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Rete unica, corsa contro il tempo. Il governo in pressing sugli azionisti Tim

Dopo due anni di stop and go ci sono passi in avanti per la realizzazione di una rete unica in fibra delle tlc in Italia. L'amministratore delegato di Tim, Luigi Gubitosi, e l'ad di Cdp, Fabrizio Palermo, si sono incontrati ieri per discutere del progetto per arrivare alla costituzione di una societa' per la gestione di questa rete. Altri incontri sono in programma nei prossimi giorni in vista del cda di Tim di lunedi' 31 agosto. Il consiglio di amministrazione, oltre a deliberare sullo scorporo di Fibercop, la societa' che controlla la rete secondaria, con l'ingresso nel capitale del fondo americano Kkr, potrebbe portare alla firma di un memorandum of understanding sul tema della rete unica con Cdp, azionista di Tim con il 9,8% e di Open Fiber con il 50% (l'altra meta' e' di Enel).

Il protocollo d'intesa potrebbe essere siglato gia' domenica prossima. Telecom Italia punta a detenere il controllo della rete unica, ma al tempo stesso auspica una governance ampiamente condivisa da tutti i soggetti coinvolti. L'ipotesi e' quella di una societa' in cui Tim potrebbe mantenere il 50,1%, ma che avra' una governance 'terza'. Il fondo Usa Kkr dovrebbe apportare alla casse di Tim 1,8 miliardi di euro, diventando uno dei principali azionisti di FiberCop, la nuova societa' che controllera' l'ultimo miglio e che vedrebbe anche la partecipazione di Fastweb.

Solo in un secondo momento entrerebbe Cdp. Il titolo Tim intanto vola in Borsa (ha chiuso la seduta a +5,09% a quota 0,3884 euro per azione), mentre i sindacati delle Tlc, Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil chiedono a Giuseppe Conte un tavolo di confronto immediato perche' "e' in gioco il progresso del Paese e la tenuta occupazionale". Inoltre dicono 'no' a una rete 'pubblica': "Occorre un soggetto forte", scrivono in una lettera inviata al premier e "questo compito lo puo' assolvere Tim, certamente una Tim con un diverso assetto societario rispetto ad oggi". "Le scissioni di cui si sente parlare in questi giorni, con la rete Tim che confluirebbe nella nuova societa' pubblica, ed il resto dell'azienda che diventerebbe cosi' una societa' di servizi, aprirebbe la strada allo 'spezzatino' di Tim e al rischio consistente di migliaia di esuberi, il tutto senza creare davvero una nuova realta' che vada oltre la sola rivendita all'ingrosso di connettivita'. Altro che resistere ai colossi cinesi ed americani!", concludono.

Il cda di Tim del 31 agosto dovrà decidere sull’offerta di Kkr, il fondo interessato a rilevare una quota importante della newco wholesale FiberCop. Come scrive CorCom, il tempo stringe e secondo le ultime indiscrezioni Tim deterrà il 58% della società della rete, al fondo andrà il 37,5% e il 4,5% sarà in capo a Fastweb. E solo in un secondo momento scenderebbe in campo Cdp. Ma al momento si tratta solo di ipotesi.

Il pressing del Governo si sta facendo forte anche se le posizioni in seno ai partiti di maggioranza non sono compatte. Le soluzioni possibili sono solo due ed è su queste due che da mesi – anzi da anni – si dibatte: newco a maggioranza pubblica (con Cdp azionista numero uno) newco a maggioranza privata (alias Tim) e aperta al co-investimento da parte degli operatori interessati. E anche sul destino di Open Fiber le ipotesi si contano sulle dita di una mano: integrazione in Tim, partecipazione alla newco con Cdp a fare da

Tim: +5% in Borsa, con accordo Kkr rete unica piu' concreta

Telecom Italia in gran spolvero a Piazza Affari dove ha chiuso la seduta con un guadagno del 5,09% a quota 0,3884 euro per azione. A spingere la quotazione del titolo i passi avanti sul tema della rete unica in vista del cda del 31 agosto che dovrebbe dare il via libera all'accordo con Kkr sulla rete secondaria. L'operazione rappresenta ormai un tassello del ben piu' ampio progetto che riguarda il futuro della rete unica in Italia che vede il pieno coinvolgimento della Cdp e dunque del governo. 

“garante” di maggioranza,  newco “alternativa” con in campo OF e gli Olo interessati (ipotesi quest’ultima su cui ha acceso i riflettori nei giorni scorsi il presidente Franco Bassanini).

Vivendi al momento tace, anche perché in Italia ha in ballo un altro importante dossier: quello sulla “questione” Mediaset il cui esito farà inevitabilmente la differenza sulla partita Tim. Se i francesi decideranno di lasciare campo libero a Cdp e quindi di passare da primi a secondi azionisti o addirittura se uscire completamente dalla compagine azionaria è faccenda tutta da definire. E anche cosa deciderà di fare Enel – azionista al 50% di Open Fiber con Cdp – bisognerà verificarlo con i fatti. Al momento sono diversi i fondi interessati ad avere un ruolo per mandare avanti il piano banda ultralarga: Kkr, Macquaire, Kia e Wren. Il primo sta dunque giocando sui due tavoli (Tim e Open Fiber) segno che al di là delle polemiche, dei rimpalli e delle indecisioni, investire nella banda ultralarga italiana è considerato un affare redditizio.

