Politica
Guerra Russia-Europa? Meloni in campo per la de-escalation. Frenare Macron e Starmer e tenere Trump al tavolo sull'Ucraina
Sangue freddo di fronte alle minacce di Putin. Il ruolo di Orbàn

L'ipotesi che si fa strada è quella di un congelamento del fronte, di un cessate il fuoco che lasci i territori finora conquistati alla Russia
Calma e gesso. Nessun panico. Di fronte alle parole nette e precise di Vladimir Putin ("Se l'Europa vuole la guerra con la Russia, siamo pronti") a Palazzo Chigi prevale la cautela. Nessuna risposta, almeno dall'Italia, a quella che sembra a tutti gli effetti più di una minaccia. Giorgia Meloni (impegnata al Vertice del Consiglio di Cooperazione del Golfo in Bahrein ma in costante contatto con Roma), d'intesa con i ministri della Difesa Guido Crosetto e degli Esteri Antonio Tajani (e con contatti infoormali continui il Quirinale, essendo il Presidente Sergio Mattarella capo delle Forze Armate), intende spendersi al massimo a livello di Unione europea, incluso anche il Regno Unito di Keir Starmer, per abbassare i toni ed evitare pericolose escalation.
Già le parole dell'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del comitato militare NATO, avevano alzato il livello di tensione con Mosca, ora serve pacatezza ed equilibrio. Meloni, in piena intesa con il cancelliere tedesco Friedrich Merz e facendo anche leva sull'amicizia con il primo ministro ungherese Viktor Orbàn (molto vicino e ascoltato dal Cremlino) farà pressione su Emmanuel Macron e sul governo britannico affinché si astengano da un pericoloso botta e risposta con la Russia. L'obiettivo della presidente del Consiglio è sempre stato e rimane quello di tenere unito l'Occidente, quindi le due sponde dell'Atlantico.
Sono stati compiuti “alcuni progressi” nei colloqui tra Stati Uniti e Russia sull'Ucraina, ha affermato il segretario di Stato americano, Marco Rubio al termine del vertice di Mosca, durato quasi cinque ore. Presenti il presidente russo Putin e la delegazione americana guidata dall'inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff, e da Jared Kushner, genero del presidente americano Donald Trump. Resta il nodo dei territori che Kiev dovrebbe cedere, oltre ovviamente al riconoscimento della Crimea come Russia, e su questo punto lo zar non intende arretrare di un millimetro.
Zelensky non vuole capitolare ma, dopo lo stop della Bce all'uso dei 140 miliardi di euro di beni russi confiscati in Europa (quasi tutti in Belgio, a Bruxelles), il presidente ucraino sa perfettamente che l'Ue, divisa, non ha la forza né politica né militare di sostituirsi agli Usa come sostegno in armamenti ed economico. L'ipotesi che si fa strada tra gli sherpa europei e Usa è quella di un congelamento del fronte, di un cessate il fuoco che lasci i territori finora conquistati alla Russia con una sorta di zona cuscinetto controllata da una missione Onu. Nessun ingresso nella NATO di Kiev ma estensione, come chiesto da mesi da Meloni, dell'articolo 5 dell'Alleanza Atlantica anche all'Ucraina come deterrente in caso di futuri eventuali attacchi russi e come garanzia di sicurezza.
Poi, dopo le elezioni alle quali Zelensky non si ripresenterà, Kiev potrà procedere con i passaggi per l'adesione all'Unione europea (su questo il Cremlino non ha mai detto di no). Certo è che lo scandalo corruzione insieme alla mazzata della Bce hanno messo Kiev (e anche l'Ue) con le spalle al muro. Per questo Meloni, saggia e diplomatica, vuole assolutamente tenere unito il fronte occidentale ed evitare che Trump (che ha parlato di "casino") si stanchi e molli di colpo l'Ucraina. Questo sarebbe un vero problema e pericolo per l'intera Europa. Quindi sangue freddo, piano con le dichiarazioni e avanti con l'asse ben saldo con gli Usa.
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