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“Terra di spezie”: un classico della letteratura irlandese torna a vivere

Antesignana del moderno femminismo e critica nei confronti della società dell’epoca, Kate O’Brien fece scandalo a metà Novecento con Terra di spezie.

All’apparenza Terra di spezie è un tradizionale romanzo irlandese, che racconta la storia di due donne di diversa età nell’ambito di un convento: la prima è una suora eletta al ruolo di Reverenda madre, la seconda una bambina che accede piccolissima alla Compagnie de la Sainte Famille e tra queste mura diventa adolescente. Tra le due protagoniste femminili si crea inevitabilmente un affetto, che prende la forma di gratitudine da parte della giovane Anna Murphy, mentre assomiglia più al senso di protezione per quanto riguarda Helen Archer, chiamata a gestire un importante convento irlandese, sebbene il suo background affondi le radici tra l’Inghilterra, Bruxelles e la Francia.

Dietro la storia di un sodalizio e un’amicizia che di fatto vanno a sostituire la famiglia in senso stretto, c’è però molto altro: lo si può leggere tra le righe se si va in profondità e meglio ancora se si conoscono un poco le dinamiche socio-politiche dell’Irlanda del Novecento. Anche la vita stessa dell’autrice aiuta a decifrare Terra di spezie, considerata tra le migliori opere di Kate O’Brian e recentemente ripubblica con una bella cover da Fazi Editore nella collana Le strade; si tratta infatti del libro più autobiografico della scrittrice, che trasporta la sua esperienza personale nelle due donne, entrambe connotate con molta cura, specie da un punto di vista psicologico ed emozionale. Come Helen Archer, anche la O’Brien proviene da una buona famiglia e viene fatta studiare in una scuola religiosa; non solo: della Reverenda madre l’autrice possiede anche diversi tratti caratteriali, come la ricerca dell’indipendenza, lo spirito critico e la tendenza a porsi in posizione di avanguardia rispetto ai tempi correnti. D’altra parte, in Anna Murphy riversa il suo percorso tanto formativo quanto di crescita personale, finalizzato a condurla all’emancipazione e quindi alla capacità di mantenersi da sola.

Se dunque da un lato leggere Terra di spezie consente di scoprire alcuni aspetti meno noti della vita di una tra le principali scrittrici irlandesi del suo tempo, dall’altro il romanzo costruisce una cornice studiata e precisa della società borghese, mettendo in luce tutte le contraddizioni di una classe che – in Irlanda più che in altri Paesi d’Europa – si svela bigotta e puritana ai limiti del ridicolo. Scrive a tal proposito nel suo saggio finale Roberta Gefter Wondrich: “In Terra di spezie la O’Brien esplora la complessità del matriarcato al di fuori della famiglia tradizionale, identificando nel convento con l’annessa scuola religiosa una realtà interamente femminile eppure improntata a una gerarchia di stampo patriarcale che assomma spiritualità e secolarità, e delineando acutamente nella vita conventuale degli ordini religiosi una delle poche realtà in cui le donne poteva assurgere a posizioni di autonomia e autorità nell’Irlanda della prima metà del secolo scorso. Da questa peculiare ambientazione emerge una riflessione profonda e disincantata sui ruoli di genere e sulle generazioni, sull’inesorabile persistenza della mentalità classista e sulla crisi della famiglia come istituzione all’interno di una società che in quegli anni andava incontro a un’involuzione fortemente patriarcale”.

Dunque, se da un lato la O’Brien non inventò una lingua e un modo di scrivere nuovo come i suoi contemporanei Joyce e Beckett, dall’altro fu forse l’unica a porre l’accento sulle dinamiche malate della condizione femminile, che ritroviamo attualissime ancora oggi (purtroppo, potremmo dire). Questa non è neppure la sua opera finale, poiché ne seguirono altre che alimentarono il suo successo in patria, ma soprattutto la portarono a esplorare strade ancora più audaci, come quella dell’amore saffico. In fin dei conti, lo stesso Terra di spezie uscì nel 1941 e dovette vedersela con la censura per il tema esplicito dell’omosessualità del padre di Helen Archer, che causò nella figlia un trauma tale da spingerla tra le braccia di Dio senza di fatto compiere una vera scelta né rispondere a una chiamata religiosa, ma solamente come forma di fuga e protezione. Se poi aggiungiamo la disastrata situazione familiare di Anna, con un padre ubriacone e truffaldino, una madre sempre depressa, fratelli distanti e spavaldi, di certo il romanzo non dev’essere andato troppo a genio alla critica letteraria maschile dell’epoca. In esso la O’Brien scoperchia il vaso di Pandora, parlando apertamente della società borghese con tutti i suoi vizi e difetti, nascosti da un pesante velo di ipocrisia.

Classico della letteratura irlandese a firma di un’autrice che fu prolifica, innovativa e seppe conquistare un ruolo rilevante tanto come scrittrice, quanto come giornalista e drammaturga, Terra di spezie è un importante tassello della narrativa del Novecento che andrebbe letto e conosciuto. È di certo un merito riconoscibile a Fazi Editore l’averlo ripubblicato di recente riportandolo in auge dopo anni di oblio.

Terra di spezie
 

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