrebbe aver messo alle spalle la bufera che l'ha travolta nei mesi scorsi. Il marchio ha chiuso un accordo preliminare con autorità ambientale statunitense, lo Stato della California e le associazioni dei consumatori. In vista ci sono compensi "sostanziosi" per i clienti e l'istituzione di un fondo sui problemi ambientali sostenuto finanziariamente dalla stessa casa tedesca. Non solo: i consumatori potranno decidere se restituire l'auto, ottenendo un paziale rimborso, o farsela rimettere in regola dal costruttore. Si parla di un esborso di alcuni miliardi di dollari visto che le auto coinvolte sono circa 600mila.

Intanto, il ministero della Giustizia americano ha chiesto al gruppo tedesco Daimler, il 15 aprile, di "avviare un'indagine interna sulla certificazione delle emissioni" negli States. La casa tedesca, che ha reso pubblico il caso, ha spiegato che l'approfondimento sarà realizzato "di concerto con il ministero. Collaboreremo pienamente con le autorità" hanno aggiunto i vertici della società tedesca. Il direttore finanziario di Daimler ha anche detto che "è troppo presto per poter dire qualcosa sulla durata delle indagini".

Che la tensione nel comparto delle quattro ruote sia alta, in tutti gli angoli del pianeta, è mostrato anche dal coinvolgimento pochi giorni fa di un altro marchio, la Mitsubishi, anche se la presunta manomissione dei sistemi di controllo dell'inquinamento da ossido di azoto non rientra nel caso giapponese. Mitsubishi nelle ultime ore aveva ammesso di aver rivisto in maniera ottimistica i dati sull'inquinamento di alcuni modelli: "Abbiamo fatto impropriamente dei test sulle emissioni e sui consumi di carburante per presentare tassi migliori di quelli attualmente realizzati". Una manipolazione servita per correggere i risultati sullo smog e sui consumi di oltre 600 mila auto che è costata carissimo al colosso giapponese in Borsa nei giorni scorsi.