Di David Monti, ex magistrato
E’ sorto un recente dibattito per stabilire se il Governo italiano abbia o meno violato norme fondamentali della Costituzione nel suo agire concreto e nella scelta dei provvedimenti da adottare per fronteggiare la pandemia.
Personalmente sono stato dalla parte di Gustavo Zagrebelsky nel ritenere non violate, nella sostanza, la prassi ed il dettato costituzionali ed ho ritenuto eccessive le critiche in senso contrario, specie nella concreta situazione del dilagare del virus e della drammatica necessità di farvi fronte.
Oggi, però, occorre ribadire che la Costituzione Repubblicana non può essere definitivamente attaccata e violata ricorrendo, in modo stabile e permanente, allo stato di necessità.
Ricordo, dai miei anni giovanili, uno slogan che riecheggiava ai tempi del confronto nucleare fra le superpotenze: “meglio rossi che morti”, orbene non credo che si possa traslare oggi questa asserzione in: “meglio sudditi che contagiati”, perché nemmeno una pandemia deve spingersi a vanificare le libertà costituzionali.
Dico questo perché si ode un Ministro della Repubblica, tal onorevole Boccia Francesco, titolare degli Affari Regionali, dire che alla data del 3 giugno ed in presenza dell’attuale trend epidemiologico, saranno consentiti gli spostamenti interregionali solo fra Regioni “a basso rischio”.
L’affermazione è apparentemente di buon senso e sicuramente detta dal Ministro nella lodevole intenzione di impedire una reviviscenza del contagio su scala nazionale.
L’apparenza, però, a volte inganna e può celare qualcosa di grave dal punto di vista costituzionale, specie se non sufficientemente meditata.
E’ noto che il Governo ha emanato delle “pagelle” con indici per la classificazione del livello di rischio nelle varie Regioni.
Si tratta, per lo più, di criteri astrusi e scientificamente inattendibili, come l’ottimo Alessandro Marenzi vicedirettore di Sky, ripete ogni sera.
E’ bene allora chiarire: l’art. 16 della Costituzione vieta le limitazioni alla libertà di movimento sul territorio nazionale, a meno che non sussistano ragioni sanitarie tali da consentire questa limitazione, limitazioni stabilite dalla “ legge in via generale” e non certo da provvedimenti amministrativi.
Le limitazioni per ragioni sanitarie devono rispondere ai principi di proporzionalità e ragionevolezza rispetto al livello di rischio.
Quale è allora la ragione costituzionale che impedisce ad un residente nella Regione Lombardia di muoversi su tutto il territorio nazionale? Esiste una limitazione che lo stabilisce “per legge ed in via generale?”.
No, non esiste, ma vogliamo dire di più: se una persona residente in Lombardia si sottopone, volontariamente, ai test medici, in un lasso di tempo che viene comunemente accettato per stabilire o negare la positività al contagio, sulla base di questo accertamento c’è qualcuno che può impedirgli di spostarsi su tutto il territorio nazionale, si ripete e si ribadisce, tanto più in assenza di un divieto di legge?
E’ ovvio che la risposta è: no, non è possibile su questa base limitare un diritto costituzionale immediatamente precettivo.
Quindi, basta, con il limitare la libertà delle persone, soprattutto dei cittadini osservanti delle norme.
La proposta quindi è molto chiara: muovetevi nel solco della Costituzione, stabilite con legge (anche urgente) che dal 3 di giugno, chi vuole spostarsi da una regione ritenuta a rischio ad un'altra, e per ragioni diverse da quelle oggi consentite, lo può fare previa sottoposizione a test che ne accerti le condizioni di salute.
Questo è conforme a Costituzione, non lo è invece un divieto di mero carattere ammnistrativo.
Non vorremmo che qualcuno ci avesse preso gusto a non considerare nemmeno la Costituzione.
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