Beppe Sala per il post-Draghi? L'ipotesi di un'alternanza tra manager politici - Affaritaliani.it

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Beppe Sala per il post-Draghi? L'ipotesi di un'alternanza tra manager politici

Di Lorenzo Zacchetti

Se il Premier supplisce alle mancanze della politica con il suo carisma, il Sindaco di Milano è l'unico ad assomigliargli. Ma con una visione molto chiara

L'artefice del successo di Expo 2015 rappresenta un’ipotesi intrigante per il dopo-Draghi (se mai arriverà)

La corsa per il Quirinale è più incerta che mai, anche perché per la prima volta nella storia il centrosinistra non ha i numeri per eleggere da solo il nuovo Presidente della Repubblica. Eppure, l'affascinante rincorsa al profilo ideale probabilmente non sarebbe nemmeno cominciata se la candidatura di Mario Draghi - l'unica davvero unificante - non creasse un vero e proprio horror vacui rispetto alla suo successione a Palazzo Chigi.

A far tremare i polsi dei segretari di partito non è solamente il fatto che la sua salita al Colle comporterebbe quasi certamente quelle elezioni anticipate che nessuno vuole (tranne Giorgia Meloni), ma anche la diffusa convinzione che Mister Migliore sia l'unica figura in grado di mettere tutti d'accordo e con lo standing necessario per il ruolo. Quale dei due? Magari anche entrambi contemporaneamente, come ha suggerito Giancarlo Giorgetti con una provocazione che la dice lunga sul momento che sta attraversando la politica italiana: con questi chiari di luna, c'è chi sogna di affidarsi a Draghi come Premier, Presidente del Consiglio e magari anche c.t. della nazionale in vista degli spareggi per andare ai mondiali. Per chi ha sostenuto che “l'effetto Draghi” sia stato determinante anche per lo straordinario 2021 dello sport azzurro (e magari persino per i successi dei Maneskin...) non sarebbe poi un'iperbole così difficile da sostenere. 

Manager prestati alla politica

Si è parlato di “effetto Draghi” anche per spiegare l'impressionante astensionismo nell'ultima tornata elettorale: di fronte all'indiscutibile competenza del manovratore arrivato per gestire Pnrr e campagna vaccinale, i candidati politici sfigurano e non riescono ad entusiasmare il popolo, con tutte le conseguenze che questo trend può avere sulla democrazia. Ma i trend non si realizzano con una sola persona: se c'è una figura che si avvicina a quella di Draghi, sia per background che per capacità di supplire alle mancanze della politica, è quella del Sindaco di Milano Beppe Sala. Entrambi manager con una profonda conoscenza delle macchine istituzionali, con il loro pragmatismo incarnano alla perfezione il ruolo di leader postideologico, come gli viene riconosciuto dai loro elevatissimi livelli di consenso. Quello di Draghi emerge dai sondaggi, mentre quello di Sala è stato certificato dalla storica vittoria al primo turno che gli ha consegnato il secondo mandato a Palazzo Marino. Ma non è questa l'unica differenza tra i due.

I valori e l’esame del sangue

Draghi ha dimostrato un'oggettiva capacità di guidare il Paese in una delle fasi più difficili della sua tormentata storia. Tuttavia, è francamente difficile immaginare quale sarebbe il suo orizzonte programmatico se, come tutti paiono auspicare, dovesse rimanere a Palazzo Chigi “anche dopo il 2023”, una formula ambigua che non rivela se l'ex Presidente della BCE intenda scegliere un campo politico col quale presentarsi alle elezioni oppure, come più probabile, se si consideri un'eterna riserva della Repubblica alla quale l’incarico di formare il Governo sarebbe serenamente affidato da qualunque Capo dello Stato. Compreso lui stesso, ovviamente. 

Al contrario, chi pensava che Sala fosse “solo” un manager dal curriculum di prestigio (da Pirelli a Telecom), nonché il fautore del successo di Expo 2015, ha scoperto in questi anni un uomo di lineare fedeltà ai propri valori. Postideologici, per carità, ma sempre fondamentali: l'antifascismo, la battaglia per i diritti civili, l'ambientalismo che lo ha spinto ad aderire ai Verdi Europei (“per ora e poi vedremo”, come ha detto al direttore Angelo Perrino nella sua intervista della scorsa estate), ma anche l'attenzione ai più bisognosi che lo spinge a indicare l'edilizia popolare come primo obiettivo del quinquennio amministrativo appena iniziato o il contenimento dei prezzi dei biglietti l'aspetto sui cui trattare con Milan e Inter nella vicenda riguardante il nuovo stadio di San Siro, che pure sta facendo molto discutere. Una Weltanschauung chiara fin da ragazzo, quando decise di regalare il mobilificio ereditato dal padre a un'azienda concorrente, a patto che assumesse tutti i 40 dipendenti: lui desiderava occuparsi d'altro nella vita, ma non poteva “fare finta di niente” rispetto ai problemi altrui.

