Politica
Famiglia nel bosco, Gramellini sorprende Floris: "Qui la sinistra è diventata legalista"
A DiMartedì Gramellini sorprende Floris sulla “famiglia nel bosco” e scuote la sinistra: parole che riaccendono il dibattito tra libertà e legalità

Massimo Gramellini
Il caso della cosiddetta “famiglia del bosco” di Palmoli, in provincia di Chieti, continua a dividere l’opinione pubblica e a mettere in luce una frattura culturale sempre più evidente all’interno della politica italiana. La decisione del Tribunale per i minorenni de L’Aquila di sospendere la potestà genitoriale a una coppia che vive con i tre figli in un casolare senza elettricità nei boschi abruzzesi ha scatenato un dibattito acceso su libertà, diritti dei minori, limiti dello Stato e modelli alternativi di vita.
A intervenire sul tema è stato Massimo Gramellini, ospite della trasmissione DiMartedì su La7, con una riflessione che ha suscitato forte attenzione. L’editorialista del Corriere della Sera ha dichiarato di essere rimasto sorpreso dall’atteggiamento della sinistra politica: «Pensavo che la sinistra fosse più libertaria», ha detto, sottolineando come proprio da quell’area ci si sarebbe aspettati una maggiore apertura verso una scelta di vita radicale, ecologista e anti-consumistica.
Gramellini non si è limitato a una critica di superficie, ma ha messo a fuoco una trasformazione profonda della cultura politica progressista italiana. Secondo il giornalista, ciò che colpisce non è tanto il merito giuridico della decisione dei giudici, quanto la reazione ideologica di una parte della sinistra che sembra avere perso quella tradizione “libertaria”, un tempo centrale nel suo pensiero. «Mi sarei aspettato più empatia per una scelta trasgressiva, alternativa, persino romantica nella sua carica anticapitalista», ha osservato.
La questione, tuttavia, è tutt’altro che semplice. Il tribunale ha motivato il provvedimento parlando di “inadeguatezza delle condizioni abitative”, isolamento sociale, mancata scolarizzazione formale e rischio per lo sviluppo psicofisico dei minori. Nulla che possa essere liquidato con leggerezza. Il diritto dei bambini a un’istruzione, a cure adeguate e a relazioni sociali strutturate è sancito da convenzioni internazionali e dalla Costituzione italiana. La tutela del minore, in questi casi, è il principio giuridico dominante.
Ed è proprio qui che nasce la tensione: tra il diritto delle famiglie a scegliere come vivere e il dovere dello Stato di intervenire quando quella scelta può compromettere il benessere dei figli. Gramellini non ha mai negato il diritto dei magistrati a decidere, ma ha sollevato una questione politica e culturale più ampia: la sinistra, storicamente vicina ai movimenti alternativi, alle comuni, alla contestazione dell’ordine economico dominante, oggi sembra assumere una postura sempre più istituzionale, normativa, tecnocratica.
«È curioso», ha affermato, «che una scelta di vita così radicale trovi oggi più comprensione a destra che a sinistra». Un paradosso che fotografa uno spostamento degli assi culturali nel Paese: la sinistra come garante dell’ordine e delle regole, la destra come paladina della libertà individuale, almeno sul piano del racconto mediatico.
Grammellini ha ricordato come negli anni Settanta una famiglia che sceglieva di vivere fuori dai circuiti tradizionali sarebbe stata esaltata come simbolo di resistenza al sistema. Oggi, invece, quello stesso gesto viene interpretato prevalentemente come una deviazione pericolosa. Il punto, per il giornalista, non è stabilire se la famiglia abbia “ragione” o “torto”, ma cogliere il cambiamento di sensibilità nella politica italiana.
A pesare è anche il tema dell’istruzione parentale, che in Italia è consentita dalla legge ma sottoposta a controlli. Gli avvocati della famiglia sostengono che il diritto all’educazione fosse garantito e che non ci fosse abbandono scolastico. Il tribunale, invece, ritiene che il contesto di vita non fosse compatibile con un percorso formativo adeguato.
Il dibattito, dunque, non è soltanto giuridico. È filosofico, politico, antropologico. Che cosa significa oggi “vivere bene”? Chi decide quali stili di vita sono accettabili? Fino a che punto lo Stato può intervenire nella sfera privata senza trasformarsi in un’autorità invasiva?
Le parole di Gramellini hanno toccato nervi scoperti perché mettono in discussione un’identità politica. Una sinistra che, secondo lui, sembra aver smarrito la capacità di difendere le scelte eccentriche, fuori mercato, fuori schema. Una sinistra che guarda sempre più al codice civile e sempre meno alla libertà come valore identitario.
Il caso della famiglia del bosco, in questo senso, è diventato molto più di una vicenda giudiziaria. È uno specchio delle tensioni culturali dell’Italia contemporanea. E anche delle sue contraddizioni: un Paese che difende la diversità nelle parole, ma fatica ad accettarla quando si traduce in vita reale.
