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Politica
Draghi, "troppo spostato a destra". Irritazione in Pd, M5S e LeU. Inside
(fonte Lapresse)

Irritazione. Nervosismo. Vera e propria rivolta, in certi casi. Tra i parlamentari del Partito Democratico, del Movimento 5 Stelle e di Liberi e Uguali serpeggia un forte malessere per le ultime scelte del presidente del Consiglio. Tanto che qualcuno tra i Dem sospetta che alla base delle dimissioni di Nicola Zingaretti ci sia anche un eccessivo "spostamento a destra" di Mario Draghi.

L'ex coalizione gialla-rossa, che ha cercato di organizzarsi con l'intergruppo a Palazzo Madama, di fatto naufragato, vive con sofferenza le mosse del capo dell'esecutivo. La nomina dei sottosegretari, con la Lega che ha fatto la parte del leone rispetto al Pd, e il siluramento di Domenico Arcuri sono stati i primi segnali di una "eccessiva discontinuità" verso il Conte II.

Lo stop all'ipotesi del lockdown nazionale, che a dire il vero non piaceva nemmeno a Dario Franceschini e a una parte dei pentastellati, è stato un colpo durissimo per il ministro della Salute Roberto Speranza. Il Decreto Sostegno, poi, segnerà un cambio di passo sul fronte indennizzi e cartelle esattoriali (clicca qui per leggere l'articolo) che va nella direzione delle richieste del Centrodestra e che lascia l'amaro in bocca all'ex maggioranza.

Ciliegina sulla torta il super-attivismo del ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, dalla produzione dei vaccini made in Italy (con la nomina dell'ex ministro dell'Economia Giovanni Tria) ai casi 'caldi' ex Ilva e Alitalia (ma non solo), che fanno dire a non pochi deputati e senatori Dem e M5S che "sembra un premier ombra e si prende tutta la scena delle iniziative del governo". E non a caso Matteo Salvini mette il dito nella piaga e proprio oggi afferma che "ha fatto di più sui vaccini Giorgetti in quindici giorni che Arcuri (l'uomo di Conte e della vecchia maggioranza) in tanti mesi".

Non solo. Anche sulla legge elettorale, non certo una priorità oggi, è ormai tramontata l'ipotesi del ritorno al proporzionale (alla tedesca) con sbarramento al 5% (progetto del Conte II). Un insieme di fattori che provocano fibrillazione soprattutto nel Pd con qualcuno che ipotizza che Zingaretti, consapevole della svolta a destra del governo, abbia rassegnato anche per questo motivo le dimissioni. Ma è proprio la maggioranza zingarettiana del Nazareno a essere in sofferenza, consapevole però che vista la situazione e l'appello di Sergio Mattarella, dopo il fallimento del tentativo di Roberto Fico di far nascere il Conte III, non ci sono alternative a Draghi.

Non parliamo poi di LeU, dove la minoranza di Sinistra Italiana guidata da Nicola Fratoianni, contesta proprio a Speranza e ai compagni di Articoli 1 l'adesione acritica a un esecutivo "sempre più di destra". A sinistra, poi, la concorrenza di Rifondazione Comunista e soprattutto del Partito Comunista di Marco Rizzo, in forte ascesa nei sondaggi, mette sempre più in crisi i parlamentari e i dirigenti di LeU.

Nei 5 Stelle, poi, l'accelerazione verso la leadership di Giuseppe Conte da parte di Beppe Grillo, con il possibiile (probabile) divorzio da Davide Casaleggio, viene letta come l'estremo tentativo di lanciare una fiigura forte e autorevole per contrastare Salvini e la Lega, sempre più in sintonia con Forza Italia e Silvio Berlusconi e con Giorgia Meloni che per il momento porta avanti un'opposizione a dir poco benevola.

L'ex maggioranza giallo-rossa spera di rifarsi con la revisione del Recovery Plan, ma anche su questo punto Lega e berlusconiani sono già partiti in pressing sul premier. D'altronde, osserva un deputato Pd di lungo corso, "nella partita dei sottosegretari siamo rimasti fuori dai ruoli chiave, per colpa anche di Zingaretti, e questi sono i risultati".

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