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Politica
“L'alleanza con il M5s non è un dogma. Conte interlocutore, non federatore"

Congresso nel 2023. No, congresso dopo le amministrative. Il governo Draghi, che ha terremotato il Movimento cinque stelle, sta creando non poche fibrillazioni anche nel corpaccione dem. Come se non bastasse, inoltre, la scelta di campo che sembra orientato a fare l’ex premier Giuseppe Conte -  e cioè  prendere in mano la rifondazione dei Cinque stelle - rischia di compromettere pure un suo ipotetico ruolo di federatore di un’alleanza stabile Pd-M5s-Leu, progetto sul quale ha puntato molto proprio il segretario del Partito democratico Zingaretti. Affaritaliani.it ha affrontato questi temi con il sindaco di Reggio Calabria e membro della direzione Pd, Giuseppe Falcomatà. Il primo cittadino, intervistato dal nostro giornale, ha subito messo in chiaro che “un congresso adesso non serve. Non possiamo – ha spiegato – farne uno ogni volta che cambia un governo”. Altra cosa, invece, secondo Falcomatà, è la discussione interna “che va fatta nelle sedi proprie, a cominciare dall’assemblea nazionale”.

Sindaco, non è d’accordo, dunque, con chi nel suo partito ritiene che serva un congresso per un chiarimento politico?
La soluzione non può essere sempre il congresso. Anche perché, altrimenti, il tema che noi sindaci stiamo portando avanti in questi giorni potrebbe risuonare strumentale. E non lo è. Ecco perché è importante l’assemblea nazionale che si terrà a metà marzo. Una discussione interna, infatti, serve. Occorre che il partito rifletta sulla sua identità e analizzi ciò che non è andato bene fino ad ora.

Maggiore considerazione: è questo il tema che portate avanti. E’ così?
I sindaci vogliono contare di più. Non siamo una corrente, però. Non parliamo in maniera autoreferenziale, ma perché siamo coloro che tengono a galla il partito sul territorio. Se si crea una certa sintonia tra noi è perché le esperienze che viviamo ci portano a dialogare e, quindi, ad avere una visione comune. Tutto qui. Siamo persone che credono nel Pd. Anzi, molti di noi sono anche tra i fondatori del partito.

Cosa chiedete?
Che si dia ascolto ai territori e questo può avvenire solo attraverso chi i territori li rappresenta. Vogliamo partecipare alle discussioni e dare il nostro contributo d’idee.  Attenzione, però.

A cosa?
A non banalizzare le posizioni dei primi cittadini. Il nostro è un atto d’amore verso il partito. Non vogliamo che scompaia, ma che si cambi passo. Bene, quindi, la nomina di Matteo Ricci a coordinatore dei sindaci, ma mi auguro che questo sia solo il primo passo di una riflessione profonda.

E’ vero pure, però, che nel Pd c’è chi reclama la stagione congressuale proprio perché sono stati troppi i cambiamenti di cui il partito è stato protagonista. Prima all’opposizione del Conte uno poi nell’esecutivo giallorosso e adesso nel governo di unità nazionale.
Una riflessione va aperta, non c’è dubbio. Ma, ribadisco, che il tutto debba ridursi a un mero cambio di guida del partito mi sembra un modo per mortificare la discussione stessa. Confrontiamoci nelle sedi opportune come l’assemblea nazionale.

Intanto, si ragiona già sul dopo Zingaretti. E il nome che circola con maggiore insistenza è quello di Stefano Bonaccini, che avrebbe il sostegno di diversi primi cittadini. Quando sarà di nuovo la volta di un segretario sindaco?
I sindaci che avanzano proposte e fanno riflessioni non lo fanno per ambizioni personali, ma per dare man forte al Pd, un futuro al Partito democratico che, altrimenti, tra un anno rischia di non esserci più. Fatta questa premessa, le rispondo che quando saranno maturi i tempi si valuteranno pure le proposte in campo. Se si candiderà anche un amministratore locale non lo so.

La candidatura di un sindaco come Dario Nardella, per esempio, come la vedrebbe? Le piacerebbe?
Non saprei dirle né sì e né no. Ho stima di Nardella, ma ho fiducia nel segretario Zingaretti. Sono convinto che l’attuale impasse si possa superare, aspettando che i tempi del congresso maturino e cioè le scadenze naturali. Ricordo che Zingaretti è stato eletto segretario nel 2019, neanche due anni fa. Ad oggi, quindi, non vedendo il congresso all’orizzonte, non riesco a immaginare neppure i candidati. Poi, nel 2023, se ci saranno proposte di colleghi sindaci, si ragionerà.

Che fine fa ora l’alleanza strutturale M5s-Pd-Leu? Con Conte che pare orientato ad accettare la sfida di rifondare il Movimento tramonta l’ipotesi di un suo ruolo da federatore?
L’alleanza con il M5s non può essere un dogma per il Pd, non può diventare l’unico elemento di discussione. E lo dico da sindaco che ha rivinto le elezioni nella sua città, mentre i Cinque stelle, in entrambe le occasioni, hanno preso altre strade.

Non la appassiona, insomma, la questione dell’alleanza strutturale.
Dico solo che il ragionamento va fatto sui temi, sulla visione che abbiamo dello sviluppo sostenibile delle città, del lavoro, dell’immigrazione. Sulle questioni, in sintesi, che costituiscono i valori fondativi del Pd. Se su tutto questo ci sono le condizioni per una alleanza strutturale, bene. Ma stare insieme solo per il timore di perdere le elezioni o di contare meno al livello nazionale non credo sia opportuno.

Non mi ha risposto sull’ipotesi Conte federatore...
Conte è stato indicato come figura rappresentativa del nuovo corso del Movimento. Sicuramente, è un interlocutore. Ma definirlo federatore, con il ruolo che assumerà adesso, non saprei.

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