Manca (Pd): "Il blocco dei licenziamenti non va ideologizzato"
Intervista di Affari al senatore dem di Base riformista Daniele Manca: "La strada vera sono politiche attive e reddito di formazione per il reinserimento"
Il nodo del blocco dei licenziamenti non va ideologizzato. Le preoccupazioni dei sindacati sono legittime ma la risposta migliore “è un reddito di formazione finalizzato a un reinserimento, non un'assistenza passiva”. Suonano come una presa di distanza soft dalla proroga tour court del blocco dei licenziamenti le parole del senatore del Pd, area Base riformista, Daniele Manca. Intervistato da Affaritaliani, l’esponente dem, membro della commissione Bilancio del Senato, spiega che “il Pd è unito e fortemente convinto che l’uscita da blocco debba essere selettiva”.
Senatore, intanto dopo la mediazione Draghi il dibattito tra i partiti è acceso. Anche il Pd ha presentato i suoi emendamenti. Segno che quel punto di caduta è stato insufficiente?
Noi presentammo un emendamento a firma Misiani al decreto Sostegni uno del quale ero relatore. In quell’occasione lavorammo proprio per affrontare il problema non con una proroga del blocco, ma con l’obbligo ad utilizzare gli ammortizzatori. Di conseguenza, nei mesi di utilizzo di questo strumento non si poteva licenziare. Questo perché la vera alleanza tra lavoro e impresa, tra capitale e lavoro e, quindi, tra i lavoratori e l’azienda risiede proprio nella copertura degli ammortizzatori, nella garanzia di sostegno al reddito. E noi aggiungiamo: un reddito di formazione.
La chiave insomma rimane la riforma degli ammortizzatori?
Sì. E quel lavoro ne è stata la premessa, un terreno su cui il ministro Orlando sta operando da mesi. Molto bene, aggiungo io, perché di fatto nei due decreti Sostegni c’è il tema, appunto, della copertura degli ammortizzatori finalizzati a garantire un reddito ai lavoratori di aziende colpite non solo dalla crisi pandemica, ma in generale dai cambiamenti in atto nelle dinamiche economiche.
E i due emendamenti presentati dal Pd?
Sono sostanzialmente una ‘risottilineatura’ della proposta Orlando-Draghi. La cosa importante è che non si ideologizzi questo tema.
Si riferisce ai sindacati in particolare o a qualche alleato di governo come i Cinque stelle?
Le preoccupazioni delle organizzazioni sindacali sono giuste, il timore che possa verificarsi l’espulsione di circa un milione di lavoratori dal mondo del lavoro è legittimo e va ascoltato, ma non va ideologizzato. La strada vera sono le politiche attive e, ripeto, un reddito di formazione finalizzato a un reinserimento. In sintesi, io dico: un po’ meno Reddito di cittadinanza e un po’ più, appunto, reddito di formazione, con cui il lavoratore non è passivo, ma parte attiva.
A proposito, col Reddito di cittadinanza come bisogna procedere?
Spogliamo dell’ideologia anche il Reddito di cittadinanza. E’ una misura importante per aiutare le persone in difficoltà, però pensare che diventi strutturale l’assistenza e marginale la formazione è un pericolo che non possiamo correre. Ecco perché bisogna lavorare per perfezionare le politiche attive. D’altronde il Pd, che ha nel lavoro il suo valore fondativo, è il partito delle opportunità e non dell’assistenza passiva.
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