Politica
Manovra, tassazione al 3-5% sui dividendi delle holding. Escluse le quotate. In anteprima il (probabile) compromesso sul nodo che blocca il governo
Per le controllanti con quote sotto il 10% nelle controllate

Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani
Le risorse? Dall'aumento delle imposte su fumo, vincite di giochi e tagli a bonus e detrazioni sopra i 100mila euro lordi annui
Mentre la maggioranza di governo gioisce per il via libera definitivo al Senato della riforma della giustizia, sicura che al referendum costituzionale della prossima primavera vincerà il SI' e mentre l'esecutivo studia nel dettaglio le contromosse per andare avanti con la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, dopo la bocciatura della Corte dei Conti, nella coalizione di governo, sottotraccia, resta aperto il cantiere della Legge di Bilancio.
E, come ha scritto Affaritaliani, la norma più delicata e discussa è quella sulla tassazione (IRES) delle holding che hanno una partecipazione nelle società controllate inferiore al 10%. Attualmente l'imposta sui dividendi è dell'1,20% ma il testo varato dal Consiglio dei ministri prevede di decuplicare la tassazione portandola al 24%. Una vera e propria bomba per il sistema imprenditoriale e finanziario italiano che rischia anche di colpire particolarmente le start up, che normalmente hanno partecipazioni intorno al 5%, massimo 8% in altre aziende.
Forza Italia, grazie all'incessante lavoro del suo responsabile economico Maurizio Casasco, si batte affinché l'imposta sulle imprese controllanti (riguardo ai dividendi delle controllate) resti all'1,20%. Il punto è che in teoria il Mef ha stimato da questa misura 980 milioni di euro, quasi un miliardo, anche se probabilmente la cifra corretta si attesta attorno a 700-800 milioni di euro.
L'obiettivo di Palazzo Chigi e della presidente del Consiglio è quello di sterilizzare al massimo questa nuova imposizione e, d'accordo con il ministro dell'Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti (al quale probabilmente è scappato l'algoritmo ricordando l'attacco di Antonio Tajani ai 'grand commis' di Via XX Settembre), è quello di non scatenare alcuna guerra con il mondo produttivo, con le famiglie del capitalismo italiano che detengono come holding e quindi aziende controllanti in moltissime partecipate che creano posti di lavoro e gettito fiscale per l'Erario. L'intenzione di trovare una soluzione c'è tutta, sia da parte di Meloni che di Giorgetti.
Forza Italia vorrebbe che si restasse all'attuale 1,20% e più alza la voce all'interno della maggioranza, parlando in particolare con il vice-ministro dell'Economia Maurizio Leo (attentissimo a questo dossier), e più può ottenere un risultato migliore. Il punto di caduta potrebbe essere - secondo quanto risulta ad Affaritaliani - una tassazione sui dividendi delle controllate per le holding che hanno partecipazioni inferiori al 10% intorno a una percentuale tra il tre e massimo il cinque per cento e/o esclude le aziende quotate in Borsa (per evitare terremoti o comunque ripercussioni sui mercati finanziari). Ovvero circa 200 milioni a regime per le casse dello Stato. Un compromesso che salverebbe la manovra ed eviterebbe la sollevazione di molti imprenditori-elettori di Centrodestra.
Come verrebbero coperte queste risorse mancanti? Come ha scritto Affaritaliani, sia con l'aumento delle imposte sulle sigarette e sul fumo in generale, sia sulle vincite sopra i 500 euro dei giochi come Gratta e Vinci e Lotto e lotterie istantanee. Ma potrebbe anche esserci un'ulteriore stretta su bonus e detrazioni per i redditi alti, sopra i 100mila euro lordi l'anno, in modo da reperire i fondi necessari per eliminare (quasi) del tutto la super-tassazione delle holding senza toccare né il deficit-Pil né le altre misure della Legge di Bilancio.
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