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Ultimo aggiornamento: 13:53

Pluralismo in Rai, la Consulta dà ragione a Unirai

Francesco Palese: “L’azienda dovrà garantire pari diritti a tutti”

di Salvatore Isola

 Pluralismo in Rai, la Consulta dà ragione a Unirai

La sentenza n.156/2025 della Corte costituzionale segna una svolta nella rappresentanza sindacale italiana e in particolare nel mondo Rai. La Consulta ha infatti riconosciuto piena agibilità anche ai sindacati non firmatari di contratto collettivo, sancendo che la rappresentanza non può più essere un privilegio riservato a pochi.

Una decisione che cambia radicalmente lo scenario anche in Viale Mazzini, dove per decenni un solo sindacato, l’Usigrai, ha avuto il controllo di spazi e prerogative. Ora il principio stabilito dalla Corte — “chi rappresenta davvero i lavoratori deve avere voce” — apre una nuova stagione di pluralismo e partecipazione.

«È una sentenza che mette fine a un’anomalia storica», commenta ad Affariitaliani Francesco Palese, segretario di Unirai, il sindacato nato due anni fa come alternativa al monopolio interno. «Per troppo tempo un solo soggetto ha avuto accesso ai tavoli, ai permessi, alle assemblee, ai comunicati. Da oggi non sarà più possibile. La Rai dovrà garantire pari diritti e agibilità a tutte le organizzazioni realmente rappresentative».

Nella motivazione della Consulta è citata anche la memoria predisposta da Pierluigi Franz per Figec e Unirai, a conferma del contributo diretto fornito dal sindacato alla svolta giurisprudenziale. «Abbiamo creduto in questo principio fin dal primo giorno — spiega Palese — e la Corte lo ha riconosciuto. È la prova che il nostro progetto non era una scommessa di rottura, ma una visione lungimirante di pluralismo sindacale».

Secondo Unirai, l’impatto sarà immediato: la Rai dovrà adeguare le proprie procedure interne riconoscendo pari agibilità sindacale a tutte le sigle rappresentative. Ciò significa partecipazione ai tavoli unitari, diritto di comunicazione, assemblee, e spazi informativi paritari.

«La rappresentanza non può essere un’eredità di sistema — conclude Palese — ma un diritto fondato sul consenso reale tra i lavoratori. La Rai, come servizio pubblico, deve essere la prima a dare l’esempio. Il pluralismo non è un rischio, è il suo dovere istituzionale».