"Reputiamo indispensabile che i ragionamenti che si stanno svolgendo in queste ore vedano un confronto anche con i rappresentanti delle lavoratrici ed i lavoratori non solo di Tim ma dell’intero settore. Le scelte che state compiendo in queste ore avranno dei risvolti sul progresso del Paese ma anche sulla tenuta occupazionale di un comparto strategico che, soprattutto in una fase economica quale quella che stiamo attraversando, potrebbe invece candidarsi ad essere volano di sviluppo ed occupazione". Lo chiedono i sindacati delle Tlc in una lettera inviata a premier Giuseppe Conte sul tema della rete unica. "Siamo quindi certi - aggiungono Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil - che vorrà favorire in tempi rapidissimi un tavolo di confronto con le scriventi organizzazioni sindacali".

Rete unica, sindacati: "Serve un soggetto forte, la maggioranza a Tim"

I sindacati delle Tlc si dicono contrari a una rete 'pubblica' e chiedono che sulla rete unica la maggioranza resti a Tim: no alle scissioni che non permetterebbero di resistere ai resistere ai colossi cinesi ed americani. "Una società della Rete 'pubblica' specializzata nel solo whoolesale (vendita a terzi della connettività) - scrivono Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, in una lettera al premier Giuseppe Conte - finirebbe per trasformarsi in una grande società di manutenzione che difficilmente potrebbe svolgere quel ruolo di continua innovazione di un settore dove non è sufficiente 'stendere un cavo'. Occorre un soggetto forte, capace di sostenere ingenti e costanti investimenti nello sviluppo della rete non solo come cavo di connessione ma come sistema intelligente ed evoluto. Questo compito lo può assolvere Tim, certamente una Tim con un diverso assetto societario rispetto ad oggi, che dia vita a una nuova impresa che inglobi le reti esistenti a partire dalla convergenza di quella di Tim e Open Fiber che pure ha avuto in questi anni un ruolo importante ma che difficilmente può candidarsi a fare da incubatore ad un soggetto industriale importante che vada oltre la sola vendita di connettività ad altri soggetti".

"La nuova impresa della rete dovrà assieme permettere l'integrità del perimetro di Tim attraverso il possesso della maggioranza delle azioni, ma anche esser aperta da subito a tutti gli investitori interessati ai quali vanno garantiti poteri speciali tali da impedire un predominio di Tim", spiegano.

Rete unica, sindacati al Premier: "Circa 100 mila risorse attorno a Tim"

"Alle Authority di controllo, Agcom ed Agcm - dicono ancora i sindacati - il compito di garantire piena parità di accesso alla rete ed un regime di vera concorrenza. Questa soluzione non riporterebbe indietro le lancette della storia ma permetterebbe di non gettare alle ortiche un patrimonio che, occorre sempre ricordarlo, è pur sempre stato costruito con soldi ed intelligenze pubbliche. Cdp, oggi azionista sia di Open Fiber che di Tim, dovrà utilizzare questa fase per accrescere la sua presenza in Tim traguardando nel tempo la creazione di una società pubblica, stabilizzata dalla stessa Cdp, che manterrebbe al nostro Paese una presenza industriale nelle Tlc cosi come è già avvenuto in Francia e Germania".    

Altre soluzioni, sottolineano i sindacati, "non garantirebbero la costituzione di un soggetto capace di guidare i processi di digitalizzazione e di competere magari anche oltre i confini nazionali ma, soprattutto, impensieriscono molto sul piano della tenuta occupazionale. Le scissioni di cui si sente parlare in questi giorni, con la rete Tim che confluirebbe nella nuova società pubblica, ed il resto dell’azienda che diventerebbe così una società di servizi, aprirebbe la strada allo “spezzatino” di Tim ed al rischio consistente di migliaia di esuberi, il tutto senza creare davvero una nuova realtà che vada oltre la sola rivendita all’ingrosso di connettività. Altro che resistere ai colossi cinesi ed americani! Ci preme evidenziare che a causa della privatizzazione fatta nei confronti dell’ex monopolista, per decenni l’azienda ha dovuto gestire perenni piani industriali che ripiegavano in tagli al costo del lavoro - i lavoratori e le loro organizzazioni sindacali hanno dovuto gestire continue ristrutturazioni con continui tagli dell’organico! Ci preme inoltre farle presente che ad oggi, tra lavoratori diretti ed indiretti ruota attorno al mondo Tim un numero di circa 100 mila risorse. Capirà la nostra preoccupazione rispetto a scelte che potrebbero risultare pericolose per la tenuta del perimetro aziendale e per il suo indotto", concludono.

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