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Medicina
Vaccini, non serve la terza dose ma le varianti non la escluderebbero
Il Direttore generale dell'OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus

Big Pharma spinge per far considerare indispensabile dare la terza dose di vaccino contro il Coronavirus ai senior l’anno prossimo ma la risposta, al momento, sta soltanto nel comportamento delle persone in Indonesia , nella grande Giacarta (oltre 30 milioni di persone) e pure nella popolosa area del Delta del Nilo dove ne sono concentrate oltre 40 milioni, o in Brasile e Sudafrica.

E’ in queste aree infatti che il virus, attraverso “modus vivendi” non appropriati tra persone nemmeno immunizzate puo’ far crescere il livello di mutazioni che fanno vivere il virus.

In questo caso sarebbe necessaria una terza dose per evitare altre ondate di contagi nel mondo.

Molti sanitari sono concordi nel ritenere che la terza dose sarà necessaria soltanto in due casi. Il primo, il meno probabile, potrebbe accadere se i vaccinati si reinfettassero perché le loro difese hanno perso la memoria immunitaria.

Il secondo, il più probabile, sarebbe la variante di un nuovo ceppo mutato, e di molto, rispetto alle varianti attuali che renderebbero inefficaci i vaccini. In questo caso ci si troverebbe nelle stesse condizioni dell’influenza annuale con un nuovo ceppo e un nuovo vaccino.

Ovviamente i  grandi produttori spingono per la terza dose. Ugur Sahin, uno dei fondatori di BioNTech  l'azienda farmaceutica che ha ideato il vaccino commercializzato da Pfizer, ha sostenuto che la terza dose sarà necessaria tra nove mesi e un anno dopo il primo ciclo.

La motivazione sarebbe data dalla diminuzione degli anticorpi. Una tesi sostenuta anche dal Ceo di Moderna, Stéphane Bancel.

La comunità scientifica però sta accogliendo questi suggerimenti con cautela e ha chiesto alle aziende di rendere pubblici  gli eventuali studi che supporterebbero tale tesi.

Dal canto suo la medesima comunità scientifica ha dichiarato che , attualmente, la terza dose non sarà necessaria poiché la risposta immunitaria ottenuta con i vaccini attuali è sufficiente contro tutte le varianti conosciute.

Gli esperti ricordano che il sistema immunitario, uno dei più complessi dell'uomo, si difende dai patogeni a più livelli. Ad esempio, il corpo esaurisce dopo anni dal vaccino gli anticorpi contro l'epatite B anni, ma la memoria cellulare mantiene integra la capacità di produrli se necessario.

Molti virologi confermano che se non emergono nuovi ceppi, la terza dose non sarà necessaria, la risposta immunitaria sarà sufficiente. Ci sono studi che rivelano che le persone contagiate dalla prima SARS, nel 2002, possono produrre anticorpi efficaci e a tutte le età.

Altro discorso invece è sapere se la risposta del vaccino sarà sufficiente anche contro le nuove mutazioni. La risposta è quasi matematica e sta nella logica delle probabilità. Se il virus va a replicarsi trilioni di volte al giorno in centinaia di milioni di persone infette è prevedibile che alla fine il vaccino non difenda più.

Alcuni esperti rilevano che il virus ha una storia di mutazioni un po', quasi come il virus dell'influenza e il suo genoma ha 30.000 nucleotidi e in ogni ciclo di riproduzione 1 su 10.000 cambia. Ogni volta che si replica, quindi, il virus subisce tre cambiamenti e questo può alterare notevolmente le sue capacità infettive. Potrebbe essere possibile che, ogni anno o due, i vaccini debbano essere adattati alle varianti o ai ceppi che circolano in quel momento.

Insomma il segreto per rivincere il virus è sempre quello di distribuire rapidamente vaccini per immunizzare tutta la popolazione mondiale. Con molte meno persone a rischio di contrarre il virus e la maggior parte vaccinate, chi si contagerà avrà bassa carica virale e problemi lievi.

In questo modo la pandemia si controllerà da sola.  Purtroppo la strategia fino ad ora utilizzata e cioè la corsa dei Paesi ricchi a monopolizzare le dosi in questa prima fase della pandemia ha lasciato indietro ampie aree del globo nella campagna di vaccinazione. Questo ha portata alla nascita di varianti pericolose in aree meno protette come India , Sud Africa e Brasile.

Il rischio maggiore sarebbe un ciclo infinito in cui la scarsa vaccinazione in alcune parti del globo consentirebbe la nascita di nuovi ceppi contro i quali i paesi ricchi si precipiterebbero a vaccinarsi per primi.

Unica soluzione, impossibile politicamente da realizzare, sarebbe dare tutta la responsabilità di distribuzione in mano all’OMS.

 

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