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Spettacoli
Mariagiulia Colace: “Più che il teatro, sono le persone la mia passione”
Mariagiulia Colace (ph LucileCorbeille)

L’esperienza è forte. Entrare in uno spazio affascinante come spettatore solo ed essere “indagato” da un robot, quasi una seduta psicanalitica. Sei solo, con la cuffia e il tuo smartphone. Unica compagna è una voce che racconta, che guida, che si confonde con i tuoi pensieri... Stiamo parlando dello spettacolo L’imbarazzo dell’infinito: esperienza per spettatore solo”, realizzato  all’interno dell’ex refrigerante della centrale 3 di Larderello trasformato in spazio scenico da Enel Green Power nel 2017.  Dalle ore 18 in poi, per una settimana, dal 21 al 27 agosto, dieci spettatori al giorno hanno avuto la possibilità, entrando uno alla volta con una cuffia in dotazione, di vivere un’emozione che ha al centro il refrigerante stesso, la sua architettura, la sua circonferenza chiusa di cielo stellato: ognuno solo al centro dell’arena, l'unica compagna sarà una voce che racconta, che lo guida, che si confonde con i propri pensieri. 

L’idea di esperimento teatrale inedito è di Marco Pasquinucci direttore artistico di Officine Papage che, in quest’anno di pandemia e lock down, ha prodotto una riflessione fantascientifica sulla distanza attraverso l’esplorazione del mondo di Isaac Asimov all’interno del Festival delle Colline Geotermiche.

Per capirne di più Affari ha incontrato la drammaturga Mariagiulia Colace che è autrice del testo.

Diplomata in scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Roma,  Mariagiulia ha un curriculum artistico da invidiare: autrice, attrice, illustratrice. Dopo esperimenti di scrittura e performance,contaminati da pittura e scultura si specializza  in Storia della Regia del teatro. Poi completa la sua formazione con un training di recitazione. Come attrice, recita, fra l’altro al Teatro Biondo diretta da Emma Dante, in diversi spettacoli, tra cui ODISSEA A/R e l’ Eracle di Euripide al Teatro Antico di Siracusa. Nel 2018 pubblica il testo teatrale Fortunato si chiama, all’interno della raccolta Aspettando Antigone.

refrigeratore di Lardarello
 

Com'è avvenuto l'incontro con Marco Pasquinucci e le Officine Pagage?

Ho conosciuto Marco e il mondo Papage in occasione del Festival Intransito 2019 di Genova, dove ho partecipato con il testo "Anche i Cori Russi mi consolano" che ho scritto, e interpretato in scena con Mariasilvia Greco e Alessandro Cosentini.

Cosa ti ha affascinato del progetto "L’imbarazzo dell’infinito: esperienza per spettatore solo"? 

Ho scritto il testo dopo che Marco mi ha mostrato il refrigerante di Lardarello. MI disse che immaginava uno spettatore alla volta, in quello spazio, e una voce nella loro testa. Non avevo mai visto uno spazio del genere, e tanto meno scritto qualcosa ad hoc, per uno spazio del genere. Ma ciò che più mi ha affascinato del progetto, sono stati i singoli spettatori, e le loro solitudini. Ogni singola persona ha dettato il ritmo, il respiro, i movimenti, le distanze - la regia potremmo dire - di un testo che ho scritto da sola a casa, pensando alle sensazioni provate in quello spazio. La solitudine dopotutto è una condizione che accomuna tutti, peccato sia impossibile da condividere.

E’ la prima volta che sei autrice?

No. Scrivo e metto in scena soprattutto quello che scrivo. E' stata però la prima volta che ho ricevuto un invito a scrivere su un tema. Un giorno Marco mi ha chiamato ed esordito con "come sta Mariagiulia ad Asimov?". Caso volle che proprio quel giorno avessi comprato IO,ROBOT (ho avuto, anche in seguito, chiare prove della telepatia di Marco). Da lì sono nati i tre progetti "Distanze Possibili".

Lo spettacolo è un'esperienza sensoriale, quasi una seduta psicanalitica con lo spettatore….

Iniziare a parlare al "telefono", creare una prima intimità con lo spettatore e poi gestirla in uno spazio come quello, vuol dire rispettare un equilibrio, attraverso l'ascolto. Quanto posso avvicinarmi? quanto risuona questa domanda? quanto posso guardarlo negli occhi? Le risposte sono state diverse, ma -come vuole l'esempio della tartaruga - tutti, o quasi, hanno cercato un'alternativa per salvare l'animale. Più che una seduta psicanalitica (anche se tra i vari spunti e materiali ci sono proprio gli studi di Paul Ekman - psicologo statunitense specializzato nello studio delle espressioni facciali) è stato quasi un esperimento antropologico. Durante la lettura di Asimov, ho affiancato la lettura di alcuni testi di Antropologia. La domanda che mi ponevo era "come parlare a tutti, parlando a uno?"

