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Esteri
Coronavirus, USA raddoppiati i morti per droga nei lunghi mesi del lockdown

Sono raddoppiate negli Stati Uniti le morti per overdose da droga nei mesi del lockdown. L’inquietante rilevazione è emersa dai dati raccolti da 'The Washington Post’ nei distretti di polizia e negli ambulatori di 35 dei 52 Stati dell’Unione.

4.328704 sono ad oggi i casi di contagio in America con una cifra di morti ormai vicinissima alle 150000 unità. 

Fino ad ora si era sempre parlato dei cluster colpiti direttamente dal virus, senior e non, nella maggior parte affetti da diverse patologie quali diabete, obesità e affezioni cardiocircolatorie, ma mai fino ad ora si erano evidenziate morti indirette.

Per quanto riguarda infatti la droga si è notato che le morti per overdose nel Paese , che negli ultimi 18 mesi erano in costante diminuzione, hanno fatto registrare una brusca inversione di tendenza arrivando ad eguagliare le morti di un anno in meno di sei mesi. Praticamente un raddoppio della mortalità.

 

Molte sono le cause individuate dagli specialisti.

L'isolamento sociale prolungato e la maggiore vulnerabilità allo stress. 

In persone fragili sul piano relazionale ed esistenziale come i dipendenti da droghe, questo fattore ha sicuramente amplificato sia gli elementi di malessere, favorendo pensieri autodistruttivi, sia la sensazione euforica di non avere più controlli. 

La crisi economica conseguente al lockdown. 

Dalle statistiche americane precedenti la pandemia si ricava che ogni 1% in più di disoccupazione porta il 3% in più di morti per overdose da oppioidi. Si tende a pensare quindi alla droga come a un problema personale ma, se le morti per overdose aumentano durante le situazioni di crisi occupazionale, alcuni ricercatori ravvisano in questo aumento un problema di sistema. La rapidità, la globalità, l’imprevedibilità della crisi, lo sconvolgimento delle abitudini di vita, la sorpresa, il disorientamento, l’incertezza e la confusione delle istituzioni accentuano il senso di solitudine dei cittadini, l’angoscia di doversela cavare da soli, la disperazione che nessuno interverrà per portare un aiuto. E per la verità il primo pensiero sugli aiuti riguarda l’alimentazione che, in USA, non sembra essere proprio mancata, mentre per quanto riguarda l’assistenza psicologica a certe categorie probabilmente non si è ancora riusciti ad attivare meccanismi di sostegno.

La contrazione dei servizi aperti. 

La ricerca di soluzioni di contenimento o di cura del COVID-19 ha portato a scelte drastiche. Come altri servizi aperti al pubblico (ristoranti, cinema, negozi), anche i servizi sanitari hanno ridotto la loro accessibilità: i pazienti in cura per la dipendenza hanno visto rallentare le visite, i controlli, gli interventi in genere. Tutte le visite sono state ridotte e soprattutto venivano organizzate soltanto su preregistrazione via mail.

La delega al paziente di funzioni di autocontrollo. 

Una maggiore distanza dai pazienti e le maggiori difficoltà di spostamento e accesso ai servizi, hanno necessariamente comportato minori controlli sulla adesione alla terapia. Nel caso della terapia sostitutiva con metadone o buprenorfina, ha portato ad aumentare la pratica dell’affido del farmaco ai pazienti, anche per lunghi periodi (la Legge lo permette fino a 30 giorni), riducendo le somministrazioni di persona e i controlli sanitari. Inevitabilmente, la consegna di significativi quantitativi di prodotto a pazienti in cura per la tossicodipendenza crea “occasioni” di misuso e diversione, cioè di uso improprio o ancor peggio di cessione ad altri, ovviamente illegale, delle proprie dosi per soldi.

La grande flessibilità del mercato di spaccio, con innovazioni nei sistemi di vendita e consegna. 

Il narcotrafffico e lo spaccio al dettaglio hanno dimostrato inventiva, flessibilità, capacità di innovazione, rapidità di decisione e azione, capacità organizzative, penetrazione informativa, attaccamento al cliente. Inoltre: ampliamento e differenziazione dell’offerta di prodotti, non conosciuti ai più. Ovviamente, la sperimentazione di nuovi prodotti presenta dei rischi per i consumatori, che per inesperienza o perché non hanno informazioni attendibili, ma solo promozionali, possono andare incontro a conseguenze molto negative, tra cui l’overdose e la morte.

Un qualcosa di molto simile potrebbe essere successa anche in Italia. 

La situazione epidemiologica sarà nota nella sua completezza solo a fine anno ma i dati disponibili, che riguardano alcuni osservatori regionali, vanno nella stessa direzione.

Comunque si sviluppi il 2020 nel suo complesso, i mesi coincidenti con la pandemia e il lockdown hanno ormai una connotazione precisa: la crisi provocata dal COVID-19 ha portato a una grave crisi anche per quello che riguarda i processi di cura e prevenzione delle dipendenze.

"La drammatica esperienza americana – dice Emanuele Bignamini, membro del Comitato Scientifico di IEuD – deve insegnarci a riflettere con la giusta preoccupazione sulle possibili conseguenze anche in Italia dell'epidemia di COVID-19 sulle overdose da droga. Il caso recente dei due ragazzi di 15 e 16 anni di Terni, morti per probabile overdose da metadone, segnala l'importanza di investire in politiche sanitarie cogliendo anche l'occasione della disponibilità di innovative soluzioni legate al controllo digitale della salute".

 

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