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Esteri
Tokyo tutto l'anno, canto al tempo ritrovato negli interstizi della città-bambina
Shimokitazawa, Tokyo (Giappone)

"Appoggiati a un muro, seduti su uno scalino, sul retro di una stradina vivace come Cat Street ad Harajuku. Intenti, tutti, a prendersi cura delle loro minuscole vite. Sono esattamente queste presenze, sul retro, nel risvolto di una manica di un incrocio iper affollato, sul versante opposto di un ristorante davanti cui fanno la fila decine di persone - lì, sulla porta spalancata delle cucine di quello stesso ristorante, dove un cuoco sbuffa e una cuoca sorride affettando della verdura, la luce arancio che si fa più intensa intanto che cala la sera". 

Qui, nella gente che vive negli interstizi del mondo, c'è Tokyo. La Tokyo raccontata da Laura Imai Messina , in una efficace descrizione su Facebook e soprattutto nel suo libro "Tokyo tutto l'anno", pubblicato da Einaudi e illustrato da Igort. 

Io Tokyo la individuo in queste presenze. Appoggiati a un muro, seduti su uno scalino, sul retro di una stradina vivace...

Posted by Laura Imai Messina on Wednesday, 18 November 2020

Laura a Tokyo doveva restarci un anno, ma alla fine ne sono passati quindici ed è ancora lì. Nonostante da piccola non leggesse manga e non guardasse anime, si è innamorata del Giappone, anzi del giapponese. La lingua. "Presto capii che non poteva essere uno svago". Il giapponese, il Giappone, richiedono dedizione. La dedizione di esplorare, camminare, scoprire, muoversi tra quegli interstizi.

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Laura Imai Messina vive a Tokyo da quindici anni e vi ha ambientato i suoi romanzi, ci accompagna in una Tokyo familiare e sconosciuta al viaggiatore occidentale, quotidiana, fatta di stradine nascoste, riti domestici, abitudini secolari e tradizioni modernissime. Tokyo tutto l'anno, arricchito dalle splendide illustrazioni di Igort, è un viaggio sentimentale, autobiografia in forma di città, enciclopedica lettera d'amore a una metropoli e ai suoi abitanti, indimenticabile romanzo di luoghi, personaggi, cibi, leggende, sogni.

"Tokyo tutto l'anno" è una lunga, suadente, canzone d'amore che parte dall'innamoramento "strabordante" dell'inizio, con quella passione che "ti divora le notte e ti convince che non ci sia nulla meglio di lei. Che puoi smettere persino di mangiare e di dormire perché basta respirare lei. La città". E arriva poi all'amore più maturo e consapevole, "col cuore più calmo" e senza più l'ansia di "essere amata" dalla città "quanto la ami tu". Cantata attraverso gli occhi che osservano e le gambe che camminano.

Prima da sola, poi insieme al futuro marito Ryosuke. E poi attraverso i due bimbi, i figli con cui Laura va alla (ri)scoperta di una città-mondo ritrovando il senso di meraviglia per le sue stradine nascoste, i suoi quartieri intrecciati gli uni agli altri, le insegne scintillanti e quei punti di passaggio, le due montagne e la foresta inglobate in una metropoli in espansione e costruzione perenne. In un film di Ozu Yasujiro una donna dice al marito: "Guarda quanto è grande Tokyo. Se ci perdiamo non ci ritroveremo mai più". Nemmeno "l'aver condiviso una vita, l'aver avuto persino 5 figli, non conterebbero nulla. L'immensità della città comunque li ingoierebbe". 

Un universo immenso, nel quale è facile perdersi e nel quale regna la convizione che il tempo non ci sia mai. Per scoprire tutti gli impliciti della lingua giapponese, per fare proprio ogni angolo di una città in "metamorfosi ininterrotta da bruco a farfalla, da farfalla a rondine, da rondine a sasso". Una città in uno stato di infanzia perenne. Eppure, da quegli interstizi spuntano fuori sprazzi di tempo, conquistando le gambe, gli occhi, la mente, il cuore di chi legge e di chi scrive, che si appiglia ai mesi scanditi dal calendario e al senso di meraviglia dei suoi figli per mettere dei punti fermi su un sentimento che scivola via, restando e allo stesso tempo scappando tra le pieghe della quotidianità.

Tokyo viene raccontata nei suoi luoghi, nelle sue tendenze, nei suoi riti, nei suoi confini temporali e spaziali. A partire da gennaio, il mese degli affetti, con i toni bassi e controllati dei parenti che si ricongiungono per festeggiare un nuovo inizio. Per passare ai ciliegi di aprile e alle foglie di agosto, alle lunghe notti di settembre e alla brina di novembre. Camminando per l'universo parallelo del "bianconiglio" di Haranjuku e il "tempo indolente" di vicolo di Brahms, per la torta a tre fette di Shinjuku e le bancarelle di Asakusa.  Entrando in musei in cui non va nessuno. Attraversando i tanti ponti disseminati per la città, "apparente contrasto" tra congiunzione e interruzione di cui Tokyo è simbolo. Salendo sulla Tokyo Tower, un tempo imponente sopra la città e ora spaurito avamposto incapace di coprire con il suo sguardo l'inizio e la fine della città. 

Sì, perché Tokyo è come una "abitazione costantemente sventrata da ruspe", con "abitanti che incuranti continuano a fare la loro vita". Ma è anche uno "spazio interno, intimo, quasi segreto, che si apre all'improvviso". Una "digressione continua" in cui "non c'è tempo". Però, quel tempo, ogni tanto lo si può ritrovare.

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