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Politica
IV: "Draghi va sostenuto senza se e senza ma.Riforme con tutta la maggioranza"
Lapresse

Sono passati solo poco più di tre mesi dall’insediamento del governo Draghi e già la maggioranza che lo sostiene va in ordine sparso. Con distinguo e litigi ormai all’ordine del giorno. E più il banco di prova delle riforme si avvicina più i partiti piantano le rispettive bandierine. Con i sondaggi che, di certo, non aiutano una facile navigazione per il premier. Al punto che ci si chiede se davvero questo esecutivo arriverà al 2023, complice anche la partita per il Quirinale alle porte. A non avere dubbi in proposito è Davide Faraone, capogruppo di Italia viva al Senato, convinto che il governo debba “arrivare a fine legislatura”. Intervistato da Affaritaliani.it, anche rispetto all’ipotesi Draghi al Quirinale tira dritto: “Il premier ha una sfida da far tremare i polsi: rimettere in piedi il Paese stremato dalla pandemia”. Per poi aggiungere: “Ci sarà un momento in cui parleremo dei candidati, e non è questo”.

Senatore, le forze centrifughe nella maggioranza, tuttavia, aumentano. Salvini vedrebbe bene Draghi al Quirinale. Questo governo potrebbe non arriverà a fine legislatura. Non le pare? 
Lo ripeto: questo governo deve arrivare a fine legislatura perché il suo compito è ricostruire il Paese uscendo dalla pandemia. Mi pare che siamo all’inizio dell’opera seppure con Draghi la svolta è evidente: dal piano vaccinale alle riaperture fino al Pnrr, un coraggioso atto di riforma per la cui riuscita l’autorevolezza del presidente del Consiglio è stata decisiva. Ma non è finita: un calendario serrato di riforme sono la precondizione per investire bene quelle straordinarie risorse. Le riforme sono indispensabili e le forze politiche dovranno mostrare la capacità di saperle fare, abbiamo preso un impegno di fronte al Paese e con gli altri Paesi europei. La Lega ha avuto la responsabilità di far nascere insieme alle forze di maggioranza questo governo, sarebbe veramente incredibile se desse ragione alla Meloni chiamandosi fuori.

Lei come vedrebbe Draghi sul Colle più alto?
Draghi ha una sfida da far tremare i polsi: rimettere in piedi il Paese stremato dalla pandemia. Lavoriamo con lui per raggiungere quell’obiettivo, ogni altro scenario mi sembra azzardato. Ci sarà un momento in cui parleremo dei candidati, e non è questo.

Torniamo al governo. C’è appunto il nodo riforme. A cominciare da quella della giustizia. Lega e Radicali hanno imboccato la strada referendaria. Sull’abrogazione della prescrizione targata Bonafede sarete anche voi della partita?
Guardi, la posizione di Italia viva sulla giustizia la conoscono anche i sassi: abbiamo combattuto aspramente nel governo precedente per affermare i principi garantisti scritti nella nostra Costituzione che il grillismo manettaro voleva negare, rifiutando così la storia ed i principi alla base della nostra democrazia. Il Conte due è finito anche sulla giustizia, lasciandoci nella palude del “fine processo mai”. La giustizia va riformata nei suoi vari aspetti - civile, tributario e  penale - e non può essere a mio parere un maquillage. Se in questo contesto i quesiti referendari saranno utili a dare una spinta ulteriore all’azione del Parlamento, ben vengano.

Ai tempi del Conte due, Italia viva si lamentava della governance non condivisa sul Recovery. Come mai ora non è più un problema per voi? 
A parte che le scelte sono condivise ma se permette io, insieme ai mercati, all’Europa , agli altri leader e soprattutto agli italiani mi fido più di Draghi che di Conte. Si è fatto un Pnrr che investe sulla crescita, non di galleggiamento.

Anche l’Anpal rischia di sparire. Intanto, si va verso un cambio di governance. Operazione giustificabile?
Il commissariamento dell’Anpal è un’ottima notizia: chiedevamo da un anno l’azzeramento di Parisi e del fallimentare progetto dei navigator. Bene che il governo abbia impresso una svolta anche sul tema del lavoro, puntando sugli investimenti per crearlo invece che sui sussidi per negarlo. Servono politiche attive del lavoro, non assistenzialismo. Parisi non era all’altezza.

Se smantellarla significasse abolire il Reddito di cittadinanza sareste d’accordo?
Gli abusi sul Reddito di cittadinanza sono davvero una pagina indegna. Si è sovrapposta l’assistenza al lavoro. Va fatta una riforma che li separi nettamente, realizzando politiche attive del lavoro legate alla formazione e rivendendo la cassa integrazione.

Lo spread è risalito ai livelli degli ultimi tempi del Conte due. Significa che tornerete a chiedere il Mes?
I mercati hanno festeggiato l’avvento di Draghi, al di là delle fluttuazioni giornaliere credo che la strada imboccata sia giusta. Quanto al Mes, siamo talmente convinti che sulla sanità sia necessario investire di più che ci siamo presi l’impegno di scrivere quel Piano sanitario che il premier ha posto come precondizione per utilizzare i fondi.

Passiamo alle amministrative. A Bologna appoggerete la sindaca di San Lazzaro Isabella Conti. Il Pd non vi segue. Secondo lei, pesa di più il fatto che questa candidatura femminile sia stata lanciata per primo da Renzi o una sorta di subalternità dei dem rispetto ai Cinque stelle?
Il problema del Pd con le donne è gigantesco e lo è ancora di più dopo il proclama di Letta per sostituire i due capigruppo di Camera e Senato: ho l’impressione che ci sia molta ipocrisia e poca voglia di cambiare davvero. Resta un fatto.

Quale?
Isabella è davvero brava e lo ha dimostrato da amministratrice locale, facendo la gavetta. C’è comunque un’evidente questione di blocco delle leadership femminili che noi come Iv abbiamo rimosso inserendo tra i nostri principi fondativi la parità in tutti i ruoli.

Anche il suo partito vive un momento delicato. I sondaggi non arridono a Italia viva. Perché non riuscite a superare la soglia del 3 per cento?
Che devo dirle? I sondaggi cambiamo come le storie su Instagram degli influencer. Mi preoccupano molto di più le fluttuazioni dei partiti che li inseguono. Sono convinto che la coerenza paghi.

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