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Politica
In vigore Riforma Bonafede intercettazioni. Ancora più potere ai magistrati

Entra in vigore in queste ore la nuova Riforma delle intercettazioni che allarga le maglie d’azione dei pm e permette di usare in modo ampio i Trojan, i sistemi di captazione usati anche nel caso Palamara.

La crisi della giustizia italiana non frena il provvedimento che è entrato ufficialmente in vigore dopo il 31 agosto ed è frutto di una modifica della Riforma cosiddetta Orlando (l’ex ministro Pd della Giustizia). La Riforma attuale, fortemente voluta dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, è frutto della mediazione tra le diverse anime del precedente governo, quello giallo-verde (M5S e Lega).

 

Tra le novità l’aumento dei compiti affidati al pm, introduce un archivio delle intercettazioni, estende il divieto delle pubblicazioni a tutte quelle che anche se fatte non sono acquisite al procedimento ed estende l’uso dei Trojan a tutti i reati commessi contro la Pubblica amministrazione.

 

Il potere del pubblico ministero aumenta ulteriormente.

Sarà il magistrato che svolge il ruolo dell’accusa a dover valutare quali intercettazioni siano attinenti alle indagini in corso e quali non lo sono, attività questa in precedenza svolta dalla polizia giudiziaria. La polizia giudiziaria che materialmente le esegue avrà invece anche il compito di vigilanza sullo svolgimento delle attività di intercettazioni stesse. Ma è improbabile che possano sorgere conflitti tra quest’ultima e i pm, visto il potere nel nostro ordinamento largamente superiore dei secondi.

Se la Riforma pone l’attenzione sul fatto che non possono comunque essere trascritte le conversazioni che hanno ad oggetto dati sensibili e che rischiano di danneggiare la reputazione dei soggetti coinvolti, si sa che questi dati dovranno scontrarsi con situazioni complesse: quindi l’interpretazione di cosa fare spetterà sempre ai pm.

Viene anche in toto fatto divieto di pubblicazione degli scritti e dei colloqui tra intercettato e assistito, aspetto questo che vorrebbe correttamente tentare di porre una pari condizione tra la posizione dell’avvocato difensore e l’accusa, questione che in ultima istanza appare il punto debole della Riforma, molto sbilanciata in favore dell’accusa.

 

Il materiale raccolto dalle intercettazioni verrà depositato in un archivio informatico. Resta del pm il compito di vigilare su questo archivio. Gli avvocati difensori potranno accedervi, ma in un primo momento solo ascoltando quanto registrato senza estrarne copia, almeno fino alla possibile udienza che viene chiamata “stralcio”. In soldoni al fine di evitare la diffusione dei materiali si evita l’estrazione di copie. Le intercettazioni che non provano aspetti rilevanti per le indagini non potranno comunque essere pubblicate.

La Riforma prevede poi il divieto di utilizzare le intercettazioni in procedimenti diversi, ma ci sono due eccezioni.

E’ noto che se in un procedimento con intercettazioni per un reato previsto il soggetto ascoltato commetta altri tipi di reati che nulla hanno a che fare col primo non si potrà usare quell’intercettazione come prova. Ma bisognerà aprire un nuovo fascicolo di indagine. Ora però con la nuova Riforma, come dicevamo, subentrano due eccezioni. Se i nuovi reati prevedono l'arresto in flagranza e/o se per quei delitti sono previste le intercettazioni l’uso è invece consentito. In questi due casi si può fare ricorso alle intercettazioni utilizzate sempre che siano considerate rilevanti e indispensabili.

In più le intercettazioni possono essere acquisite anche con i sistemi dei Trojan se il reato è commesso contro la Pubblica amministrazione. I sistemi si possono utilizzare sia se il soggetto attivo è un pubblico ufficiale sia se questi è un incaricato di pubblico servizio. I Trojan sono virus malevoli che inseriti nei cellulari degli indagati sono in grado di registrare il contenuto e le conversazioni dell’apparecchio.

Le critiche alla Riforma delle intercettazioni sono state molteplici. La più rilevante è quella che sostiene che con questo provvedimento si stravolga ulteriormente il principio di proporzionalità tra accusa e difesa, a vantaggio dell’accusa, limitando la tutela del diritto alla libertà del cittadino nei confronti dello Stato. Un accento negativo interconnesso anche con l’uso esteso dei Trojan: applicati in modo massivo potrebbero degenerare in un sistema di sorveglianza di massa, con conseguenze inimmaginabili nella gestione della cosa pubblica e del potere.

Contro la Riforma si sono espressi a più riprese le Camere penali, l’ex presidente della Consulta Giovanni Maria Flick, l’ex pm Carlo Nordio e molti autorevoli giuristi.

 

 

 

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