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Corriere della Sera, i giornalisti vogliono una quota di Rcs

I giornalisti del Corriere della Sera vogliono comprarsi un pezzo di giornale. Con il duo Elkann-Marchionne chiamatosi fuori dai giochi, serve un nuovo socio forte che guadagni campo. Ma non si trova, anche perché il maggiore indiziato (Urbano Cairo) ha già opposto un cortese “no”. In questo vuoto vorrebbero piazzarsi i giornalisti.

Lo testimonia una lettera sottoscritta da 42 firme. Tra le quali ci sono alcune dei nomi più illustri di via Solferino: Pierluigi Battista, Goffredo Buccini, Aldo Cazzullo, Giusy Fasano, Luigi Ferrarella, Massimo Franco, Claudio Magris, Sergio Rizzo, Fabrizio Roncone, Fiorenza Sarzanini, Beppe Severgnini, Gian Antonio Stella, Francesco Verderami.

Nomi di peso che certo fanno sensazione. Ma che devono trovare i soldi. E quelli che servono non sono pochi. Ecco la lettera che gira in redazione.

 

Cari colleghi,

la situazione del tutto inedita in cui si trova oggi la casa editrice del Corriere è tale da richiedere un segno anche da parte nostra. E paradossalmente l’annuncio del disimpegno di un azionista importante dal capitale di Rcs ci potrebbe offrire un’occasione da non perdere. Ha fatto bene il Cdr a ricordare i gravissimi errori – il caso Recoletos è ancora tutto da chiarire, e non solo quello – commessi nella gestione dell’azienda in questi anni.

La redazione è già impegnata in un lavoro molto duro e del tutto nuovo, proprio in un momento in cui i compensi si riducono. Ma proprio perché abbiamo a cuore il nostro giornale e il nostro mestiere, crediamo sia il momento di dare una prova ulteriore di coraggio e di responsabilità.

L’intera società capitalizza oggi circa 300 milioni: poco più di un bel palazzo nel centro di Roma e di Milano (venduto a prezzi di mercato, non svenduto). Se noi giornalisti del Corriere trovassimo il modo di acquistare un pacchetto di azioni potremmo aspirare ad avere voce in capitolo, esercitando soprattutto un ruolo prezioso di garanzia e di controllo. In più, daremmo un messaggio chiaro e inequivocabile del nostro impegno a difendere la leadership del Corriere vincendo le nuove sfide che ci troviamo di fronte, a maggior ragione dopo che la fusione fra Repubblica e Stampa è destinata a modificare radicalmente lo scenario editoriale italiano.

E non è affatto detto che siano soldi buttati via; potrebbe essere un buon investimento sul nostro futuro. Gli strumenti non mancherebbero. Ad esempio una società dei redattori, aperta a pensionati e poligrafici, alla quale potrebbe partecipare con una quota libera chiunque voglia essere della partita. Magari investendo anche parte delle nostre competenze accantonate in varie forme. Vi chiediamo solo di pensarci seriamente.

Dietro la presenza di grandi gruppi industriali e finanziari nell’azionariato si nasconde il retropensiero secondo cui un giornale serve soltanto a certi interessi, poco importa che perda soldi. Noi sappiamo che non è così, bensì l’esatto contrario. Il Corriere ha 140 anni ed è parte integrante della storia di questo Paese, è la sua memoria, la sua coscienza critica, così come la stampa libera e indipendente è l’essenza stessa della vita democratica. Ed è anche un’azienda profittevole.

Noi sappiamo che il Corriere produce risorse e non ne brucia, anche in un momento di cambiamenti profondi del mercato. Dimostriamo concretamente che ci crediamo, in noi stessi e nella nostra comunità. E’ ovvio che non si tratta di sostituirci agli azionisti, cui chiediamo anzi di fare con maggior convinzione la loro parte: reinvestendo nel giornale, se necessario, parte dei rilevanti profitti che il Corriere ha garantito loro in tanti anni. L’obiettivo - per il quale questa proposta rappresenta ovviamente solo il primo passo, da allargare al maggior numero di persone possibile - è costruire un presidio di professionalità nell’azionariato, capace se possibile di garantire un ruolo di rappresentanza.

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