Casamonica in tv, meglio donna Vera o Milosevic - Affaritaliani.it

Politica

Casamonica in tv, meglio donna Vera o Milosevic

 

Di Pietro Mancini

Tutti, o quasi tutti, indignati, per l'intervista di un incalzante Bruno Vespa, che snocciolava ipotesi di reato, alla "matrona de borgata", non mafiosa, donna Vera Casamonica. Silenzio assoluto, invece, sulla tanto fluviale quanto legittima intervista, su "La Repubblica" del 22 agosto, ai nipoti e al fratello del defunto don Vittorio.

E ieri "Il Fatto Quotidiano", bocciando la "terza Camera" come "una passerella abituale di inquisiti", ha deplorato le esternazioni di Contrada, dell'Utri, Anna Maria Franzoni, condannata per l'omicidio del figlio, a Cogne, e di Giovanni Scattone, stangato per omicidio colposo, nel processo per il delitto, all'Università di Roma, di Marta Russo.

Ma ha "dimenticato" la memorabile serata di giovedì 30 ottobre 2014.

Mancava solo il plastico, che non è nella tradizione di Michele Santoro, ma per il resto fu un’udienza pubblica, quella celebrata a Servizio Pubblico, su "La7" di Cairo, sulla presunta trattativa tra i boss e lo Stato, nel 1993.

La presiedette il conduttore campano, arbitro e regista, e vi  presero parte, per la pubblica accusa, Sabina Guzzanti e Marco Travaglio, per la difesa Alessandro Sallusti, direttore de “Il Giornale”, e Luca Cianfaroni, l’avvocato di Totò Riina. Teste eccellente, per l’accusa, Claudio Martelli.

Con lui collaboratori di giustizia come  Sergio Flamia, l’uomo del protocollo Farfalla (ricevette, pare, 150 mila euro in cambio delle sue rivelazioni), rappresentato da un attore, e don Massimo Ciancimino, in carne ed ossa, tornato sui banchi di "Michele chi?"(Siciliano dixit) in qualità di protagonista, per sua ammissione, da 15 anni a questa parte, della storia giudiziaria italiana, ormai più popolare del celebre padre. Don Vito fu il braccio politico, dc, delle cosche e latore, per interposta persona, del celebre “papello” di Totò Riina sui desiderata dei boss in regime di carcere duro.

Un parterre, che fece invidia a Bruno Vespa, per il rilievo degli ospiti e la materia sottoposta a giudizio: non il recente funeralone di Roma o i protagonisti e i testimoni, trasferiti nel salotto di "Porta a porta"dalle cronache dei crimini più efferati. Ma la trattativa, vera o presunta, che lo Stato, attraverso i suoi servitori, avrebbe allacciato, o tentato di allacciare, con i boss, furibondi per via del "41 bis", e mandanti dei delitti, che hanno insanguinato l’Italia.

Ragionamenti, più che testimonianze utili ad un’aula giudiziaria, ma i processi televisivi non hanno le stesse regole, caratteristiche e motivazioni dei tribunali. Si servono di personaggi e di attori. E  a "Servizio pubblico" e in altri talk non condannano né assolvono, ma pensano di aiutare gli italiani a scegliere da che parte stare, a sentirsi virtuale giuria popolare, in un processone pubblico.

Non c’erano, quella sera,  gli imputati, solo accusatori e difensori. Non c’era, soprattutto, il generale Mario Mori, che ammanettò Riina, ma non è simpatico a Caselli, a Ingroia e neppure a Travaglio. Mori, secondo l’accusa, sarebbe stato l’uomo nero della tresca. Uno spione inguaribile che, fin dai primi vagiti, secondo la biografia, non autorizzata, di Marco Travaglio, avrebbe manifestato la sua speciale attitudine a stare dalla parte sbagliata.

Nessuna "puntata riparatrice" per Mori, dopo che il generale dei Carabinieri venne assolto dall’accusa di avere favorito latitanze e segreti di mafia.

Che idea si fecero i telespettatori dopo “l’udienza”?

Calata la tela, toccò al sereno e obiettivo Vauro, con le sue vignette, tirare le conclusioni. E il disegnatore ha, sempre, le idee chiare: Giorgio Napolitano, con le sue "ammuine", avrebbe ostacolato l'encomiabile inchiestona prima di Ingroia e poi di Di Matteo.

