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Esteri
Guerra Ucraina, Cina e India ora parlano di "aggressione": Putin traballa?

La Cina vota sì a una risoluzione che parla di "aggressione" russa all'Ucraina

"Aggressione". Per la prima volta la Cina vota sì a una risoluzione delle Nazioni Unite che descrive così la cosiddetta "operazione militare speciale" della Russia in Ucraina, avviata il 24 febbraio 2022. L'Assemblea generale dell'Onu ha infatti adottato una risoluzione sulla "Cooperazione tra le Nazioni Unite e il Consiglio d'Europa" con 122 voti, tra cui quello della Cina. Anche diversi altri Paesi "amici della Russia", come Kazakistan, Armenia, India e Brasile, hanno votato a favore.

In particolare, il documento fa riferimento alle "sfide senza precedenti" che l'Europa si trova ad affrontare dopo l'aggressione russa all'Ucraina, e prima ancora alla Georgia, e chiede di "risarcire" i danni subiti dalle vittime dell'aggressione di Mosca. Una mossa inedita e significativa, anche se allo stesso tempo, secondo il servizio russo di Radio Liberty, la guerra della Russia contro l'Ucraina non è l'argomento principale della risoluzione, quindi non è chiaro se il voto della Cina rappresenti un cambiamento nella posizione di Pechino riguardo alla guerra della Russia contro l'Ucraina.

Vladimir Putin appare sempre più solo, visto che a votare "no" sono rimasti, oltre alla Russia, solo Bielorussia, Nicaragua, Siria e Corea del Nord. La mossa cinese arriva peraltro pochi giorni dopo che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha avuto il suo primo colloquio con il leader cinese Xi Jinping dall'inizio dell'invasione. Lo stesso giorno, Zelensky ha nominato l'ex ministro dell'Industria strategica, Pavlo Ryabikin, nuovo ambasciatore dell'Ucraina in Cina.

Che cosa significa il voto della Cina

In precedenza la Cina si era astenuta dalle risoluzioni che riguardavano la guerra in Ucraina, per cui il voto favorevole è davvero una novità. Ma, come detto prima l'Ucraina è marginale all'interno della risoluzione, che comunque non condanna l'aggressione russa, ma si limita a "riconoscere" che essa ha creato "sfide senza precedenti".

Sergey Radchenko, storico di nascita sovietica, interpreta così la mossa cinese. "Pechino sta cercando di apparire più neutrale nel conflitto di quanto non sia in realtà", come dimostra anche la chiamata Xi/Zelensky. In secondo luogo, prosegue Rachenko, "questo è un chiaro promemoria per Mosca che ha pochissima influenza sulla Cina e che deve sostanzialmente ingoiare ciò che le viene dato in pasto".

D'altronde, la Cina vorrebbe congelare il conflitto con un cessate il fuoco che consenta alla Russia di non vincere ma nemmeno di perdere. Una Russia indebolita ma non troppo e sempre più dipendente nei confronti di Pechino è un vantaggio difficile da trascurare per la Repubblica Popolare. Che però allo stesso tempo, proprio grazie all'accresciuta dipendenza del "fratello maggiore" dell'epoca della guerra fredda ora diventato "fratello minore", può permettersi mosse più audaci per dimostrare la sua presunta neutralità all'uditorio europeo, al quale la Cina ha mostrato di recente di tenere molto.

Un uditorio che aveva peraltro bisogno di rassicurazioni dopo che le dichiarazioni alla tv francese dell'ambasciatore cinese in Francia, Lu Shaye, avevano messo in dubbio lo status dei paesi post-sovietici. La telefonata Xi-Zelensky e il voto sulla risoluzione Onu fanno dunque parte di questo sforzo, così come il summit fissato a Xi'an, antica capitale della Via della Seta, tra i leader della Cina e delle 5 repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale.

Con la Russia impantanata nel conflitto, Pechino guadagna spazio diplomatico e si proietta come garante di stabilità. E più Mosca è dipendente dalla Cina e meno può eccepire.

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