Qual è la tua canzone preferita?

Telefonami tra vent'anni di Lucio Dalla. Anche se in quel refrigerante avrei voluto sentire a tutto volume La Follia di Vivaldi.

Continuerai a collaborare con Office Pagage?

Credo e spero di sì. E' stato uno di quegli incontri belli, che definirei "felice".

Storica teatrale, sceneggiatrice, illustratrice ed attrice. In quale veste ti senti più a tuo agio?

Non sono assolutamente storica teatrale, la tesi che ho pubblicato era un tributo al fotografo Maurizio Buscarino. Drammaturgia, performance e illustrazioni sono tre lingue diverse. Come italiano, giapponese e russo. Ci sono alcune volte che serve una particolare parola per descrivere un'idea, un sentimento. Come quel sentimento che inizia con la Z, che si scrive ma Zal, che si pronuncia Jal perchè è Polacco. In Italiano è intraducibile con una parola sola. In polacco bastano tre lettere per descrivere quella malinconia stanca e feroce dovuta a una perdita irrimediabile. L'illustrazione sicuramente è la lingua più antica che conosco. Ho sempre disegnato. Ma per quanto riguarda l'agio, mai provato. Vivo un perenne disagio che provo a lenire balbettando queste tre lingue.

Cosa ti ha insegnato l'esperienza di lavorare con Emma Dante e il suo teatro?

Non è facile riassumere ciò che l'esperienza con Emma mi ha insegnato. La prima cosa che mi è venuta in mente leggendo la domanda è "identità". Prima di incontrare Emma, provai a entrare in varie Accademie. Alla Silvio d'Amico mi fu addirittura detto che non fui presa perchè "ero troppo io". Ecco, credo che per la stessa motivazione Emma mi abbia scelto. Ciò che ho imparato lavorando con lei, e soprattutto vedendola lavorare con gli attori, è la bellezza e l'unicità di ogni singolo corpo. Siamo abituati a pensare per generi, etichette, partiti, nazioni... quando ogni singolo corpo racconta un unico mondo irripetibile. Ho imparato molto altro con lei, ma forse l'eredità più bella è questa, l'identità.

Il teatro è la tua passione ma non hai mai pensato di dedicarti al cinema?

No. Più che il teatro, sono le persone la mia passione. 

 

 

 

Come hai vissuto la profonda crisi del mondo dello spettacolo dovuta all’epidemia?

 L'ho vissuta vedendo sfumare molti progetti e creandone di nuovi. La vivo oggi continuando a farmi domande sul nostro sistema teatrale. Gli effetti dell'epidemia sul mondo dello spettacolo sono stati delle conferme sul malfunzionamento del settore. La crisi non l'ha scatenata l'epidemia, ma anni e anni di viziatura, dove tutti sono responsabili. Il teatro è nato come servizio sociale e culturale, rispondendo ai meccanismi del capitalismo e della produzione contemporanea è diventato un servizio elitario, concesso a pochi. Tutti corrono, tutti producono. Residenze, bandi under 35, tanti debutti e poche tournée. Il processo creativo (e il tempo di cui ha bisogno) è stato sostituito da tempi di consegna di fabbrica. Ma credo sia un riflesso di una piaga ben più grave che spiega benissimo Pia Peranel suo libro quando dice che ormai ci identifichiamo più con gli oggetti che con la natura. Il tempo lento della trasformazione, non è ammesso. Produttività. Produttività. Produttività. E il risultato poi si vede.

Hai vissuto e lavorato un po’ dovunque, qual è il rapporto con Roma e il suo teatro?

Poco e nulla. Sono tornata da un anno nella mia città natale, ma ho comunque continuato a muovermi in giro. Non sono molto radicata nel tessuto romano. Ci sono alcune realtà che prendo come punto di riferimento (per quanto riguarda attività, spettacoli, stimoli, come ad esempio Carrozzerie N.o.t.), ma in generale spero di tornare a vivere a Palermo.

I tuoi prossimi progetti?

Continuo a lavorare come illustratrice (al momento sto lavorando a dei quadri per un'esposizione a Torino e un altro albo illustrato) e sto scrivendo e raccogliendo materiale sul prossimo progetto teatrale con cui sarò in residenza presso le Officine Papage. Sarà un lavoro dedicato alla morte e alle parole che mancano. Secondo la filosofia del Buthan per accedere alla gioia è necessario contemplare la morte cinque volte al giorno. Ecco, mi dedico alla contemplazione. 

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