Dalla Brianza alle stanze del potere, è stato accompagnato da una forte centratura personale, che nel corso del suo primo incontro riservato da vincitore delle primare con gli esponenti locali del Pd, lo spinse a dire con orgoglio: “Sono qui per confrontarmi, ma non mi faccio fare l'esame del sangue da nessuno”.

“E’ il Sindaco che conta”

In quella fase, Sala doveva suo malgrado fare i conti con un certo scetticismo che accompagnava la sua candidatura, per quanto fortemente voluta dal Pd nazionale (prima da Maurizio Martina che da Matteo Renzi). Anche se lui indicava proprio nei Dem il suo “partito di riferimento”, gli si rimproverava l'esperienza da City Manager del Comune di Milano nella squadra della Sindaca di Forza Italia Letizia Moratti, probabilmente ignorando che fosse durata solo un anno e mezzo, prima della sua decisione di lasciare l'incarico non condividendo alcune spese considerate troppo disinvolte e la gestione delle partecipate, che lui avrebbe voluto riunire sotto il cappello di una holding.

A rendere bene il clima di quel periodo è rimasto il divertente video “E' la giunta che conta”, nel quale i geniali componenti del Terzo Segreto di Satira ironizzano sui dubbi in merito al candidato consolandosi con il fatto che diversi componenti della squadra di Giuliano Pisapia sarebbero rimasti accanto al nuovo Sindaco. Appena cinque anni dopo, il quadro è completamente rovesciato. Le conferme in Giunta sono state poche e, nonostante la notevole affermazione del Pd, oggi è senza dubbio il Sindaco che conta, al punto che i detrattori cominciano a mormorare di “un uomo solo al comando”. Ma questo forse dice più degli altri che del primo cittadino.

Draghi e Sala: consensi trasversali

“Questo qui adesso ce lo dobbiamo tenere per dieci anni”. Così uno dei principali esponenti milanesi di Forza Italia mi confidò la sua preoccupazione per la scelta di Sala come candidato sindaco del centrosinistra: lui, evidentemente, ne conosceva bene lo spessore politico e infatti la sua profezia si è puntualmente avverata. Un aneddotto che dice molto della capacità di Sala di farsi apprezzare anche al di fuori del bacino tradizionale del centrosinistra.

Dialoga con Beppe Grillo da prima che l'alleanza col M5S diventasse un tema nazionale, ma difendendo autorevolmente l'autonomia di Milano, dove infatti il patto non è stato siglato. Ha relazioni proficue con colleghi di altre città, a prescindere dall'orientamento politico, a partire dall'amica socialista Anne Hidalgo, con la quale si confronta spesso sulle scelte in campo di mobilità, ma senza dimenticare gli omologhi di Barcellona, Londra e New York, solo per citarne alcuni. Si relazionava con Renzi quando era Premier e segretario del Pd, salvo poi arrivare a una brusca rottura, e oggi ovviamente si confronta spesso con Mario Draghi, che gli ha promesso cinque miliardi di euro da investire sulle case popolari dei quartieri di Milano (la parola “periferie” è stata abolita dal suo vocabolario). Grazie a un mix vincente di visione e pragmatismo – che impedisce di scadere nel cinismo tipico di alcuni manager – Sala può quindi essere non solo un naturale candidato dell'area progressista, ma anche una figura unificante proprio alla Draghi, capace di interpretare il supremo interesse nazionale tessendo relazioni trasversali.

La suggestione Lombardia 2023

Proprio per queste sue caratteristiche, molti vedono in Sala il nome più prestigioso da spendere per le elezioni previste in Lombardia nel 2023. Dopo oltre due decenni nei quali il centrodestra ha conquistato la Regione con una facilità imbarazzante (persino in seguito alle tristi vicende che portarono alla caduta della Giunta Formigoni), nello scenario del post-Covid i progressisti intravedono la possibilità di riaprire la partita. I temi sono sul tavolo già da tempo, dalla sanità ai trasporti, con la transizione ambientale a fare da fil rouge, ma manca l'alfiere, ovvero il candidato capace di allargare il consenso dalle grandi città (Milano, Bergamo e Brescia sono saldamente in mano al centrosinistra) ai piccoli centri e alle valli padane, storico bacino leghista. 

