Esteri

Israele, Houti e Mar Rosso: che cosa c'è dietro gli attacchi filo iraniani

di Enrico Verga

Nelle ultime settimane sono differenti le navi cargo dirette verso Israele colpite da forze Houti. Motivazioni, cause ed effetti: ecco il punto

"Gli Houti sciiti sono cattivi e filo iraniani". L'analisi 

Nelle ultime settimane sono differenti le navi cargo dirette verso Israele, o possedute da aziende riconducibili a cittadini israeliani, che sono state assalite o colpite da forze Houthi presso lo stretto braccio di oceano che passa per Djibouti. Ovviamente lo scenario che si para di fronte a noi rischia di degenerare in un rallentamento del commercio navale che vede nello stretto di Djibouti, un passaggio fondamentale da e per il mediterraneo e l’Indian Ocean Region. Tuttavia quello che non si dice è che gli Houthi non sono nati ieri ma sono un fenomeno radicato nei 15 anni di guerra civile Yemenita dimenticata, dove agli attacchi Houthi si alternano le violente repressioni e stragi dell’esercito (invasore?) saudita. Facciamo il punto per comprendere cose c’è in ballo.

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Ecco chi sono gli Houthi

A luglio 2014 lo Yemen era composto da una popolazione di religione sunnita (il 64% circa) e sciita (il 35% circa). Il governo era filo sunnita e filo americano. Molto spesso i governi medio orientali sunniti sono filo americani: dalla monarchia assoluta saudita in poi. Le popolazioni di religione sciita fanno riferimento, come grande fratello, all’Iran che è una repubblica sciita (la più importante per popolazione nel mondo). La popolazione yemenita viveva allora sotto un governo “familiare”: il leader politico dell’epoca aveva distribuito la sua famiglia in tutti i ruoli chiave. La leadership dell’epoca, essendo filo americana, era anche aperta a promuovere di riforme liberali suggerite dal International Monetary Fund. Il FMI aveva vincolato il blocco di aiuti finanziari alla liberalizzazione di differenti settori dell’economia e, aspetto vitale, alla riduzione di sussidi per le fasce di popolazione più povere. Il 30 luglio il governo yemenita annuncia la rimozione dei sussidi al carburante per veicoli a combustione interna. In una nazione così povera è uno tsunami. Ad agosto 2014 gli Houthi promuovono proteste di massa. Il governo non prende bene la cosa, opponendosi in modo fermo (e violento) alle proteste, manifestazione della democrazia. Gli Houthi prendono il controllo della capitale Sanaa e nel settembre del 2014 viene creato un governo di unità nazionale. Hadi, il deposto leader sunnita chiese aiuto al “grande fratello sunnita” dell’area, l’Arabia Saudita. Quest’ultima non si fa scappare l’occasione di mostrare i muscoli in un conflitto percepito come facile, a cui si aggiunge l’opportunità di mettere le mani sul petrolio dell’area. Da allora la guerra civile è continuata, tra la completa indifferenza della stampa occidentale che evita di parlare di un tema scomodo: gli Usa sono pro Saudi Arabia e la monarchia assoluta è di recente divenuta particolarmente attiva nelle pubbliche relazioni, riuscendo a farsi definire dal suo lobbysta e politici italiano Matteo Renzi “il rinascimento mediorientale”.

La pax cinese e gli Houthi

Nella nazione oggi si fronteggiano le milizie Houthi finanziate dall’Iran e le milizie sunnite dall’Arabia Saudita. Di fatto la guerra civile in Yemen si è trasformata in una guerra proxy (non dissimile dall’Ucraina) tra Iran e Saudi Arabia: i due elefanti dell’area, che si confrontano su differenti scenari da decenni.

Negli ultimi anni tuttavia qualcosa è cambiato. A partire dal 2022-23 la Cina, grande compratore di energie fossili, ha promosso una tregua tra i due attori islamici. Per quanto il termine pace sia esagerato, è un fatto che la Cina, con il semplice interesse di avere accesso al petrolio e il gas prodotto nell’area, ha promosso questo riavvicinamento per ridurre i costi delle materie prime che importa.

Questa scelta del dragone ha delle ricadute negli equilibri regionali. Vi sono tre fronti di guerre proxy Saudi Vs Iran: Yemen, Siria e Iraq. Tutti queste tre aree vedono anche la presenza degli Usa che supportano i Saudi o qualunque altra fazione che si oppone agli iraniani.

Con la pax cinese le milizie supportate dall’Iran (Hezbollah, Houthi e governi regolare iracheno e siriano) hanno cominciato a decrescere le ostilità contro le milizie filo saudite. È indicativo di questa tregua il fatto che, allo stato attuale, scarse sono state le proteste dei paesi del golfo (sunniti filo americani), verso le operazioni degli Houthi contro le navi dirette verso Israele. A questo si aggiunga che ormai da un anno, da quando la Cina ha promosso questa pace Iran Saudi, gli Houthi e i saudi stanno tentando di trovare un accordo di pace.

