Con Sbarra al governo rotto un altro tabù: Meloni spezza l’asse storico sindacati-sinistra e occupa lo spazio al centro - Affaritaliani.it

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Con Sbarra al governo rotto un altro tabù: Meloni spezza l’asse storico sindacati-sinistra e occupa lo spazio al centro

Meloni vuole allargare quel solco creato in seno ai sindacati ed accreditarsi verso il centro, per spingere il Pd sempre più verso le posizioni massimaliste della segretaria Schlein

di Vincenzo Caccioppoli

Con Sbarra al governo rotto un altro tabù: la strategia di Meloni per dividere la sinistra

Ha destato molte polemiche la nomina dell’ex segretario della Cisl, Luigi Sbarra, come sottosegretario al Sud. Non la si può definire una sorpresa, perché la notizia era nell’aria da tempo per chi bazzica i palazzi romani. Giorgia Meloni in persona ha voluto questa nomina e lo aveva già comunicato all’interessato da qualche settimana.

Sbarra, classe 1960, segretario della Cisl dal marzo del 2021 fino al febbraio di quest’anno, per raggiunti limiti d’età, ha fin dall'inizio del suo mandato rappresentato una rottura con il recente passato, cambiando per certi versi la stessa natura del sindacato che dirigeva. Sotto la segreteria di Sbarra, infatti, la CISL si è distinta rispetto alla CGIL e UIL per un atteggiamento molto più morbido nei confronti di governi ed organizzazioni datoriali; in molte occasioni la CISL ha fatto gioco a sé, non aderendo a diversi scioperi e firmando contratti collettivi che le altre due organizzazioni hanno invece respinto.

Per non parlare del referendum promosso dalla Cgil, a cui la Cisl non ha aderito, definendolo un modo sbagliato per rivendicare i diritti dei lavoratori. Insomma, una spaccatura tra Cgil e Cisl, che si è accentuata con l’avvento della Schlein alla segreteria Pd e con il suo appiattimento sulle idee di Maurizio Landini della CGIL (la prima vera frattura con i riformisti del Pd è nata proprio da lì).

Giorgia Meloni è stata abile a spezzare quella consuetudine del centrodestra ad avere come riferimento la Ugl e la Confagricoltura, stringendo invece uno stretto legame con organizzazioni di chiara provenienza democristiana e quindi ben più attrezzate, come la Coldiretti e appunto la Cisl. Sancendo nei fatti una rottura tra i due sindacati, che era stata inaugurata già sotto il governo Draghi, quando la Cisl non aderì allo sciopero indetto da Cgil e Uil contro la legge sulla decontribuzione nel 2021.

Sotto il governo Meloni invece le mobilitazioni generali sono state ben tre in due anni e mezzo, spesso con decisioni affrettate e prese quasi a prescindere, cosa che non ha fatto altro che allargare il solco tra Cgil e Uil da una parte e la Cisl di Sbarra dall’altra.

Ecco allora che le polemiche per la nomina di Sbarra, definita da Chiara Appendino del M5s "sconcertante", assumono forse un rilievo politico che va ben al di là dell’ingresso di un ex sindacalista nel sottogoverno. Anche perché non si tratta certo di una rarità quella dell’ingresso in politica da parte di un ex sindacalista. L’elenco è, infatti, assai lungo: Sergio D’Antoni, Susanna Camusso e Annamaria Furlan, oltre a Franco Marini e Sergio Cofferati, solo per citare i più noti. Senza contare che da tempo si parla delle aspirazioni politiche di Maurizio Landini.

Il fatto nuovo è quello che ora un sindacalista, invece di entrare, come sembrava quasi naturale che fosse, nelle file della sinistra, viene reclutato da un governo di centrodestra. Questa cosa evidentemente, come fa notare un deputato di vecchio corso di Fratelli d’Italia, non deve essere proprio andata giù alla sinistra “che da sempre usa il sindacato per meri scopi politici, con la Schlein il legame con la Cgil è diventato quasi strutturale, malgrado tra Landini e la Schlein i rapporti siano tutt’altro che idilliaci”.

D’altra parte, che questa nomina sia un colpo studiato da tempo da Meloni con un preciso obiettivo politico pare abbastanza chiaro. Il ministro Francesco Lollobrigida, che in Fratelli d’Italia dicono nuovamente in crescita dopo un periodo di appannamento seguito alle sue note vicende personali, lo ha anche spiegato in un'intervista al Foglio: "È caduto finalmente un pregiudizio. Adesso anche chi si è speso nel sindacato, nella tutela dei lavoratori, guarda dalla nostra parte”.

Meloni insomma vuole allargare quel solco creato in seno ai sindacati ed accreditarsi verso quel mondo di centro, per spingere il Pd invece sempre più verso le posizioni massimaliste della segretaria Schlein. Una lettura che sembra condividere anche un esponente della corrente riformista del Pd: “Meloni sta indubbiamente occupando un passo alla volta quello spazio al centro che la nostra segretaria sta liberando, avvicinandosi alle idee di Avs, Landini e Conte. E così facendo cerca di coinvolgere in qualche modo quella parte di centro, e mi riferisco ad Azione di Calenda, che non accetterà mai di allearsi con Conte, Fratoianni e Bonelli. Ed è per questo che chiediamo da tempo un confronto in seno al partito per capire dove vuole andare questo partito e come creare una credibile alternativa al governo Meloni”.

Certo non si può dire che con questo Giorgia Meloni voglia rinnegare le sue idee che restano ben ancorate al recinto della destra, ma intelligentemente ha capito che occorre allargare il proprio orizzonte. Quello che invece non sembra aver ancora compreso la segretaria del Pd, che a parole invita ad allargare il più possibile il campo “progressista”, ma poi nei fatti sembra fare di tutto per allontanare da esso la parte più riformista e centrista.

Il fatto che questa scelta della premier sia arrivata proprio a pochi giorni dal referendum è indicativa di come la Meloni voglia battere il ferro finché è caldo. Giorgia Meloni ha vinto le elezioni anche perché, mentre era all’opposizione, era stata bravissima ad accreditarsi presso le principali associazioni di categoria (Confindustria, Confcommercio, Confartigianato e Coldiretti). Proprio così aveva posto le basi per il suo trionfo alle elezioni del 2022.

Ma si era resa conto che per completare il suo puzzle, le mancava forse l’ultimo tassello, che era appunto quello rappresentato dal sindacato. Ora il quadro è completo e per la sinistra questa sembra tutt’altro che una buona notizia.