Forse, Vespa ha sottovalutato la potenza simbolica dei Casamonica e le polemiche che, con loro in studio, sono arrivate...in elicottero. E subito Loris Mazzetti, ex collaboratore, in Rai, di Enzo Biagi, ha parlato di "degenerazione del servizio pubblico".

Ma applaudì e non ci fu alcuna levata di scudi per le interviste, non in ginocchio ma neppure molto incalzanti, rilasciate, su Rai1, da Buscetta, Sindona e dallo spietato serial killer, Gianfranco Stevanin, proprio a Enzo Biagi, uno dei più venerati maestri del giornalismo italiano. Tanti gli elogi alla penna bolognese. E nessuna bacchettata come quella del prefetto di Roma, Gabrielli, che ieri ha messo nel mirino il clan dei Casamonica : "A breve, pagheranno il giusto fio di quello che hanno combinato. Nella logica del ripristino della legalità, in questa città, va affermato il principio che a un atto corrisponde una conseguenza".

È bella, oppure no, l'immagine del  SuperPrefetto della capitale, che replica, con tono minaccioso, a una massaia, che si era limitata a rispondere ai reati, elencati da Vespa : "Ah Bruno, ma che stai a dì ?"
"Da cattolico, penso che a guardare "Porta a Porta" si faccia peccato e occorra confessarsi !", ha detto, ieri, il primo cittadino della capitale. Sindaco Marino, si è confessato, oppure no, quando sul piccolo schermo apparvero i faccioni di personcine perbene, mafiose ma solo un po', come Buscetta, Sindona e, interpretato da un attore, Gaspare Spatuzza (40 omicidi, tra cui quello di don Pino Puglisi,
ma con il "merito" di aver detto che Berlusconi e Dell'Utri diedero al boss Graviano tutto quel che voleva purchè fermasse la stagione delle bombe a inizio anni '90) ? E Marino fece, in bici, un salto in chiesa, dopo la lunga intervista della Sciarelli, a "Chi l'ha visto ?", a Parolisi, poi condannato a 30 anni per l'efferata uccisione della moglie, Melania Rea ?

E da uno degli ospiti fissi dei "processi" televisivi, l'allora toga caselliana, Antonio Ingroia, Massimo Ciancimino venne definito

"un'icona dell’antimafia”.

Ciancimino junior fu, per mesi, un ospite fisso del programma Rai, Annozero. Al centro delle sue dichiarazioni, la presunta trattativa tra Stato e mafia e i presunti rapporti tra Berlusconi, Dell'Utri e suo padre, don Vito Ciancimino.

Le ospitate del figlio dell'ex sindaco mafioso provocarono polemiche, ma nessuno pensò di bloccarle. Eppure, don Massimo attaccava tutto e tutti sulla base di presunti pizzini. Una tribuna mediatica che, per mesi, catturò milioni di telespettatori.

Sino a quando la veridicità del guru di Annozero inizò  a incrinarsi dopo l'arresto e la successiva condanna per aver "mascariato" l'ex molto influente, e temuto, Capo della Polizia, il calabrese Gianni De Gennaro.

"L'hai vista la trasmissione?- si vantava al telefono il figlio dell'ex Sindaco del capoluogo siciliano- Sono un'icona per loro ! Io, ormai, sono come Giorgio Mastrota, fra un po' vado in tv a vendere le pentole. Ogni sera sono in tv, perfetto, no ? Ad "Annozero" mi diverto ! Oggi gli do una polpetta e gli consegno un documento". Fasullo, ovviamente. Alla fine, anche i magistrati di Palermo si convinsero che Massimo non era l'oracolo di Delfi.


E Michele Santoro, nel giugno scorso, ha chiuso l'epopea televisiva di "Servizio pubblico", con una bella dose di autocelebrazione, ricordando le precedenti sue trasmissioni televisive. Curiosa la scelta degli "eroi", che il teletribuno ha scelto: il mafioso Gaspare Spatuzza, l'ex leader serbo, Slobodan Milosevic, riconosciuto colpevole di genocidio, e donna Patrizia D'Addario, escort d'alto bordo, che prima in TV, ovviamente da Michele, e poi ai giudici disse che "l'Italia era governata da un puttaniere"(cioè, ca va sans dire, Silvio Berlusconi).