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Usa, ecco gli 'swing states' decisivi. Biden favorito, ma Trump non è 'out'

Il sistema elettorale - I cittadini statunitensi che hanno diritto di voto decideranno il prossimo 3 novembre la composizione del collegio elettorale, formato dai cosiddetti “grandi elettori”. Quest’ultimi indicheranno poi il nuovo presidente degli Stati Uniti, che inizierà il suo mandato ufficialmente il prossimo gennaio. Il numero degli elettori è diviso tra i diversi Stati in base alla loro grandezza e popolosità, la California è quella che esprime più elettori (55), a seguire Texas (38) e New York e Florida (29). Gli Stati più piccoli vengono rappresentati da soli 3 elettori. In 48 dei 50 Stati americani il sistema è basato sul “winner takes all”, ovvero il partito che ha la maggioranza nel singolo Stato guadagna tutti gli elettori di quello Stato. Solo il Nebraska (5) e il Maine (4) hanno legge elettorale diversa e sceIgono sia i candidati più votati a livello statale (2) sia i più votati nelle diverse circoscrizioni (3 in Nebraska e 2 nel Maine). In totale i grandi elettori sono 538 e un candidato per essere nominato presidente deve ricevere almeno 270 voti.

In bilico

Se alcuni Stati sono considerati delle vere e proprie roccaforti di uno o dell’altro partito, il cui risultato del voto è praticamente scontato, in altri il testa a testa è più combattuto. Sono i cosidetti “swing states” o “battleground states” e sono quelli che storicamente risultano determinanti. Quest’anno i maggiori campi di battaglia saranno soprattutto Florida, Michigan, Carolina del Nord, Pennsylvania, Arizona, Wisconsin, Georgia e Minnesota.

Alcuni di questi erano stati decisivi già nelle elezioni del 2016, come Michigan, Wisconsin e Pennsylvania, nei quali Trump vinse di misura aggiudicandosi il numero necessario per la maggioranza nel collegio. Stati come Georgia e Carolina del Nord hanno una forte tradizione repubblicana visto che nelle ultime 9 elezioni su 10 si sono tinte di rosso. Oggi però le previsioni le danno contendibili dal partito Democratico. Anche l’Arizona negli ultimi 70 anni è stata conquistata solo una volta da un democratico (Clinton nel ’96) ma il 3 novembre sarà aspramente conteso da Joe Biden. Alcuni parlano di battaglia anche in Texas, uno dei capisaldi repubblicani, visto che il vantaggio di Trump non sembra essere così ampio. In Florida è andato l’ex presidente Obama per serrare i ranghi democratici e fare comizi, cercando di convincere uno degli Stati che esprimono più grandi elettori, mentre in Pennsylvania ha fatto lo stesso Melania Trump, l’attuale first lady.

I sondaggi attualmente premiano Biden, con una media positiva di circa 7 punti percentuali nei confronti del presidente uscente Donald Trump sul piano nazionale.  Ma i calcoli possono trarre in inganno, come è successo nel 2016 quando Hillary Clinton era avanti nei sondaggi alla vigilia, fu votata da quasi 3 milioni di persone in più rispetto a Trump, ma alla fine perse la corsa alla Casa Bianca. In realtà anche sul piano locale Biden sembra essere in vantaggio in molti degli stati chiave, ma lo scarto è ridotto e Trump sembra essere leggermente avanti in alcuni di essi.

La popolazione

La società statunitense è divisa strutturalmente tra la grande maggioranza bianca di derivazione europea, per lo più di ceppo tedesco, e la minoranza afroamericana e dei latinos. Proprio queste ultime due comunità potrebbero indirizzare il voto a favore di uno o dell’altro candidato. Biden ha scelto come vice la senatrice Kamala Harris, tra le altre cose proprio per attrarre i voti delle “black lives” che hanno protestato fortemente negli ultimi mesi dopo l’uccisione di George Floyd, da parte di agenti della polizia, nel maggio scorso. Harris ha inoltre, in un recente comizio, spinto sul ruolo delle donne, anch’esse potenzialmente decisive.

Tra i latinos il tema dell’immigrazione è ovviamente molto presente e determinante, e sul quale Biden potrebbe avere la meglio, ma in realtà nella comunità ispanica sono essenziali anche altri fattori più vicini alle politiche trumpiane, come per esempio il senso e la difesa della famiglia. Uno degli Stati dove i latinos con diritto di voto sono molto numerosi e potrebbero essere risolutivi è proprio l’Arizona. Tra la popolazione maschile bianca invece il favorito è sempre Trump, mentre solo negli over 65 sembra prevalere Biden.

Alla vigilia delle elezioni gli Stati Uniti sono forse più polarizzati che mai. Le divisioni sono forti, le variabili molte e i sondaggi, pur premiando Biden, rimangono incerti. Se il nome del prossimo presidente degli Stati Uniti si potrà sapere solo tra qualche giorno, la cosa certa è che chiunque sarà il nuovo inquilino della Casa Bianca, avrà il potere di influenzare le vite di ogni singola persona della Terra.

 

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