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Esteri
L'Iran vuole impiccare un ricercatore

di Guido Salvini*

Ci sono paesi da cui arrivano quasi solo notizie da cronaca nera. I giudici di Teheran, uso questo appellativo con un certo fastidio perché quello di giudice è anche il mio mestiere e non voglio certo considerare colleghi quelli iraniani, hanno decretato la condanna a morte per impiccagione di Ahmadreza Djalali, un ricercatore che si occupa dei rapporti tra medicina e disastri ambientali.

È accusato di spionaggio e collaborazione con governi nemici. Tra le sue “colpe” quella di aver partecipato ai lavori di un master cui erano presenti anche colleghi israeliani. Ma non c’è da stupirsi. Quella di spionaggio è l’accusa più frequente che il regime utilizza come pretesto per mostrare all’interno e all’esterno la sua arroganza e spaventare ogni genere di opposizione.

Si trova detenuto nel famigerato carcere di Evin dove sono stati torturati e uccisi centinaia di oppositori al regime degli Ayatollah.

Djalali ha condotto in carcere un lungo periodo di sciopero della fame anche perché per molto tempo non gli è stato nemmeno concesso di incontrare il suo avvocato difensore.

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A dispetto dei frettolosi accordi con gli Usa e con i paesi occidentali sul nucleare il governo dell’Iran resta un regime liberticida e pericoloso per la convivenza tra i popoli. Nei suoi atti fondamentali vi è tuttora proclamato l’obiettivo di distruggere Israele e farlo scomparire dalle carte geografiche, la persecuzione delle minoranze religiose e dei laici è quotidiana, allunga la sua influenza militare su buona parte della Siria, ormai ridotta a brandelli, espandendo così la sua presenza in Medio oriente sino ai confini di Israele.

Non possiamo disinteressarci della sorte di Djalali anche perché egli ha solidi legami con l’Italia ed è stato per quattro anni ricercatore presso l’Università Orientale del Piemonte nel campo della medicina dei disastri e delle emergenze ed è molto stimato dai suoi colleghi che sono stati i primi a mobilitarsi per salvarlo. È stato arrestato più di un anno fa quando era tornato a Teheran proprio per partecipare ad un convegno medico.

Il ministro degli Esteri Alfano ha assicurato che l’Italia si sta impegnando in favore del condannato. Speriamo che l’impegno non si limiti a qualche sterile protesta verbale. Compiacere l’Iran e altri paese i islamici dove i diritti dell’uomo sono costantemente violati è purtroppo un’abitudine, si bada sempre a non offendere la loro suscettibilità. Non dimentichiamo le antiche statue romane ricoperte durante la visita lo scorso anno del presidente iraniano Rouhani.

Servirebbe invece qualche passo serio, convocare l’Ambasciatore iraniano in Italia per chiedere spiegazioni prospettandogli che può diventare persona non gradita e lasciare l’Italia.

Sempre che, e il timore è giustificato, non si ritenga che qualche contratto internazionale sia più importante della salvaguardia della vita di un uomo. E questo sarebbe davvero una vergogna.

 

*magistrato

Per firmare le petizioni in favore della salvezza di Ahmadreza Djalali e dare un contributo alle campagne in suo favore si può collegarsi al sito di Amnesty International e al sito www.change.org

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