Dopo averci provato con il Sindaco di Bergamo (Gori, nettamente sconfitto nel 2018) e aver ipotizzato il nome di quello di Brescia (Del Bono, che però pare non convincere proprio tutti), cresce il fronte di chi vorrebbe fare all-in e giocarsi tutto in un election-day da brividi, votando nello stesso giorno per le politiche, per la Regione Lombardia e ovviamente anche per Milano, il cui Sindaco andrebbe a giocarsi la grande sfida. Una prospettiva un po' machiavellica? Certo, ma se lo scenario fosse facile, non ci sarebbe bisogno di progetti ambiziosi. Se poi davvero ne uscisse una sfida elettorale con l'attuale vicepresidente Letizia Moratti, ci sarebbe un'ulteriore suggestione ad animare la battaglia.

Non solo numeri

Di certo Sala non è uomo che teme le difficoltà. Un suo intercalare tipico è “ma figurati se io, a 63 anni e con tutto quello che ho fatto...” e nel suo percorso di vita ci sono stati i tanti successi sopra elencati, ma anche momenti negativi. È stato l’unico a chiedere scusa per gli errori di valutazione all’inizio della pandemia, indice di un notevole travaglio interiore, e sicuramente gli è pesata molto anche la vicenda giudiziaria legata alla gestione di Expo, con più di una ragione. Gli stessi giudici nella sentenza di condanna di primo grado gli riconoscevano di aver "agito per motivi di particolare valore morale o sociale", alimentando le ragioni di chi ha sostenuto – anche su affaritaliani.it – che forse, invece che processarlo, sarebbe stato più opportuno dargli una medaglia per aver salvato Expo, evitando al Paese pesanti conseguenze economiche e d'immagine. Poi Sala è stato prescritto in appello, ma avrebbe certamente preferito l'assoluzione nel merito (come richiesto dal suo avvocato) e si dice che in quel difficile frangente abbia pensato di mollare la poltrona da Sindaco, salvo poi trovare le motivazioni per andare a conquistarsi un secondo mandalo.

Indubbiamente nel suo modo di affrontare le avversità ha giocato un ruolo fondamentale la battaglia vinta contro il tumore, quando aveva 39 anni. Gli venne diagnosticato un linfoma di Hodgkin, la stessa malattia che in soli sei mesi gli aveva portato via il padre, dal quale uscì grazie alle cure di Umberto Veronesi, alla chemioterapia e al trapianto di staminali. Perse dieci chili e divenne azoospermico: per questo non ha figli pur essendo passato attraverso tre matrimoni, fino ad approdare all'attuale relazione con Chiara Bazoli, figlia del noto banchiere e presidente emerito di Intesa San Paolo Giovanni Bazoli. Lei ha tre figli, coi quali Sala ha un ottimo rapporto, ma quando il Sindaco di Milano interagisce con i bambini si nota una particolare empatia, probabilmente legata anche al suo vissuto. “Sono passato dal sentirmi onnipotente a niente”, ha detto della sua vicenda sanitaria, rivelando una natura tutt'altro che limitata alla concretezza che compone la quotidianità dei manager: nel 2015, mentre tutti si chiedevano se si sarebbe candidato Sindaco, lui pensò bene di andare a meditare facendo il cammino di Santiago di Compostela. L'anno prima aveva pubblicato il libro “Milano sull'acqua. Ieri, oggi e domani”, indice di una passione che lo ha portato a teorizzare la riapertura dei Navigli. Una questione complessa e affascinante, che, seppur rinviata a causa dell'emergenza-Covid, conferma come Sala non sia solo un uomo di numeri.

Relazioni umane e prospettive politiche

Altrettanto certamente, è una persona ambiziosa. Il fatto che abbia pensato a un suo possibile ruolo nazionale è confermato da più fonti e secondo molti l’adesione ai Verdi Europei (da non confondere coi Verdi di Angelo Bonelli, che compiono 35 anni proprio oggi, 16 novembre) ha avuto come premessa la delusione per la mancanza di una sponda da parte del Pd. Non è sicuramente il primo ad aver pensato ad un percorso da Milano a Roma, salvo poi scontrarsi con la realtà di un Paese formato in massima parte da piccoli centri, nei quali le logiche sono distanti anni luce da quelle delle metropoli. Ma Sala è, nel contempo, anche un uomo molto efficace nel conquistare il favore della gente comune. Ha una propensione nei confronti del prossimo che lo porta, ad esempio, a non limitarsi ai contatti istituzionali, ma a tenere rapporti diretti con vari cittadini persino attraverso WhatsApp. E' un tratto caratteriale, che certamente è stato ulteriormente allenato ed affinato stringendo migliaia di mani sul decano di Expo 2015, in fondo al quale ha trovato la porta di Palazzo Marino. In attesa della prossima sfida. 

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Beppe Sala e Chiara Bazoli: nel 2017 fu affaritaliani.it a pubblicare la loro prima foto insieme