Auto Italia aprile 2025: +2,7% nelle immatricolazioni, salgono le ibride, rallenta l’elettrico - Affaritaliani.it

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Auto Italia aprile 2025: +2,7% nelle immatricolazioni, salgono le ibride, rallenta l’elettrico

Immatricolazioni in crescita ad aprile ma mercato ancora lontano dai livelli pre-Covid. Le ibride guadagnano terreno, l’elettrico frena. Dominano i SUV.

Il mercato automobilistico italiano prova a rialzare la testa. Ad aprile, le immatricolazioni si attestano a 139.084 unità, in aumento del 2,7% rispetto allo stesso mese del 2024.

Un segnale positivo, anche se ancora insufficiente per colmare il ritardo accumulato negli ultimi anni. Il primo quadrimestre chiude infatti con una lieve flessione dello 0,6% rispetto al 2024: 583.038 immatricolazioni contro le 586.735 dello stesso periodo dell’anno scorso. Se poi il confronto si fa con il 2019, anno di riferimento pre-pandemico, il distacco è ancora profondo: -18,2%.

Quello che emerge è un mercato che oscilla tra voglia di ripartenza e difficoltà strutturali non ancora superate. L’incertezza economica, la transizione tecnologica non ancora consolidata e un consumatore più attento e prudente rallentano il pieno ritorno ai volumi del passato. La crescita di aprile, per quanto incoraggiante, non basta da sola a cambiare la traiettoria.

Guardando ai numeri delle alimentazioni, la rivoluzione elettrica continua ma senza scossoni. Le auto a batteria (BEV) rappresentano il 4,8% del mercato del mese, in calo rispetto al 5,4% di marzo ma comunque in crescita rispetto al 2,3% dello stesso mese del 2024. Un andamento che riflette la tensione tra il desiderio di innovare e le resistenze legate a costo, autonomia e infrastruttura.

Molto meglio fanno le ibride plug-in (PHEV), che ad aprile arrivano al 5,7%, migliorando sia sul mese precedente (4,5%) sia rispetto allo stesso mese del 2024 (3,3%). La somma di BEV e PHEV porta le ECV (veicoli elettrificati ricaricabili) al 10,5% del totale: una quota che indica una transizione in atto, ma ancora lontana dall’essere matura.

Le alimentazioni tradizionali continuano invece a perdere terreno. La benzina scende al 27,3%, in calo di 3,6 punti percentuali rispetto all’anno scorso. Il diesel crolla sotto la soglia psicologica del 10%, fermandosi al 9,9%, segnando una delle peggiori performance storiche del carburante che per anni ha dominato il mercato italiano. Anche il GPL cala, al 7,9%, mentre il metano scompare quasi del tutto con un’unica immatricolazione nel mese.

Il vero motore del mercato, però, sono le ibride. Le mild hybrid e full hybrid, insieme, rappresentano il 44,3% del mercato. Una quota impressionante, che conferma quanto queste tecnologie stiano diventando lo standard di riferimento per chi vuole contenere consumi e mantenere una certa flessibilità nell’uso quotidiano. Le mild hybrid rappresentano il 31,6%, le full hybrid il 12,7%. Numeri che riflettono una tendenza ormai consolidata e che spostano progressivamente il baricentro del mercato.

Dal lato della domanda, ad aprile si registra un arretramento dei privati, che scendono al 47% del totale, in calo di quasi 4 punti rispetto alla media del quadrimestre. La tendenza è chiara: la mobilità personale tradizionale cede spazio a formule alternative. Il noleggio a lungo termine guadagna terreno, superando il 25% di quota e segnando una delle migliori performance mensili degli ultimi anni. Cresce anche il noleggio a breve termine, che sale al 12%. Le società rimangono stabili intorno al 5,6%.

Il mercato italiano, quindi, si sta trasformando, non solo in termini tecnologici, ma anche nelle modalità di accesso al veicolo. La proprietà perde centralità, mentre cresce la richiesta di flessibilità, soprattutto nelle aree urbane. Anche da questo punto di vista, l’ibrido sembra rappresentare una sintesi perfetta tra innovazione e convenienza, almeno finché le BEV non diventeranno davvero per tutti.

Dal punto di vista geografico, il Nord Est mantiene il primato con il 34,2% di quota, pur perdendo un punto rispetto al mese precedente. Tuttavia, se si esclude il noleggio, il suo peso reale scende al 23%, evidenziando una domanda più debole rispetto a quanto appaia. Il Nord Ovest recupera e arriva al 29%, mentre il Centro Italia si assesta al 24,2%. Le regioni del Sud e le Isole si confermano marginali, con l’8,1% e il 4,5% rispettivamente.

Sul fronte dei segmenti, i SUV continuano a dominare in tutte le fasce dimensionali. Nel segmento A le citycar berline scendono all’8,3%, mentre crescono i piccoli SUV. Nel segmento B, i SUV si prendono quasi un terzo del mercato (31,9%), superando nettamente le berline che scendono al 18,2%. Lo stesso schema si ripete nei segmenti C e D: le berline crescono marginalmente, ma sono i SUV a prendersi la parte larga del mercato, con quote rispettivamente al 19,6% e al 6,4%. Nell’alto di gamma le berline crollano allo 0,1%, mentre i SUV salgono all’1,6%.

Le station wagon tengono una nicchia al 3,2%, gli MPV si fermano al 2,7%, e le sportive si assestano sullo 0,8%. L’orientamento del consumatore è evidente: lo stile crossover, più alto, versatile e spesso più dotato di tecnologie, vince su tutta la linea.

Un dato da monitorare riguarda le emissioni. Le nuove immatricolazioni di aprile fanno segnare una media di 114,3 g/km di CO₂, in calo del 6,2% rispetto allo scorso anno. È una buona notizia sul piano ambientale, che conferma come la tecnologia stia migliorando in termini di efficienza anche su veicoli non elettrici. La fascia 0-20 g/km – che comprende le BEV – rappresenta il 7,4% del mercato, quella 21-60 g/km (le PHEV) il 3,1%. La fascia centrale, tra 61 e 135 g/km, domina ancora con il 67,2%. Il restante 20,5% si divide tra veicoli ad alte emissioni, di cui il 2% oltre i 190 g/km.

La strada verso una mobilità a basse emissioni è tracciata, ma non è affatto lineare. Infrastrutture ancora insufficienti, incentivi instabili e una domanda reale meno entusiasta di quanto si creda rendono la transizione più lenta del previsto. Nonostante ciò, i progressi si vedono, soprattutto nel miglioramento della gamma disponibile e nel cambio delle abitudini d’acquisto.

La sfida è ora industriale, oltre che commerciale. Progettare un sistema che sappia coniugare produzione locale, sostenibilità, occupazione e competitività è il prossimo passo. Senza una strategia coerente, il rischio è che il mercato continui a vivere di alti e bassi, senza mai compiere quel salto di qualità necessario per affrontare la rivoluzione in atto.