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Esteri

Barack Obama ha telefonato al presidente turco Recep Tayyip Erdogan cui ha garantito ogni possibile sostegno alle indagini in corso sul fallito golpe di venerdi' scorso. Secondo quanto reso noto dalla casa Bianca il presidente americano ha personalmente ribadito la condanna per la rivolta e ha espresso la necessita di indagini "condotte con mezzi che rafforzino la fiducia dell'opinione pubblica nelle istituzioni democratico e nello stato di diritto. Il presidente Obama ha chiarito che gli Usa voglio fornire la giusta assistenza alle autorita' turche che stanno indagando sul tentato golpe". La Turchia ha chiesto oggi formalmente l'estradizione del religioso ed ex sodale di Erdogan fino al 2008, Fetullah Guelen che vive in Pennsylvania, accusato di Ankara di essere il mandante del golpe. Washington ha risposto chiedendo le prove dei coinvolgimento di Guelen.

Proseguono le epurazioni, in Turchia, dopo il fallito colpo di Stato di venerdì scorso. Nel mirino di Erdogan, dopo polizia, magistratura e esercito, finisce ora l'informazione. E il mondo della scuola e dell'istruzione, pubblica e privata. Il Consiglio per l'alta educazione (Yok), organo costituzionale responsabile della supervisione delle università turche, ha chiesto le dimissioni dei 1.577 rettori. Tra questi, 1.176 sono di università pubbliche e il resto di fondazioni universitarie. Sono inoltre stati sospesi con effetto immediato oltre 15.200 tra impiegati e funzionari del ministero della Pubblica Istruzione, mentre il ministero dell'Educazione ha revocato la licenza d'insegnamento a 21 mila docenti che lavorano in scuole private. Contro gli insegnanti è stata aperta un'inchiesta. Sono sospettati di essere legati al Feto, come è chiamato ufficialmente il movimento islamista, definito una mera organizzazione terroristica, facente capo al predicatore Fethullah Ghulen, ex alleato e ora nemico numero uno del presidente Recep Tayyip Erdogan, che lo accusa di essere dietro il tentato golpe.

Giro di vite sull'informazione, dopo il tentato golpe. Il Consiglio supremo per la Radio e la Televisione (Rtuk) ha deciso all'unanimità di revocare le licenze di 24 emittenti radio o tv "collegate o sostenitrici" del movimento ispirato a Gulen. Tra queste, la tv Samanyolu, l'emittente Can Erzincan e radio Dunya. Sono invece finiti sotto inchiesta 370 dipendenti della tv pubblica Trt.

Quasi 10 mila arresti. Le purghe volute da Erdogan, e criticate dalla comunità internazionale, hanno preso di mira anche i gangli dell'esercito, della pubblica amministrazione e della magistratura. Il premier Binali Yildirim ha confermato di "voler mettere in sicurezza il Paese". È salito a 9.322 il numero delle persone arrestate finora con l'accusa di complicità. Sospesi dall'incarico non solo novemila dipendenti del ministero dell'Interno, ma anche circa tremila giudici e procuratori.

Purghe tra gli 007. L'organizzazione dell'intelligence nazionale turca ha intanto sospeso 100 persone, la maggior parte delle quali non erano agenti attivi, perché sospettati di avere legami con il movimento religioso di Gulen.

Epurati gli imam. La Presidenza turca per gli Affari religiosi (Diyanet), massima autorità islamica che dipende dallo Stato, ha annunciato di aver allontanato 492 dipendenti - tra cui imam e docenti di religione - per lo stesso sospetto. La Diyanet ha anche annunciato che non permetterà lo svolgimento dei funerali islamici per i golpisti uccisi.

In manette secondo consigliere Erdogan. Agenti dell'anti-terrorismo turco hanno arrestato un secondo consigliere militare di Recep Tayyip Erdogan in un hotel a pochi chilometri da Antalya, rinomata località balneare sulla costa meridionale dell'Anatolia, dove l'uomo era sceso fornendo generalità false. Si tratta del tenente colonnello Erkan Kivrak, esperto in questioni aeronautiche. È sospettato di coinvolgimento nel colpo di Stato mancato del 15 luglio. Nella scala gerarchica dello staff consultivo del presidente della Turchia, Kivrak occupava il secondo posto per rango e prestigio, dietro soltanto al colonnello Ali Yazici, coordinatore del gruppo e in apparenza fedelissimo di Erdogan, investito dell'incarico nell'agosto 2015.

La pena di morte. Le Nazioni Unite hanno fatto sapere di temere e condannare anche "la reintroduzione della pena di morte: sarebbe una violazione degli obblighi della Turchia previsti dal diritto internazionale dei diritti umani, un grande passo nella direzione sbagliata", ha detto l'Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Ra'ad Al Hussein.

"Agli Usa il dossier su Gulen". Il governo turco ha annunciato di aver inviato a Washington il dossier con le prove contro il predicatore Fethullah Gülen: secondo il governo turco, sarebbe lui, il potente imam esule in Pennsylvania da vent'anni, ex alleato e ormai nemico di Erdogan, il vero regista del golpe fallito. Il primo ministro Binali Yildirim ha dichiarato: "Sono quattro i dossier che abbiamo fatto avere all'amministrazione americana. Chiediamo l'estradizione di Gülen. Ha cominciato sin dagli anni Ottanta a infiltrare i gangli dell'esercito". Ma il dipartimento di Stato americano "non conferma di aver ricevuto fisicamente la richiesta di estradizione".

Continua il braccio di ferro diplomatico tra Bosforo e Atlantico: Gülen è il simbolo della rottura tra i due Paesi, e il presidente Recep Tayyp Erdogan non intende ammorbidire i toni. Anzi, paragona il predicatore a Bin Laden: "I media internazionali hanno persino intervistato Gulen in Pennsylvania. Ora, io vorrei chiedere a questi media: se avessero intervistato Bin Laden quando le Torri Gemelle sono state attaccate, cosa avreste pensato?". Il segretario di Stato Usa, John Kerry, si prepara a discutere la questione con il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, a margine del vertice internazionale per la lotta all'Is, domani e dopodomani a Washington.

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turchia nato tensione usa golpe





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