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Esteri
Nord Corea, azioni possibili degli Usa: cyber-boomerang, omicidio mirato e...
Di Gianni Pardo
 
 
La prima cosa da dire - anche se ormai è inutile - è che il problema della Corea del Nord è divenuto gravissimo perché lo si è troppo a lungo rinviato. Sarebbe stato necessario agire prima, quando la possibilità di una risposta nucleare era ancora assolutamente esclusa. Mai aspettare che il “cattivo” si ravveda. Con Hitler le democrazie hanno già dato, ma a quanto pare “they never learn”, non imparano mai. Così gli Stati Uniti si trovano costretti ad agire nelle condizioni attuali, quali che siano. E di chiunque sia la colpa.
 
In questi mesi al Pentagono si saranno chiesti infinite volte che cosa fare in concreto e questa semplice domanda chissà quanti mal di testa ha già provocato, prima di giungere ad una decisione. Ma una decisione, se pure senza entusiasmo, l’avranno certamente raggiunta,. Semplicemente perché sono stretti nella morsa della necessità. Ne va della loro sicurezza (se non ora, in futuro) e del loro onore. Se un Paese importante come il Giappone non ha l’arma atomica, non è perché non potrebbe farsela, in quattro e quattr’otto, è perché vi ha rinunciato, contentandosi della parola di Washington. E se Washington non la mantenesse, da un lato sarebbe disonorata, dall’altro otterrebbe soltanto una micidiale proliferazione atomica. Col rischio che a qualche demente, una volta o l’altra, scivoli il dito sul grilletto.
 
Di solito si pensa ai rischi che corrono gli Stati Uniti, in questo frangente. E tuttavia, se pure non è sicuro che riescano a neutralizzare le ambizioni atomiche di Pyong Yang, è sicuro che essi possono arrecare immensi danni al regno di Kim Jong-un, mentre lui non può arrecare nessun danno agli States, molto lontani e comunque ben difesi.
 
Dunque le possibili “risposte” nordcoreane hanno molta importanza soltanto per gli altri attori in commedia, in particolare per la Corea del Sud. Ma questa deve rassegnarsi: se il Nord è aggressivo, una volta o l’altra sarà comunque obbligata ad affrontarlo. L’essersi mostrata pacifica per quasi settant’anni non è servito a farlo disarmare.  
 
Dicono che la frontiera sia piena zeppa di cannoni nordcoreani, ma c’è da pensare che, se si cominciasse a sparare, da sud non risponderebbero certo con marce per la pace. È impossibile che, contro un pericolo molto noto, non si siano approntate da tempo serie difese.
 
Seul è comunque in serio pericolo, perché è relativamente vicina alla frontiera, ma Pyong Yang e gli altri centri del Nord non potrebbero per questo star tranquilli: l’aviazione americana non teme né la distanza né la difesa nordcoreana, e volendo può fare tabula rasa dell’intero Paese, con bombe convenzionali. In Europa nessun vecchio ha dimenticato i bombardamenti degli americani. La Francia era loro alleata, e tuttavia dopo la guerra è stato necessario ricostruire da zero Brest e Lorient, fino a tracciare nuove strade urbane sulle macerie.
 
I primi provvedimenti degli americani sono comunque difensivi. Poco a sud di Seul un mega radar Thaad (“Terminal High Altitude Area Defense”) ha già provocato le proteste (inascoltate) della Cina, perché quell’installazione è talmente potente da sorvegliare anche il cielo cinese. In secondo luogo, la tecnica di intercettazione è molto progredita, e dunque non è impossibile che un eventuale missile, atomico o no, sia distrutto in volo. È vero che il preavviso sarebbe minimo (Seul è a circa quaranta chilometri dalla frontiera), ma sappiamo che  la tecnica Israeliana “Iron Dome” è capace di intercettare missili anche con una manciata di secondi di preavviso. E gli americani sicuramente non saranno da meno.
 
Infine – arma da fantascienza ma non inverosimile – si parla anche di cyber-boomerang. In altre parole, i nordcoreani potrebbero far partire un missile atomico e gli americani potrebbero modificare elettronicamente il programma di volo del missile, in modo da farlo tornare indietro e farlo scoppiare sul mittente. Ovviamente non si parla di attacchi aerei nordcoreani, perché la superiorità americana in questo campo è indiscussa.
 
Per quanto riguarda l’attività “aggressiva”, intesa a raggiungere il risultato voluto, si può star certi che la semplice minaccia non sarà sufficiente. È caratteristica delle dittature non dare importanza alla sopravvivenza del popolo. Per quanto il Paese possa essere ridotto ad un cumulo di rovine, un Hitler o un Kim Jong-un, nel loro bunker, possono ancora vivere nel lusso e nella sicurezza.
 
La seconda opzione sono i bombardamenti, ma questi sono esattamente ciò che si aspetta Pyong Yang, sicché le installazioni più importanti saranno tutte nel ventre delle montagne. Nessuna bomba, per quanto potente, potrà mai penetrarvi. Il punto debole dei nascondigli rimane però l’accesso a quelle caverne. Una grande bomba può farlo rovinare e seriamente ostruire. Naturalmente, tutto ciò richiede un accurato e affidabile lavoro di intelligence, in modo da localizzarlo esattamente. E non è detto che sia facile.
 
Un’altra opzione è l’intervento di massicci commando, bene informati, capaci di conquistare manu militari tutti i siti segnalati e distruggerli. I commando sarebbero eventualmente sostenuti dall’esercito vero e proprio, il quale distruggerebbe tutte le forze militari nordcoreane che tentassero di resistere. Si tratterebbe di una vera guerra intrapresa non in vista della conquista del Paese, ché anzi non riguarderebbe nemmeno l’intero territorio, ma soltanto per “dargli una lezione” ed  attuare quella “pulizia atomica” che è lo scopo di tutto il raid.
 
Visto che siamo in Asia, e qualcuno potrebbe ricordare il Vietnam, va subito detto che nessun paragone è possibile. Qui non siamo nella giungla, siamo in un terreno in cui la forza militare americana ha la possibilità di dispiegare tutta la sua potenza. Come si è visto in Iraq.
 
Un’altra ipotesi che è stata ventilata è quella dell’“omicidio mirato”, eliminando Kim Jong-un, ma se dovesse essere vero che chi comanda è un’oligarchia e non quell’uomo, una simile azione non sarebbe risolutiva. Inoltre essa avrebbe cattiva stampa. Il mondo è forse disposto a sopportare l’omicidio di un certificato terrorista, ma l’eliminazione fisica di un Capo di Stato estero sarebbe più difficile da digerire. Probabilmente questa ipotesi farà parte di quelle escluse.
 
Comunque, dal momento che si è parlato di guerra, probabilmente gli Stati Uniti avranno interesse a proclamare alto e forte che si sta per attuare un’azione temporanea, di scopo limitato, col minimo costo economico ed umano, nell’interesse della sicurezza del mondo. Una piccola guerra  che però cambierebbe la prospettiva storica.
 
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