Esteri
Il tour europeo di Abiy Ahmed: diplomazia e ombre di guerra
Tra Parigi, Roma e Vaticano, il premier etiopico cerca sostegno politico e finanziario in vista di una possibile nuova guerra contro l’Eritrea

Il primo ministro d'Etiopia Abiy Ahmed con Giorgia Meloni

Il primo ministro d'Etiopia Abiy Ahmed incontra Pietro Salini Ceo Webuild

Parigi, il presidente Emmanuel Macron con Il primo ministro d'Etiopia Abiy Ahmed

Il primo ministro d'Etiopia Abiy Ahmed incontra Giorgia Meloni
In patria, la crisi economica e la repressione alimentano l’opposizione al governo
Il 22 maggio scorso il presidente francese Emmanuel Macron ha ricevuto a Parigi il premier etiopico Abiy Ahmed. Una visita quasi improvvisa, successiva a quella del 21 dicembre 2024 ad Addis Abeba, con l’obiettivo dichiarato di rinsaldare i rapporti bilaterali, fondati su un’amicizia strategica. Le conversazioni tra Abiy e Macron sono state “costruttive”, scrive il premier etiopico sui social. Macron, dal canto suo, afferma su X che la Francia vede nell’Etiopia un futuro “prospero e pacifico”.
La Francia, tuttavia, non è stata l’unica tappa europea del tour di maggio.
Qualche giorno dopo il primo ministro è volato a Roma, per incontrare la premier Giorgia Meloni e Papa Leone XIV. Ha invece rinunciato alla tappa inglese. A Londra, infatti, la diaspora etiopica era scesa in piazza, contro una sua possibile visita, denunciando le stragi in atto nella regione Amhara e gli arresti ad Addis Abeba di parlamentari e oppositori.
Ufficialmente lo scopo del viaggio europeo era quello di attrarre nuovi investimenti in Etiopia. In realtà Abiy punta ad assicurarsi il sostegno politico dell’Unione Europea. La Francia potrebbe convincere il partner tedesco, mentre la premier Meloni, potrebbe mediare con i governi europei più conservatori.
I media italiani, che secondo dati recenti dedicano uno scarso 14% dello spazio informativo all’Africa Orientale, hanno ignorato l’arrivo del premier etiopico, eccezion fatta per le agenzie di stampa. Diversamente, Augustine Passilly, corrispondente francese da Addis Abeba, ha pubblicato su Le Point un’analisi del viaggio, riportando anche fonti utili a comprenderne gli scopi più profondi, oltre a quelli apparenti.
“L’elemento principale di questo tour”, dice Mahdì Labzaè, ricercatore del CNRS, Centre national de la recherche scientifique, ed esperto di Africa, “era sondare la reazione dei paesi alleati in caso di una nuova guerra contro l’Eritrea. Inoltre, il regime, sull’orlo della bancarotta, è alla disperata ricerca di finanziamenti”.
La crisi economica è profonda. I 265 milioni di dollari, che il Fondo Monetario Internazionale dovrebbe dare all’Etiopia a fine giugno, non basteranno a risollevare un paese dove, secondo un recente rapporto interno, il 26% dei 130 milioni di abitanti, vive in condizioni di povertà estrema.
In un momento in cui l’economia crolla e il consenso interno è azzerato, Abiy sembra voler spostare l’attenzione su un obiettivo esterno: l’Eritrea.
Dopo il colonialismo italiano, terminati gli anni di federazione e annessione all’Etiopia, nel 1991 l’Eritrea conquista l’indipendenza. Dal 1998 al 2000 è però ancora guerra tra i due paesi e i successivi accordi di Algeri non porteranno una vera pace, piuttosto una “non guerra”. Sarà solo con l’arrivo del premier Abiy nel 2018 che riprenderà il dialogo, entrato nuovamente in crisi dopo l’Accordo di Pretoria tra governo etiopico e Tigray.
Ora il premier Abiy chiede all’Eritrea di stabilire ad Assab un porto commerciale e, soprattutto, una base navale. Definendo “errore storico” la perdita di tale porto dopo l’indipendenza eritrea.
In realtà l’Eritrea non ha mai negato l’accesso ai porti di Massawa e Assab per attività commerciali. Quanto all’appartenenza storica, i porti non sono mai stati etiopici, se non durante gli anni di federazione, annessione e occupazione militare. L’Eritrea indipendente ha riconquistato il territorio, delimitato dai confini ex coloniali che comprendevano i porti.
L’idea che un grande Paese debba avere un accesso al mare potrebbe però trovare orecchie attente in Europa, anche se finora nessun leader europeo ha sostenuto apertamente tale posizione. Tuttavia, dalle tappe del viaggio di Abiy traspare la volontà di ottenere appoggio nel caso di guerra contro l’Eritrea.
A rassicurare il premier Abiy sembrano essere stati i toni amichevoli della Francia. Macron non gli ha fatto mancare sorrisi e strette di mano, nonostante le accuse di gravi violazioni dei diritti umani nelle regioni Amhara e Oromo.
Un’altra leva su cui Abiy cerca di far presa è il suo impegno a rispettare l’Accordo di Pretoria (2022), firmato dopo due anni di guerra tra il governo etiopico (sostenuto anche dall’Eritrea) e il TPLF. Oggi però il Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray è diviso e l’ala, guidata da Debretsion Gebremichael, si è avvicinata all’Eritrea, temendo proprio la possibilità di una nuova guerra scatenata da Abiy.
Oltre alla via diplomatica Abiy cerca anche il sostegno militare dalla Turchia, che già ha fornito droni impiegati nei bombardamenti nella regione Amhara e dagli Emirati Arabi Uniti, che potrebbero supportarlo in caso di guerra contro l’Eritrea.
Secondo fonti interne negli ultimi mesi truppe etiopiche si sarebbero ammassate lungo il confine eritreo.
Di Europa parla anche Desta Tilahum, segretaria generale del Partito Rivoluzionario del Popolo Etiopico che dice: “Abbiamo bisogno di relazioni diplomatiche con l’Unione Europea, ma devono andare a beneficio della gente, non di un solo leader. I politici europei devono sapere che in Etiopia si muore ogni giorno di fame, conflitti interni, inflazione. I bambini non vanno a scuola, i giovani sono costretti a combattere. Mai visto un tale caos. Se l’Etiopia collassa il mondo ne subirà le conseguenze”.
L’opposizione, spesso silenziata o repressa, teme che il viaggio in Europa di Abiy sia servito a raccogliere nuovi fondi, non per alleviare la crisi, ma per completare progetti di lusso e rafforzare il potere del governo. A Roma il premier ha incontrato anche Pietro Salini, Ceo di Webuild, impresa di costruzioni, che dovrebbe completare la Grande Diga del Rinascimento, Gerd, ma che aveva lamentato ritardi nei pagamenti.
Intanto, a metà maggio, in Etiopia è scoppiato un massiccio sciopero del personale sanitario, per protestare contro le pessime condizioni lavorative e i bassi salari. Scioperi seguiti dalla repressione, con centinaia di arresti, come riportato da Amnesty International.
Il tour di Abiy si è concluso in Vaticano, con l’incontro con Papa Leone XIV. Sui social il premier ha ringraziato per la “calorosa accoglienza” e per il comune impegno per la pace globale. Un messaggio che suona ambivalente, alla vigilia di un possibile nuovo conflitto con l’Eritrea, temuto da molti.