Spettacoli
Coronavirus, in ginocchio anche il cinema. Crolla il cineturismo
Intervista ad Alberto Contri, past president della Fondazione Pubblicità Progresso
Abbiamo appreso da La Stampa che in Italia si stanno fermando le grandi produzioni cinematografiche internazionali, con attori famosi che scappano per paura del Coronavirus. Alberto Contri, past president della Fondazione Pubblicità Progresso, è stato anche presidente della Lombardia Film Commission, che ha rilanciato con grande successo, al punto che il Corriere della Sera titolò a nove colonne “Miracolo a Milano”. Gli chiediamo quindi cosa pensa di questa notizia.
Mi pare una notizia molto grave. Innanzitutto per l’industria del cinema, che è costituita in gran parte da operatori professionali precari per definizione. Gli stessi produttori avranno grossi problemi, perché le assicurazioni non coprono i giorni di fermo o lo stop alle produzioni. Ma questo problema se ne trascina dietro un altro di più lungo periodo.
Quale?
Esiste un fenomeno, chiamato cineturismo, promosso in particolare proprio dalle Film Commission di tutta Italia. Attirare produzioni sul proprio territorio con servizi e incentivi provoca un notevole ritorno di immagine. Ci sono studi di settore (in particolare quelli del Prof. Richeri dell’Università di Lugano) che spiegano come almeno il 10% degli spettatori di un film vada volentieri a visitare i luoghi dove i loro attori preferiti hanno recitato. Figuriamoci poi se gli attori in questione si comprano pure una villa sul Lago di Como, come George Clooney.
Qualcuno ricorderà il ricco indiano che spese molti milioni di Euro per organizzare il suo matrimonio in Puglia, dopo aver visto un film di Bollywood girato là?
Sappiamo che lei puntò proprio su Bollywood per rilanciare il cinema in Lombardia. In soli due anni, 2012 e 2013, riuscii a fare arrivare 14 produzioni da Bollywood e altre dalla Cina, affascinate da un catalogo con 25.000 immagini di città moderne, borghi antichi, palazzi patrizi, castelli, laghi, campagne, montagne con nevi perenni…tutto tranne il mare. Questo lavoro salvò l’indotto dei noleggi tecnici, delle comparse, del catering e della logistica. Negli anni a seguire arrivarono, come da manuale, moltissimi turisti indiani e cinesi, interessati al Duomo di Milano, alla Galleria del Duomo, al lago di Como, alla piazza di Vigevano eccetera, dove erano stati girati i film. Va detto che per gli indiani il Duomo di Milano ha il fascino esotico che per noi ha il Taj Mahal. Ma se adesso va in giro per il mondo la foto con un soldato con tanto di mitra e mascherina davanti al portale del Duomo, sembrerà che l’Italia non sia un set, ma sia realmente invasa dagli ultracorpi. Ed è comprensibile che attori come Tom Cruise scappino a gambe levate.
Che cosa bisognerebbe fare per recuperare immagine e reputazione? Cosa pensa dell’operazione #Milanononsiferma?
Tutti i più autorevoli opinionisti hanno fatto rilevare che sono stati fatti errori di drammatizzazione, per poi frenare, per poi ri-drammatizzare di nuovo con regole molto severe. Per me questo bollettino quotidiano dei casi di infezione, che non si fa per la solita influenza che causa molti più morti, è un errore. Infatti altri paesi o non dicono nulla o più semplicemente fanno pochi tamponi. Dato che comincia ad essere chiaro che il Coronavirus era in giro da parecchio tempo, aumentando il numero dei tamponi, salirà inevitabilmente il numero degli infetti. Comunque si è capito quanto sia valido un vecchio proverbio piemontese: “Il medico pietoso fa la piaga purulenta”. Prendere misure severe per un mese crea certamente molti problemi economici, ma può rivelarsi la soluzione chiave per ridurre la capacità infettiva del virus. Quanto al video che inneggia ai miracoli quotidiani dei milanesi sempre attivi (#Milanononsiferma) è certamente stato fatto con le migliori intenzioni, ma senza attenzione al contesto, con il quale cozza drammaticamente, perché le nuove norme obbligano Milano e la Lombardia a fermarsi per forza. Quindi, alla fine, una sorta di boomerang.
Che fare allora?
Innanzitutto occorre aspettare che la situazione si calmi e la polvere si posi. Poi attendere l’inevitabile riequilibrio che avverrà quando gli altri paesi diranno la verità. In Germania sanno benissimo che i loro 80.000 casi di influenza anomala sono in buona parte dovuti a Coronavirus, altrimenti non starebbe posponendo le date delle più importanti fiere internazionali. Lo stesso si attende da Parigi, che intanto ha chiuso il Louvre, le maratone e altre manifestazioni pubbliche. Quando si capirà che tutto il mondo è paese, si capirà che chiudere le frontiere non serve granché, se non verso i paesi dove il virus potrebbe esplodere per l’insufficienza o la mancanza di sistemi sanitari efficienti, come l’Iran o l’Africa, come ha paventato la virologa Ilaria Capua.
Se fra tre o quattro mesi la situazione in Italia si sarà calmata, sarebbe davvero il caso di lavorare sull’immagine complessiva del made in Italy, delle bellezze italiane, del turismo e del cineturismo. Ma dovrebbe essere un’operazione accuratamente coordinata, impostata molto bene dal punto di vista strategico, con obiettivi di breve, medio e lungo periodo. Purtroppo la vedo difficile, perché a gestire la comunicazione pubblica vedo in giro purtroppo personaggi che non hanno alle spalle né studi, né esperienza internazionale, né curriculum. Inoltre immagino che si andrà in ordine sparso, come per #Milanononsiferma. Ci vorrebbe un Commissario straordinario per la Comunicazione con un curriculum lungo così. Ma credo che sia un sogno che sa di fantascienza.