Politica

Accordi in Arabia? Solo il primo passo. Ce ne saranno altri. La strategia di Meloni. Inside

Che cosa celano le intese con bin Salman (schiaffo a Renzi)

Di Alberto Maggi

A microfono spento anche molti esponenti delle opposizioni apprezzano gli accordi da dieci miliardi siglati da Meloni (ma non possono dirlo)

Pragmatismo, concretezza e senso dello Stato. Sono i tre punti chiave che fonti ai massimi livelli di Fratelli d'Italia utilizzano per spiegare il viaggio in Arabia Saudita della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e soprattutto gli accordi da circa dieci miliardi di dollari firmati con il potentissimo principe saudita Mohammad bin Salman Al Sa'ud.

"Prima di tutto gli interessi degli italiani e del nostro Paese", spiega un dirigente di FdI. E queste intese siglate dalla premier sono importantissime per il "sistema Paese" in quanto consentono ad aziende pubbliche o partecipate molto rilevanti anche a livello internazionale come Eni, Enel, Leonardo e Terna di ampliare ulteriormente i loro business anche in nuovi mercati.

Non solo - sottolineano sempre dal partito di Meloni - va anche considerato tutto l'indotto che questi accordi porteranno e quindi un beneficio indiretto notevole anche per una serie di imprese private che lavorano con i colossi statali. "L'opposizione mi rinfaccia qualsiasi cosa ma non c'è contraddizione fra quello che dicevo ieri e quello che faccio oggi", ha tenuto a precisare la premier nel punto stampa al termine della visita di Stato in Arabia Saudita.

E infatti su questo punto va ricordato che anche in passato Meloni ha sempre parlato di un'Europa che devo spostare il proprio baricentro verso il Mediterraneo e quindi i Paesi del Golfo e anche i rapporti bilaterali con loro sono fondamentali. Da qui il Piano Mattei per l'Africa e anche il viaggio storico in Lapponia per un confronto diretto tra gli Stati del Nord e quelli del Sud del Vecchio Continente.

Un filo conduttore che lega la politica estera di Meloni c'è ed è sempre lo stesso. Quello che ha portato a strappare una vice-presidenza esecutiva della Commissione europea per Raffaele Fitto, pur avendo votato contro Ursula von der Leyen (e poi sì alla Commissione con dentro l'ex ministro Fitto) e che ha portato Meloni a essere l'unica leader europea invitata negli Stati Uniti per l'inaugurazione e il giuramento di Donald Trump come 47esimo presidente degli Usa.

Qualche maligno ci vede anche uno sgambetto della presidente del Consiglio a Matteo Renzi. Pochi giorno dopo l'approvazione in Parlamento della norma che vieta a deputati e senatori di prendere soldi da Stati esteri - e l'ex premier ed ex segretario del Pd ha un ottimo rapporto con l'Arabia Saudita - Meloni vola da Mohammad bin Salman Al Sa'ud e firma accordi per dieci miliardi di euro. Come dire, non serve il tuo aiuto caro Renzi e la norma - spiegano da FdI - non è "contro Renzi" ma contro i conflitti di interesse in quanto un rappresentante del popolo eletto e che siede in Parlamento non può percepire compensi da nazioni straniere.

Quello di Meloni è solo l'inizio, spiegano sempre dal suo partito. Ci saranno altri viaggi e altri accordi, soprattutto in Africa e nell'area del Mediterraneo. Sempre nel nome dei tre punti chiave: pragmatismo, concretezza e senso dello Stato. E in molti dell'opposizione, a microfono spento, dicono in queste ore "benissimo, ottimo lavoro di Meloni". Anche se politicamente non possono dichiararlo.

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