Julis, cuore dei drusi in Israele: tra fede, identità e la lotta contro il genocidio in Siria - Affaritaliani.it

Esteri

Ultimo aggiornamento: 11:00

Julis, cuore dei drusi in Israele: tra fede, identità e la lotta contro il genocidio in Siria

A luglio grazie agli interventi aerei israeliani e al coraggio dei drusi d’Israele, i drusi siriani sono stati salvati da un vero tentativo genocida

di Alessandro Bertoldi

Julis, il villaggio druso in Israele: la comunità araba non musulmana fedele allo Stato ebraico, perseguitata dai jihadisti in Siria e salvata dal sostegno israeliano

Sono stato a Julis, in Israele, dove vivono quasi soltanto drusi, la minoranza araba non musulmana e non cristiana che conta 150.000 persone. Julis é sopratutto il luogo dove vive il loro leader Sheikh Muwaffaq Tarif e dove ha vissuto suo nonno prima di lui, il loro quartier generale. La loro presenza nella zona é storica, anche se originariamente provengono quasi tutti dalle montagne siriane confinanti con Israele. Oggi la maggior parte di loro vive in Libano e Siria, Israele e pochi in Giordania, in totale sono stimati tra un milione e mezzo e due milioni di persone al mondo.

L’unico Paese dove si sentono totalmente liberi e sicuri é Israele, che con orgoglio ricordano di aver contribuito a fondare, ma anche in Libano e Giordania vivono in buone condizioni. I drusi sono l’unica minoranza che sin dalla fondazione d’Israele nel ‘48 svolge la leva militare (donne escluse), partecipa alla vita sociale e politica d’Israele come gli ebrei, pur essendo una comunità conservatrice e introversa, sono molto aperti al dialogo e a stringere alleanze con altri gruppi. Alcuni di loro hanno fatto carriera in politica, nell’esercito o avviato attività economiche rilevanti; se si chiede di loro a Gerusalemme, i commenti sono sempre gli stessi: “sono fortissimi, sono i migliori, sono nostri fratelli”.

I drusi sono gli unici di cui gli ebrei si fidano veramente, specialmente sul campo di battaglia, sono infatti leali e affidabili. Forse perché credono nella reincarnazione e quindi la loro anima non muore mai, anche dopo la morte si sposta in un altro corpo, non hanno paura di morire e la devono preservare al meglio, conducendo buone azioni in ognuna delle loro vite. Sono fieri di essere israeliani, vivono al nord i mezzo ad ebrei, arabi cristiani e musulmani senza mai creare problemi o disordini, passando per i loro villaggi sventolano ovunque le due bandiere in cui si riconoscono: quella con la stella di David e quella della comunità, colorata.

Comprendono gli altri e cercano sempre la mediazione, in ogni Paese dove vivono le loro comunità non ha quasi mai avuto problemi con lo Stato ed ha sempre rispettato il potere esistente. Nei loro mille anni di storia sono stati spesso perseguitati, come gli ebrei sempre dai musulmani radicali che non sopportano possano esistere altre religioni nella regione, tantomeno tollerano l’esistenza di arabi non musulmani. I drusi dopo il 12 luglio scorso non fanno che parlare di guerra, politica e geopolitica.

Sopratutto perché raccontano il massacro dei drusi siriani iniziato proprio quel giorno, a Sweida e nelle cittadine circostanti in Siria, verso il confine con Israele in particolare, dove quasi 2 mila persone sono state uccise dagli jihadisti con una brutalità che ricorda l’attacco del 7 ottobre, nel raccontarlo mostrano immagini di donne e bambini squartati vivi. In particolare ho visto con i miei occhi il video di un terrorista che sorridente apre in verticale il tronco di una persona viva, esattamente come si squarta un capretto ed estrae il cuore a mani nude per prenderlo a morsi.

Cosa c’è di più barbaro e brutale? Come si può concepire una cosa simile? È la fantasia dell’orrore, dei macellai del male, la stessa che il 7 ottobre 2023 ha ispirato Hamas, i quali miliziani hanno messo nei forni micronde i bambini, stuprato le madri mentre guardavano i figli morire, prima di averle squartate vive. Esistono anche immagini di spine dorsali estratte dai corpi e trovate accatastate in un kibbutz. Mentre io guardo queste immagini mi si chiude lo stomaco, i drusi che le hanno già viste troppe volte girano il capo per non vederle più.

L’attacco é stato perpetrato dalle milizie governative in Siria, vicine al nuovo presidente al-Sharaa, quello che ha cambiato abiti e nome (prima era al-Jolani) per farsi riconoscere dalla Comunità internazionale quale leader legittimo, tentando di cancellare il suo passato di sangue. Trump di lui ha detto che “è un bravo ragazzo”, lo stesso però é stato il capo dei terroristi islamici dell’Isis e oggi é riuscito a far dimenticare, quasi a tutti, chi fosse. Ho chiesto agli amici drusi, in particolare a uno di loro, un Generale riservista nell’IDF, perché le truppe siriane avrebbero deciso di colpirli proprio ora, visto che questo attacco strategicamente stride con le apparenti intenzioni di farsi accettare dall’Occidente quale nuova leadership siriana. Lui mi ha risposto chiaramente: “infatti non ha senso, ma gli islamisti quando sono o si sentono forti provano sempre ad affermarsi con azioni violente, per sottomettere le minoranze, per dimostrare al loro interno chi ha il potere e capire fino a dove possono spingersi”.

Così come ha fatto Hamas il 7 ottobre hanno fatto l’estate scorsa con i drusi in Siria. I drusi attraverso dei manifesti enormi affissi a Gerusalemme e Tel Aviv chiedono direttamente al Segretario di Stato USA Marco Rubio di “salvare Sweda”, di intervenire. Finora ci ha pensato soltanto Israele, che ha fatto il possibile, infatti nonostante il progressivo riconoscimento internazionale da parte dell’Occidente del nuovo dittatore siriano, soltanto 3 giorni dopo l’attacco genocida contro i drusi in Siria, Israele ha iniziato a bombardare le milizie governative e persino il ministero della difesa a Damasco. Il messaggio é stato chiaro: i drusi non si toccano.

A luglio grazie agli interventi aerei israeliani e al coraggio dei drusi d’Israele, i drusi siriani sono stati salvati da un vero tentativo genocida, nonostante le tante vittime e le famiglie spezzate oggi resistono, stando in stretto collegamento con i fratelli in Israele che hanno creato un sistema all’avanguardia per provvedere a fornire loro aiuti umanitari e assistenza medica in tempo reale. A malincuore sono in molti a rimpiangere la dittatura laica di Bashar al-Assad.

La situazione è migliorata nella maggior parte delle città druse il territorio é tornato nelle mani dei drusi stessi, anche se molte infrastrutture sono state distrutte, e restano purtroppo sotto il controllo degli jihadisti ancora una trentina di villaggi montani. Per questa minoranza affascinante e pacifica, la protezione dello Stato ebraico è una garanzia di sopravvivenza in tutta la regione, senza questa il genocidio sarebbe in fase di compimento, e parlo di genocidio perché non si tratta di persone che muoiono a causa di una guerra, ma di un gruppo etnico e religioso contro il quale si è scatenata la brutalità jihadista finalizzata soltanto alla loro eliminazione. Questo é il tentativo di realizzare un vero genocidio.

Contro i drusi per fortuna non funzionerà, perché l’anima non si può uccidere, come sanno tutti gli israeliani, loro non hanno paura di combattere il male, perché sanno che dopo la morte si incarneranno in un’altra persona. Onore ai drusi, e a Israele che combatte al loro fianco.