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Del ficodindia non si butta via niente: dalle bucce, preziosi bioprodotti

Dalle bucce dei fichidindia estratti preziosi bioprodotti 

Il progetto europeo EBioScart, attivo in Sicilia dal 2020, ha divulgato i dati di medio periodo sui processi estrattivi di bioprodotto da scarti di Ficodindia. Dalle bucce del frutto si estraggono pectine, betanine e soprattutto indicaxantine destinate all’industria agroalimentare, nutraceutica e della cosmesi. Alla base del progetto la dimostrazione che del frutto non si butta via nulla e si genera nuovo valore e nuove fonti di reddito per le imprese agricole.

Ficodindia: proprietà e benefici

L’Opuntia Ficus Indica, comunemente nota come Ficodindia, è una coltura sostenibile, ricca di tante sostanze di particolare interesse salutistico contenute non solo nel frutto ma anche nella buccia ed è simbolo della Sicilia dove si coltiva e cresce copiosa. Antiossidante, anti-infiammatorio, diuretico, lassativo naturale, lenitivo, anticellulite, antidiabetico e ricchissimo di vitamine, si presta per la preparazione di una vasta gamma di prodotti alimentari e cosmetici le cui potenzialità sono ancora in parte inesplorate e di grande importanza per la salute umana.

EBioScart: usi alternativi del ficodindia su economia circolare 

Le sue caratteristiche, dal 2020, sono allo studio del progetto EBioScart, un importante partenariato di soggetti nato per studiare e sperimentare tutti i possibili usi che del frutto e dei suoi sottoprodotti è possibile fare, analizzando al contempo i margini di guadagno che dalla commercializzazione degli scarti possono derivare per le imprese agricole del settore. 

“Per accrescere il reddito di impresa – spiega Carmelo Danzì, Innovation Broker del progetto - gli agricoltori confidano nella nostra attività di trasferimento e di prodotto sul territorio, con un Sistema Estrattivo Freesolvet, del tutto green, quindi sostenibile. Se fino a ieri si chiedeva solo sostenibilità ambientale, oggi non si può prescindere anche dalla sostenibilità economica. Il progetto EBioScart realizza un modello di vera economia circolare e dimostra come dal frutto di ficodindia non si butta via nulla restituendo alla terra ciò che dalla terra è stato sottratto e ricavandone un profitto aggiuntivo”.

Questo è quanto emerso dalle attività del progetto EBioScart il 15 e 16 ottobre durante le tappe nei comuni siciliani maggiormente vocati alla coltivazione del frutto, Santa Margherita di Belìce (AG) e Roccapalumba (PA), con una due giorni di attività scientifico divulgative e la visita ai campi sperimentali nelle aziende agricole partner del progetto. 

EBioScart rientra nella sottomisura 16.1 del PSR Sicilia 2014-2020 e ha come soggetto capofila il Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia, rappresentato dalla responsabile, dott.ssa Nicoletta Paparone. Nel corso dei convegni a Santa Margherita di Belìce e a Roccapalumba, patrocinati dai comuni ospitanti e dagli Ordini dei Dottori Agronomi e Forestali delle provincie di Agrigento e di Palermo, è stato affrontato il tema della “Valorizzazione degli scarti di ficodindia: consuntivo di medio periodo su innovazioni, bioprodotti e nuove opportunità di mercato”. In entrambe le località sono intervenuti i docenti del Di3A dell’Università di Catania, partner di progetto, che hanno documentato come dai frutti non idonei alla vendita, con processi estrattivi sostenibili si ottengono pectine, betanine, e soprattutto indicaxantine non solo destinate all’industria agroalimentare, ma utili anche all’industria nutraceutica e della cosmesi in quanto sostanze che ritardano l'invecchiamento della pelle e contrastano i radicali liberi. 

“Dai frutti non idonei alla commercializzazione del fresco – ha dichiarato il Prof. Biagio Fallico del Di3A dell’Università di Catania - abbiamo ottenuto diverse frazioni, a partire dalla polpa e dal succo. Poi abbiamo valorizzato anche i semi, estraendo un olio molto prezioso che si conferma il migliore estratto nell’area del mediterraneo; abbiamo estratto anche un concentrato di colorante, molto utile come colorante naturale ma anche come stabilizzante di altri succhi. Non ultimo, abbiamo utilizzato anche le bucce per un’ulteriore estrazione di composti da cui si ricava, attraverso un impianto di biogas, anche un digestato cioè un concime naturale che ci permette di chiudere il ciclo restituendo alla terra ciò che era stato sottratto”. 

Il ficodindia nella nutraceutica e nella cosmesi 

Sulle opportunità internazionali di mercato dei prodotti di scarto sono stati incentrati gli interventi del prof. Giuseppe Timpanaro e del dott. Arturo Urso, che stanno lavorando principalmente sui dati che riguardano l’import-export e la validazione economica. Dai dati emerge un crescente interesse globale, soprattutto nel settore della nutraceutica e della cosmesi, per le diverse sostanze e per i bioprodotti che si possono estrarre dal frutto di ficodindia che  "Il Progetto EbioScart – ha dichiarato Dario Cartabellotta, dirigente generale del Dipartimento Agricoltura della Regione Siciliana – è nato nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale, con cui l’Unione Europea ha investito sulla collaborazione tra aziende, imprese, Università, Industria di trasformazione. Il ficodindia è un frutto eccezionale ma anche una miniera di salute per tutte le molecole di interesse salutistico, soprattutto l’indicaxantina, che danno la possibilità anche al mondo della farmaceutica e nutraceutica di poter lavorare e investire su questo prodotto".

“Con Ebioscart – ha concluso l’Innovation Broker Carmelo Danzì - nell’ambito dell’economia circolare, abbiamo ottenuto come unico scarto il digestato liquido e solido. Il progetto si poneva due obiettivi: da un lato aumentare la pezzatura del prodotto e dall’altro verificare il nesso causa-effetto tra l’apporto del digestato e il miglioramento dello stato generale della coltura arborea. Grazie alle analisi chimiche ci siamo accorti che l’apporto di digestato ha determinato una variazione dei parametri chimici del suolo quali la capacità di scambio cationico, la capacità di nitrificazione, da bassa a media, la capacità di ottenere una maggiore quantità di carbonio organico. Dal punto di vista agronomico ciò ha consentito di anticipare l’epoca di scozzolatura; ha comportato una maggiore produzione di secondo fiore, senza compromettere la prezzatura e l’integrità del frutto. Quindi si è raggiunto l’obiettivo di creare un nesso causa-effetto tra l’uso del digestato, pratica agricola e miglioramento dell’aspetto merceologico delle produzioni ottenute”. 

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