La coalizione anti pirateria

Gli Usa hanno promosso una grande coalizione anti pirateria, sulla falsa riga del precedente progetto, nella stessa area, contro i pirati somali. L’area di Djibouti, che guarda lo specchio di acqua che divide Yemen e Africa, è già altamente presidiata da numerosi eserciti, compresi noi italiani. Nel microscopico stato africano ha sede anche una grande base americana di recente divenuta vicina di casa di una equivalente base cinese. I cinesi tra l’altro han anche ricostruito il porto commerciale, Doraleh, rendendolo uno dei punti cardine della politica commercial nell’oceano indiano cinese.

Il progetto della nuova coalizione anti pirateria, a guida americana, al momento non appare avere grande successo. Gli Usa han schierato due portaerei, e relative unità, nell’area, abbattendo con successo differenti vettori aerei lanciati dagli Houthi. Tuttavia i paesi mediorientali nicchiano e si tengono lontani da questa alleanza. Le nazioni occidentali europee hanno accettato con riserve, timorosi di inimicarsi gli Houthi che, con la loro posizione strategica, potrebbero danneggiare navi battenti bandiera di nazioni europee.

Guerre economiche, la rivoluzione

Un ultimo aspetto che dovrebbe essere considerato in questo conflitto asimmetrico è quello economico. Il danno che gli Houthi stanno provocando alle compagnie navali è al momento modesto, ma può essere amplificato dalla speculazione finanziaria occidentale (un poco come accadde nei 2022 con il gas e la crisi ucraina, dove vi furono speculazioni da parte di broker e realtà finanziaria occidentali).

Tuttavia il vero game changer in questo conflitto sono i costi di aggressione versus quelli di difesa. La pirateria marittima è già di per sé un fenomeno a costo ridotto: qualche barca veloce, mitragliatori leggeri come gli Ak47 e qualche vecchio Rpg dell’epoca sovietica. L’evoluzione tecnologica degli attacchi Houthi, con missili e droni, pur se più moderna resta estremamente economica e, quindi, accessibile per eserciti irregolari quali quello yemenita.

I droni Houthi che sono stati abbattuti dalle navi da guerra americane costavano circa 2000$ di assemblaggio contro i circa 2$ milioni di valore dei missili americani intercettori. A questo si aggiunga che le postazioni di lancio di droni e missili houthi sono mobili e facilmente camuffabili: un bombardamento tattico americano risulterebbe difficile ed economicamente dispendioso. Si stima che gli Usa abbiano abbattuto poco meno di 50 droni e missili houthi negli ultimi 2 mesi, per prevenire danni a navi civili. Approssimativamente si parla di circa 100 milioni di investimento. Una cifra che il Pentagono può tranquillamente assorbire ma pur sempre una cifra rilevante se consideriamo che si aggiunge ai costi di movimentazione delle navi americane. Lo scenario di un Pentagono sempre più dedicato a intercettare armi tecnologiche ma economiche diviene sempre più un tema di dibattito in seno alle think tank americane. Il caso Houthi è solo l’ultimo esempio di una tendenza bellica in aumento.

A questo tema si associa anche le tattiche avanzate, pur se relativamente economiche, con cui gli Houthi, sembra aiutati dagli iraniani, stanno intercettando le navi. Gli houthi tracciano le navi grazie al Automated Tracking System (AIS) AIS è un Sistema automatico installato nel 90% delle navi commerciali del mondo, e riporta il nome del vascello, locazione, posizione, rotta e velocità. Con questi dati gli houthi sono in grado di comprendere che bandiera batte questo vascello e la sua rotta (da o per Israele, essendo questo il bersaglio degli yemeniti. Il sistema è obbligatorio secondo il International Convention for the Safety of Life at Sea o SOLAS. 

Non è chiaro come verrà terminato il pericolo houthi nell’area. Il recente attacco di un cargo al largo delle coste indiane conferma la capacità degli houthi di colpire bersagli a grandi distanze, rendendo necessario per la coalizione anti pirateria a guida americana, la necessità di dislocare numerose navi e sistemi di rilevamento nell’intero Oceano Indiano, un’area dove passa la gran parte del traffico navale commerciale mondiale (di cui una parte entra poi nel maro rosso diretto in Europa via Suez). Con l’attuale “neutralità” dei paesi medio orientali esiste il rischio che le attività houthi si inaspriscano e, sino alle elezioni del prossimo presidente americano, queste operazioni continuino a fiorire. Dopo tutto anche Isis vide il suo momento di maggior fervore durante il passaggio di consegne da Obama al nuovo presidente (2016).