Motorsport
Defender Dakar D7X-R: test in Marocco e sprint verso Dakar 2026
La Defender Dakar D7X-R completa un collaudo chiave a Erfoud. Ian James alla guida del team verso Dakar 2026 e W2RC: tre vetture “Stock”, stessa anima della Defender OCTA.





Nel silenzio rosato dell’alba di Erfoud, quando la sabbia trattiene il respiro prima che arrivino le ruote, la Defender Dakar D7X-R ha affrontato il suo test più duro.
Non una passerella, ma un banco prova progettato per replicare le giornate della Dakar Rally 2026: tappe che si allungano per centinaia di chilometri, dune che cambiano sotto il vento, pietraie che chiedono rispetto. Qui il nuovo Team Principal di Defender Rally, Ian James oggi anche Managing Director di JLR Motorsport ha guidato uomini e mezzi con l’approccio di chi conosce bene la pressione delle grandi arene. La rotta è tracciata: tre D7X-R al via nella categoria “Stock” dedicata alle auto di serie e, a seguire, due vetture nelle restanti prove del World Rally-Raid Championship (W2RC) 2026.
La sostanza comincia dal telaio. La D7X-R nasce dall’architettura in alluminio D7x della Defender OCTA di serie: una struttura pensata per resistere, che in gara diventa cerniera tra affidabilità e velocità. Sotto il cofano pulsa un V8 biturbo 4,4 litri, abbinato alla stessa trasmissione e alla medesima catena cinematica della OCTA: non un esercizio di stile, ma un messaggio di coerenza tecnica. La carrozzeria è stata assemblata sulla linea del Nitra Manufacturing Centre in Slovacchia, poi rifinita nel Regno Unito secondo il regolamento “Stock”: ciò che si vede al bivacco ha parentele strettissime con ciò che si può vedere in concessionaria. È l’idea che la competizione metta alla prova un prodotto reale, non un prototipo irraggiungibile.
Il test marocchino ha seguito una progressione scientifica. Prima i loop brevi sulle dune più piccole per leggere il comportamento in cresta e in appoggio; poi le percorrenze lunghe su wadi e pianure corrugate, alternando rocce, dossi e piste sabbiose veloci per verificare raffreddamento, escursione e integrità di sospensioni e sottoscocca. In cabina, i copiloti hanno lavorato con i roadbook digitali, lo stesso strumento che in gara svela il percorso solo pochi minuti prima della partenza: un esercizio di fiducia e disciplina, perché il ritmo lo detta la navigazione tanto quanto il gas.
A spingere la D7X-R c’era una formazione da primi della classe. Stéphane Peterhansel, leggenda vivente dei rally-raid, ha messo la sua sensibilità nel misurare l’equilibrio tra trazione e direzionalità; Sara Price ha portato aggressività pulita, utile a leggere come il pacchetto risponde alle sollecitazioni ripetute; Rokas Baciuška ha limato tempi e finezze sui passaggi misti, dove il compromesso tra comfort e stabilità decide le giornate buone. I loro feedback hanno già indirizzato affinamenti su mappature motore, smorzamento e logiche di gestione termica. Non si corre da soli: si corre con i dati.
La presenza di Ian James ha dato al programma un baricentro manageriale preciso. Dopo gli anni in McLaren Electric Racing, l’ingegnere inglese porta un metodo fatto di processi e responsabilità chiare, senza soffocare la creatività di chi deve risolvere problemi nel nulla del deserto. “È un onore guidare il team mentre entriamo nel mondo rally-raid”, ha spiegato, ricordando che il 2026 è il primo capitolo di un programma triennale. Tradotto: non un colpo singolo, ma una traiettoria che deve crescere stagione dopo stagione, consolidando persone, fornitori, procedure.
A tre mesi dalla partenza di Yanbu, l’orizzonte è vicino abbastanza da farsi concreto. Mark Cameron, Managing Director di Defender, ha legato la partecipazione al W2RC alla volontà di mostrare ciò che le auto sanno fare davvero: resistenza, durabilità, controllo. La Defender OCTA ha fissato uno standard alto nel quotidiano; la D7X-R lo porta dove tutto è più estremo. Se il collaudo di Erfoud è andato “secondo i piani”, come dice Cameron, è perché la catena tra fabbrica, racing e fornitura funziona. E perché il progetto ha trovato un linguaggio comune tra pista e prodotto.
Sul piano sportivo, la categoria “Stock” è la scelta più interessante. Misura la distanza o la vicinanza tra serie e gara e rende comprensibile al pubblico l’impatto della competizione sul veicolo che conosce. È un messaggio potente anche per il marchio: dimostrare che la stessa architettura che accompagna famiglie e avventure del weekend può attraversare il Sahara senza perdere il passo. In tempi in cui l’auto è spesso un algoritmo, il rally-raid ricorda che contano ancora ferro, proporzioni e intelligenza meccanica.
Il deserto non fa sconti. Ma è proprio lì che la D7X-R sembra voler costruire la sua credibilità: non con un acuto isolato, bensì con una voce chiara e ripetuta. Se il test marocchino è stato il capitolo più importante finora, i prossimi giorni serviranno a cucire dettagli, consolidare gli equipaggi, definire la logistica. La Dakar 2026 non aspetta nessuno; Defender Rally ha scelto di non aspettare lei, giocando d’anticipo. E quando la bandiera si abbasserà sul primo tratto di sabbia, ci sarà un pezzo di OCTA — di serie, non da poster — a fare la differenza tra resistere e vincere.